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www.ildialogo.org Per la teologia islamica nuovi sentieri,di Angelo Paoluzi

dibattito - Cristianesimo e islam
Per la teologia islamica nuovi sentieri

di Angelo Paoluzi

Mouhanad Khorchide, pensatore musulmano oggi tra i più dialoganti, pubblica in Germania il saggio «L'islam è misericordia», dopo aver partecipato a ottobre in Vaticano a un simposio con studiosi cattolici


in “La Stampa-Vatican Insider” del 14 dicembre 2016
Una parola, misericordia, trova quest’anno un posto d’onore nelle coscienze dei fedeli. Nel bene, nel retto sentire non ci sono fortunatamente monopoli e si è avuto occasione di costatarlo in occasione della XV Giornata per il dialogo cristiano-islamico dedicata appunto, il 27 ottobre scorso, a «Misericordia e diritti: presupposti per un dialogo costruttivo». Un tema che ha fornito indirettamente anche una chiave per comprendere l’attuale crisi di rapporti (nella totale assenza di colloquio fra le varie, se così si può chiamarle, 'confessioni') all’interno del mondo islamico e la necessità che esso ha di rivedere criteri teologici che sembrano rimasti (o tornati) alla cultura della penisola araba del VII secolo d.C..
Il tentativo più importante di tale revisione viene sperimentato in Germania – dove vivono più di tre milioni e mezzo di musulmani, in maggioranza turchi – da un gruppo di intellettuali e docenti mediorientali, fortemente integrati nella realtà accademica tedesca e che stanno erodendo il tessuto integralista e tradizionalista della struttura che controlla il mondo musulmano nella Repubblica Federale. Non senza dure resistenze e pericoli: al numero di esponenti universitari già protetti dalla polizia si aggiunge periodicamente qualche nome a rischio; ma si ha anche notizia di uomini di cultura, insegnanti e giornalisti che rompono gli indugi per unirsi ai novatori.
Sono quelli che auspicano, eliminati gli interdetti, la storicizzazione del Corano, vale a dire l’approccio a una corretta lettura delle fonti e l’eliminazione delle stratificazioni di 'hadit' – interpretazioni spesso arbitrarie del messaggio di Maometto – che, nei secoli, avrebbero stravolto il messaggio del libro sacro, inducendo a quella stortura fondamentalista che ha condotto ai disastri di cui tutti siamo testimoni. I nomi fattibili sono tanti, da Ahmad Mansouri a Harry Harun Behr, da Ashraf el Sharkawy e sua moglie Omnya Ebrahim a Katajun Amirpur, tutti coinvolti nell’insegnamento, per arrivare a Ender Cetin, l’imam della principale moschea di Berlino, sommamente inviso al vecchio ceto tradizionalista.
Ma il personaggio più interessante è Mouhanad Khorchide (su queste colonne ne abbiamo illustrato il programma di insegnamento neoislamico in Germania), anche come anticipatore dei tempi. Ha infatti pubblicato alcuni anni fa un saggio, Islam ist Barmherzigkeit (L’islam è misericordia), con il sottotitolo “Fondamenti di una moderna religione”, che si iscrive perfettamente nella ratio della citata Giornata cristiano-islamica e addirittura del Giubileo. Si consideri anche che il libro è apparso per i tipi della Herder, una fra le più serie case editrici cattoliche del mondo germanofono (e si potrebbe auspicare che, prima o poi, venisse tradotto anche da noi). Khorchide, oltre tutto, a Roma ha partecipato a metà ottobre a una conferenza internazionale fra studiosi cattolici e islamici per approfondire il significato del concetto di misericordia nelle rispettive religioni.
Il saggio ha certamente una valenza agiografica, nello sforzo di presentare con un linguaggio comprensibile alla cultura dell’Occidente una realtà spirituale complessa, quella dell’islam, che da millequattrocento anni ha attraversato il crogiolo di tante prove e divisioni politiche, sociali e religiose. E di proporla dal suo lato migliore, quello che si rifà ai grandi principi della civiltà universale, sfrondandola da aggiunte secolari e opportunismi di potere, con opportune citazioni di Maometto come quella famosa: «La battaglia contro il male per se stesso è l’autentica djiad». Il luogo «della djiad è così il cuore – spiega Khorchide – e si tratta perciò di un interiore, spirituale combattimento contro superbia, vizio, attrazione verso azioni moralmente riprovevoli, ignoranza e altri cattivi aspetti del carattere». Il Corano, scrive, «è una lettera di Dio agli uomini», e racconta come Egli è, come agisce. Da ciò si sviluppa una serie di riflessioni incentrate sul principio elementare che Dio è «amore e misericordia»: una endiadi continuamente ricorrente nel libro, o il cui secondo termine viene ripetuto centinaia di volte, forse oltre mille. In più di un passo si sottolinea come il Corano ribadisca che le tre religioni monoteistiche girino attorno allo stesso messaggio, che i contenuti dei precetti di Maometto somiglino ai dieci Comandamenti di Mosè.
Come anche l’amore misericordioso del prossimo raggiunga il suo acme «nella disponibilità al perdono del nemico. Il perdono è una testimonianza della vittoria dell’amore misericordioso sul peccato e come tale una condizione preliminare per la comprensione fra gli uomini».
C’è nel libro una parte più politica, peraltro sempre solidamente agganciata a una riflessione di ordine etico-religioso, specie in relazione al rispetto dei diritti umani non correttamente praticati, a parere dell’autore, nella maggioranza del mondo islamico: sono pochi, si ammette, i progressi all’interno delle società civili, resta una mentalità nella quale il rapporto Dio-fedele è visto come il rapporto padrone-servo, gli altrimenti-pensanti sono da eliminare, i seguaci della sharia non superano una visione giuridica (appunto senza misericordia, addirittura senza Dio) della religione, oltre ad aver compromesso «al massimo la convivenza pacifica dei musulmani in Europa».
«Veramente esiste – scrive Khorchide – fra fede e libertà una relazione dialettica. Una fede vivente non è possibile senza una autentica libertà. Una fede rettamente comprensiva permette d’altra parte un contributo alla libertà. Un fede cieca non permette al contrario alcuna libertà ma soltanto obbedienza. Ma quando i valori centrali della libertà e della giustizia ritornano al centro della religione, possono causare un mutamento della società». Del resto, nota, Maometto «annunciò, accanto al monoteismo e alle pratiche del servizio divino, principi generali che devono valere per ogni società: giustizia, intangibilità dei diritti umani, libertà e uguaglianza di tutti così come la responsabilità sociale ed etica degli uomini».
È, quello di Khorchide, un discorso articolato che sembra trovare spazi nel mondo musulmano, anche perché risponde all’esigenza che la teologia islamica raggiunga (o, meglio, debba cercare di raggiungere) «l’obiettivo di aprire all’uomo una via di ingresso a Dio. Non lo può se presenta agli uomini unicamente un catalogo di precetti e divieti e comunica loro il ritratto di un Dio repressivo».
C’è la necessità di «una teologia che presenti il rapporto fra Dio e l’uomo come rapporto dialogico di libertà, nel quale Dio cerca di conquistare l’amore degli uomini soltanto con i mezzi dell’amore e della misericordia. Questo è l’obiettivo della creazione e il fuoco dell’azione di Dio».

Pubblicato su Avvenire del 15/12/2016 pag. 27



Venerdì 16 Dicembre,2016 Ore: 22:55
 
 
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Dialogo cristiano-islamico

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