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www.ildialogo.org “Ecco, quanto è buono e quanto è soave/ che i fratelli vivano insieme”.,

“Ecco, quanto è buono e quanto è soave/ che i fratelli vivano insieme”.

Articolo di Brunetta Salvarani, presidentessa della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo della Diocesi di Carpi (MO), comparso sul n.37 (23-10-2011) del settimanale diocesano “Notizie”.


Il 14 dicembre 2001, ultimo venerdì del mese di Ramadan dell’anno 1422 dall’Egira, Giovanni Paolo II chiese a tutti, donne e uomini di buona volontà - nel cuore della guerra in Afghanistan - di condividere il digiuno di Ramadan.

Un messaggio altissimo, quello di Karol Wojtyla, inviato a soli tre mesi dal terribile 11 settembre, che nella strategia pastorale pontificia proseguiva quella pedagogia dei gesti con cui egli aveva scelto di porsi di fronte alle fedi altre, sin dai primi tempi del papato. Da allora, quell’ultimo venerdì è divenuto, per molti cristiani e musulmani in Italia, la ricorrenza simbolica in cui ritrovarsi, per rilanciare l’urgenza del dialogo. Nonostante tutto! Dal 2008, in realtà, invece di svolgersi l’ultimo venerdì di Ramadan, la Giornata ecumenica del dialogo cristianoislamico (questa la sua dizione ufficiale) è stata celebrata il 27 ottobre, a memoria di quello stesso giorno che, nel lontano 1986, un quarto di secolo fa, vide riunirsi ad Assisi molti rappresentanti delle religioni mondiali a pregare per la pace.

Il tema che gli organizzatori hanno scelto di sottoporre all'attenzione delle comunità cristiane e musulmane è quest’anno, in occasione della decima edizione della Giornata, il seguente: “Dialogo, pluralismo, democrazia: il nostro comune orizzonte”.

Per definirlo, essi sono partiti da una riflessione su ciò che sta accadendo dalla primavera scorsa in parecchi i paesi arabi-islamici. Nel testo dell’appello si ribadisce che “il dialogo, per consolidarsi tra le persone e tra i popoli, non può fare a meno di pluralismo e democrazia”, condizioni imprescindibili per una corretta vita sociale. Per cristiani e musulmani l’impegno al dialogo è poi un preciso dovere religioso perché, così conclude il testo dell’appello, “il dialogo è lo sforzo sulla via di Dio che ci compete e ci onora”.

La speranza è che il dialogo, sia pure in salita e con qualche fatica, prosegua: in fondo, si tratta di un processo giovane, nato, per la chiesa di Roma, in coincidenza con la dichiarazione conciliare Nostra Aetate (28/10/1965), che al paragrafo 3 proclama fra l’altro: “La Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l'unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come vi si è sottomesso anche Abramo, cui la fede islamica volentieri si riferisce. Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano tuttavia come profeta; onorano la sua madre vergine, Maria, e talvolta pure la invocano con devozione”.

Per consolidarlo e renderlo realmente fruttuoso, occorrerà individuare nuovi strumenti, nuove formule e nuovi spazi di incontro; occorrerà anche allargare la cerchia di coloro che lo vivono come un’esperienza significativa per la propria vita spirituale e per la convivenza sociale. Insomma un dialogo più partecipato e diretto, con più teologia e più spiritualità. In una società pluralista e accogliente tale dialogo ha anche una valenza esplicitamente sociale, serve a costruire convivenza, solidarietà civile, senso di appartenenza.

Con questo spirito, al di là delle tante iniziative previste in giro per il Paese, il prossimo 27 ottobre in tanti digiuneremo, discuteremo, ci chiederemo perdono a vicenda, domanderemo a Dio di aiutarci nel nostro cammino, ci interrogheremo sulle tante difficoltà e sul nostro peccato… e avremo sulla bocca, o perlomeno nell’intimo, le parole del Salmo 133: “Ecco, quanto è buono e quanto è soave/ che i fratelli vivano insieme”.

Brunetta Salvarani



Lunedì 24 Ottobre,2011 Ore: 07:09
 
 
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Dialogo cristiano-islamico

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