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www.ildialogo.org Una nuova fase nel dialogo islamo cristiano,di Amina Salina

Il resoconto dell'incontro di Roma per la Nona Giornata del dialogo cristiano-islamico
Una nuova fase nel dialogo islamo cristiano

di Amina Salina

Ripartire dal basso e dalla purezza di cuore per costruire pace un mondo pulito esteriormente ed interiormente


Si e svolta a Roma, in occasione della Nona Giornata del Dialogo Islamo-cristiano, organizzata dalla rivista Confronti e dall’Agenzia di Stampa Nev alle ore 13 presso la Saletta del Mappamondo Camera dei Deputati, la Conferenza Stampa nazionale dedicata al tema Ambientale, che apre una serie di iniziative che si terranno e si sono tenute in circa cento località d’Italia a favore del dialogo islamo-cristiano. Si e discusso principalmente dello stato del dialogo interreligioso e di quello tra la comunità musulmana e le chiese associazioni e comunità cristiane, con particolare attenzione alle esperienze del protestantesimo italiano. C ‘è stato un cambiamento di fase  in  questi ultimi anni caratterizzato dalla costruzione di un islam di carta contrapposto alla reale comunità islamica. Sono stati eletti a star mediatiche persone che non rappresentavano nessuno come Adel Smith o il fantomatico imam di Carmagnola che si autoproclamava rappresentante del capo di Al Qaeda in Italia. Queste persone rappresentavano quello che certi islamofobi vorrebbero che l’islam sia, una religione assolutista ed intollerante, fortemente anticristiana, pronta a qualsiasi nefandezza pur di vincere, ingannando l’occidente sul piano militare, addirittura attaccandolo militarmente. Oltre a stravolgere la realtà, rendendo vittima le elites politiche responsabili delle peggiori guerre degli ultimi trent’anni, perfettamente d’accordo spesso con gli stessi capi di stato dei paesi arabi e islamici, questa costruzione mediatica tendeva a negare i principali diritti dei musulmani in Italia che chiedono solo di poter liberamente pregare, avere un luogo pubblico dove si possa svolgere la preghiera e insegnare la lingua araba, poter seppellire qui i propri cari defunti, avere eventualmente degli spazi per svolgere attività per i giovani alfine di insegnare loro i valori fondanti della civiltà e di strapparli alle minacce della strada e delle povertà, come faceva Don Bosco un secolo e mezzo fa con i poveri ragazzi torinesi. Chi ci nega il diritto ai luoghi di culto evidentemente preferisce i nostri giovani facile preda della strada e della piccola criminalità, oppure oppressi dall’emarginazione sociale ed etnica. Comunque soli. Chi costruisce i cantieri del dialogo, come dimostra l’esperienza modenese del gruppo Camminare Insieme, vuole invece che proprio in questi anni di crisi e di incertezza nessuno si chiuda a riccio pretendendo di conservare da solo il benessere a spese altrui. Si dialoga nella condivisione, mangiando insieme, pregando insieme, affrontando insieme nell’amicizia e direi nell’amore tra le persone e tra le famiglie, i problemi della vita quotidiana. Solo cosi questo paese può farcela. Il Dialogo e una metafora della vita, camminare insieme per attraversare  bene nella purezza del cuore e nella sincerità della fede i giorni che l Unico Dio ci ha dato facendoci del bene a vicenda..
Sintesi dell’incontro
 
La relazione introduttiva tenuta da Alessandra Trotta della Fcei ha sottolineato la delicata fase in cui si trova il dialogo tra culture e religioni diverse e l’estrema necessita di coltivarlo se vogliamo creare una vera democrazia e cittadinanza tra i cittadini italiani in attuazione del dettato costituzionale. La relatrice ha sottolineato come malgrado la difficile  fase politica e sociale ci sia un fermento in tutta Italia ed una organizzazione di tante comunità che si ritrovano insieme e condividono gli stessi valori pur declinati nella diversità di usi e riti relativi alle diverse appartenenze religiose e culturali.
A proposito delle critiche sollevate nei confronti dei musulmani da una parte dell’episcopato cattolico recentemente riguardo ad una supposta persecuzione o attacco alla l’liberta religiosa dei cristiani in Iran o in Medio Oriente, Hagi Mario Scialoja, presidente della sezione italiana della Rabita, organizzazione islamica con sede in Arabia Saudita, ha sottolineato invece la grande capacita che i musulmani hanno avuto storicamente in Marocco, con gli ebrei in Medio Oriente, con i cristiani in Iran, con gli zoroastrani e gli ebrei di mantenere la libertà religiosa di quelle minoranze i cui rappresentanti facevano parte non di rado delle elites politiche e culturali di quei paesi. In realtà, ha continuato Hagi Scialoja, una parte della stampa e dei politici hanno ingigantito temi assolutamente secondari facenti parte delle tradizioni di popoli islamici e non, come l’infibulazione, i matrimoni forzati, la poligamia, collegandoli strettamente all’Islam di oggi. Vero e che il Sublime Corano autorizza la poligamia ma soltanto come ultima ratio in certi casi e non certo come la scelta preferibile in assoluto. Del resto anche la Bibbia autorizza l’esistenza dello schiavismo ma a nessuno verrebbe in mente oggi come cristiano di appoggiare questo costume. Il fatto e che non viviamo in una società tradizionale o come dicono i sociologi  pre moderna, questi costumi erano relativi a quel tipo di società e non possono essere riprodotti oggi anche perchè a quei tempi la libera scelta individuale non era facile . D altro canto personalmente penso che se la poligamia e una scelta tra persone adulte anche non riconosciuta civilmente, fa parte delle libertà civili che devono essere lasciate al cittadino. Altrimenti non si capisce perche la poligamia dev’essere stigmatizzata e sono ammessi in Occidente diversi comportamenti sociali anche non proprio edificanti come la prostituzione, che in certi Stati e considerata un lavoro, l’adulterio anche sfacciato o la detenzione di droga senza spaccio che comunque danneggia il consumatore,  la pornografia e cosi via.. Se non viviamo in uno Stato etico ma laico questo deve valere anche per i cittadini di fede islamica.. .
Il Presidente dell UCOII, il fratello Ezzedine El Zir, ha sottolineato come il dialogo sia importante a partire dall’ambito familiare per poi estendersi alla propria comunità e agli altri.. Ha sottolineato il fatto che, come afferma Tariq Ramadan, ognuno di noi ha diverse appartenenze. Noi musulmani apparteniamo prima di tutto alla famiglia umana e poi alla nostra comunità religiosa familiare nazionale. Per questo non e opportuno parlare di miscredenti o kafir, per quanto riguarda la Gente del Libro che come noi crede nell’Unico Dio. Solo Allah sw conosce i cuori delle persone e Lui giudichera la fede di ognuno di noi. Nessuno ha il Paradiso in tasca ma dobbiamo essere umili ed imparare dagli altri .Tutti noi condividiamo importanti valori come membri dell’umanita e possiamo sentirci fratelli anche di chi non crede come noi. Ezzedine El Zir ha citato anche gli incontri che da molto tempo la sua moschea, quella dell UCOII a Firenze,  sta avendo con la locale comunità ebraica con la quale ci sono buoni rapporti.
L on.le Giulietti della associazione Articolo 21, una associazione impegnata nel campo della salvaguardia della libertà di stampa e nell’informazione corretta, ha sottolineato la necessità da parte dei giornalisti e di tutti gli operatori dell’informazione, di dare uno sguardo giusto ed imparziale sull’Altro, su chi viene da fuori, su chi è diverso dalla maggioranza. Nei confronti dell’Islam una parte dei media sta creando un Islam inesistente, gonfiando artificialmente fenomeni qui inesistenti come quello del niqab, un costume che arriva dai paesi del Golfo come atto di devozione per imitazione letterale del modo di vestire delle Madri dei Credenti r.a, portato a mala pena da un centinaio di donne in Italia tra l’altro sganciate da qualsiasi logica ideologica od organizzativa; quello della poligamia in declino in tutto il mondo islamico ma diffusa anche in Africa tra i cristiani senza che nessuno ne parli mai, costruendo casi mediatici su guerre tribali come nel caso del Darfur o della Nigeria, su violenze derivate da ambiti familiari degradati socialmente e culturalmente, differenziando quando la famiglia è musulmana e quando non è musulmana. Vera cartina di tornasole il caso di Hina Saleem dove si e accusata la religione islamica come movente della violenza di fronte ad una ben diversa verità processuale e dopo la condanna del padre omicida da parte dell’Ucoii dell’ADMI e di tutto il mondo islamico organizzato di questo Paese, e quello della povera Sarah Scazzi, dove non essendo la religione citata in alcun modo si e creato lo spettacolo dell’orrore. In entrambi i casi la stampa non ci ha fatto bella figura. Giulietti ha proposto una iniziativa specifica sul modo in cui l’Islam appare nei media, evidenziando la costruzione di false verità e di false realtà, come quando una troupe televisiva creò la donna in niqab davanti alla Grande Moschea di Roma, coprendo con una spessa abaya nera e niqab dello stesso colore una non musulmana in jeans e maglietta.
E intervenuto quindi don Tonio dellOlio, di Pax Christi, associazione cristiana che si fa portavoce di un pacifismo integrale di cui ricordiamo con affetto la figura del fondatore don Tonino Bello. Don Tonio ha sottolineato la vicinanza stretta che si e creata attraverso la condivisione ed il lavoro comune tra lui, i suoi collaboratori ed alcuni musulmani proprio nella comunione spirituale derivata dalla condivisione degli stessi valori umani e nella fede nel Dio Unico.
L' on.le Lucio Malan del PDL, esponente di spicco della comunità protestante, è intervenuto apprezzando i fini ed il dibattito in corso, sottolineando la sincerità dei cuori e l ‘assenza di diplomazia e retorica. Ha affermato che questo dibattito rappresenta una seria volontà di superamento dei limiti e delle difficoltà del dialogo interreligioso ed interculturale. Ha affermato che c’e’ una parte del paese che non ha paura anche a destra e segue il dialogo con fiducia.
Per Omar Caminetti, che ha citato un editoriale di Panebianco, c’è una parte della stampa che forma l’opinione pubblica e che enfatizza il fondamentalismo, un altro fantasma assente da questo paese , alhamdullah, che viene sempre tirato in ballo quando si tratta di attaccare i musulmani. Si arriva al ridicolo approfittando della secolarizzazione, siccome la preghiera per molti purtroppo e un fatto eccezionale, allora come il cattolico che prega davanti a certi laicisti è bigotto, cosi il musulmano che prega è pericoloso e fondamentalista, figurarsi se digiuna al Ramadan o se porta barba o velo. Si agita lo spettro della mancata integrazione davanti a gente che è qui da vent’anni e magari è laureata, avrebbe necessità di un lavoro adeguato ai suoi studi, non della Carta dei Valori che gia condivide. In effetti non si capisce che un numero sempre maggiore di musulmani di seconda o terza generazione sentiranno sempre di meno il problema dell’integrazione perchè saranno italiani, a meno che l’Italia non li costringa a riemigrare insieme ai tanti giovani italiani che si laureano e vanno via. In che cosa si devono integrare i circa diecimila musulmani convertiti facenti parte di famiglie cristiane qui da sempre? Camiletti ha chiesto anche che si porti avanti il tema ambientale che finora non e stato trattato nel dibattito.
Il fratello Khalid Chouki di Minareti.it, ex presidente GMI, ha sottolineato il grande lavoro che la comunità islamica ha fatto in questi ultimi anni per avvicinare i musulmani all’Italia soprattutto sul piano dei  valori e culturale. Adesso, viceversa, c’è come un ritrarsi di quelle forze come le ACLI che negli anni passati avevano partecipato ai cantieri del dialogo. Tra i musulmani invece c’è una forte richiesta di cittadinanza attiva. Tareq Ramadan ha affermato qualche giorno fa proprio a proposito delle seconde generazioni che la gioventù musulmana  ” ha chiesto libertà di espressione e quindi si è posta la questione del velo, delle moschee, del cibo halal nelle scuole e nei locali pubblici. A differenza di quello che solitamente l’uomo comune pensa, questa necessità non nasce dal rifiuto di integrazione nelle nostre società ma – esattamente per un processo inverso – questi ragazzi si sentono a casa perché sono nati qui, nei nostri paesi, e quindi reclamano il diritto di espressione in quando cittadini a pieno titolo delle nostre democrazie. Queste generazioni – che al momento costituiscono la popolazione attiva e produttiva delle diverse ondate migratorie - ora si vanno a scontrare con la crisi dell’identità europea che mette in discussione le proprie comuni radici e le stesse motivazioni della sua stessa esistenza” (Virgilio.it). Ce poi una necessita per gli italiani di ricostruire questo paese su basi più solidamente democratiche e di respingere la svolta autoritaria propugnata da alcuni settori della destra al Governo e dai media che da essa dipendono anche economicamente. Il dialogo diventa allora necessario come il pane e non a caso in un paese dove a causa dei licenziamenti manca anche il pane per molti italiani ricostruire l’Italia significherà riavere sia quel benessere materiale derivato dal lavoro onesto sia quella dignità personale e spirituale che deriverà dal far parte di un paese finalmente in pace e non dilaniato dall’ignoranza dall’odio e dalla paura
salam
Amina Salina


Venerd́ 29 Ottobre,2010 Ore: 16:20
 
 
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