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www.ildialogo.org PREGA E PAGA. IN GERMANIA SCOMUNICA PER GLI “EVASORI” DELLA TASSA ECCLESIASTICA,di Adista Notizie n. 35 del 06/10/2012

PREGA E PAGA. IN GERMANIA SCOMUNICA PER GLI “EVASORI” DELLA TASSA ECCLESIASTICA

di Adista Notizie n. 35 del 06/10/2012

36870. BERLINO-ADISTA. In Germania non si può “bluffare” sulla propria appartenenza religiosa: sulla dichiarazione dei redditi si riempie la relativa casella e lo Stato trattiene una parte delle entrate, destinata al culto indicato. Questo consente di avere una sorta di censimento sul numero dei credenti: censimento che ha mostrato che dal 1990, ossia da dopo la riunificazione delle due Germanie, il numero dei cattolici tedeschi (circa 25 milioni) che hanno scelto di abbandonare la propria Chiesa sono stati circa 100mila ogni anno e, solo nel 2010 (anno maledetto per via dell’esplosione dello scandalo pedofilia), 180mila.

Per fermare questa emorragia, i vescovi tedeschi hanno pensato ad un sistema drastico: chi non paga la Kirchensteuer (questo il nome dell’imposta sul reddito obbligatoria per i credenti, introdotta nel 1827), ottenendo l’esenzione formale, non ha più diritto ai “servizi” elargiti dalla Chiesa cattolica: niente più sacramenti. La Conferenza episcopale – supportata dalla Congregazione per i Vescovi – considera in questo caso come apostasia l’allontanamento volontario dalla Chiesa e applica l’articolo del Diritto canonico secondo il quale in caso di apostasia (il ripudio totale della fede cristiana, secondo il can. 751 del Cic) si incorre nella scomunica latae sententiae (Can. 1364, par. 1). Il decreto dei vescovi, in vigore dal 24 settembre, recita infatti che «la dichiarazione di abbandono della Chiesa davanti a funzionari dell’anagrafe civile» è «un atto pubblico di volontaria e intenzionale presa di distanza», per questo «costituisce grave colpa verso la comunità ecclesiastica».

Il provvedimento è stato reso possibile anche dal fatto che il tribunale amministrativo federale di Lipsia ha respinto il ricorso del docente di diritto canonico Hartmut Zapp, che nel 2007 aveva dichiarato di non pagare la tassa annuale alla Chiesa, sebbene fosse cattolico.

L’aut-aut dei vescovi

«La dichiarazione di abbandono della Chiesa di fronte all’autorità civile competente, in quanto atto pubblico, rappresenta una deliberata e consapevole presa di distanza dalla Chiesa – si legge nel decreto – ed una grave colpa verso la comunità ecclesiale. Chi, di fronte all’autorità civile competente, per qualsiasi motivo, dichiara la propria uscita dalla Chiesa, si oppone all’obbligo della comunità di sostenere la Chiesa (c. 209 § 1 Cic) e all’obbligo di dare il proprio contributo finanziario affinché la Chiesa possa portare avanti le sue attività» e pertanto va incontro a «conseguenze giuridiche»: «Non può ricevere i sacramenti della penitenza, dell’Eucaristia, della Cresima e dell’Unzione degli Infermi, eccetto che in pericolo di morte; non può ricoprire incarichi ecclesiastici e svolgere alcuna funzione nella Chiesa; non può essere padrino di battesimo o di cresima; non può essere membro dei consigli parrocchiani e diocesani; perde il diritto di voto attivo e passivo nella Chiesa; non può essere un membro di associazioni ecclesiali». Per il matrimonio in chiesa occorrerà una speciale autorizzazione da parte del vescovo e l’impegno delle persone interessate a rispettare la fede e a educare i figli secondo i precetti della Chiesa.

Attualmente, tra le altre cose, se si vuole iscrivere i propri figli presso gli scout o in una scuola cattolica, bisogna dimostrare di pagare la Kirchensteuer.

Nel caso in cui la persona che ha abbandonato la Chiesa non abbia dato segno di pentimento prima della morte, «la Chiesa – affermano i vescovi – può rifiutare il funerale religioso». Se poi si tratta di un dipendente della Chiesa o di persona impegnata al suo servizio a vario titolo, «si applicheranno le conseguenze giuridiche previste dal diritto canonico»; qualsiasi autorizzazione concessa allo scopo di esercitare un servizio ecclesiale «deve essere revocata».

I vescovi prevedono anche la possibilità di un “ravvedimento” da parte del fuoriuscito: che sarà invitato ad un incontro «in vista del completo reinserimento nella comunità ecclesiale allo scopo di una riconciliazione con la Chiesa e di un ritorno al pieno esercizio dei diritti e dei doveri». Se, al contrario, «la reazione del fedele che ha dichiarato di lasciare la Chiesa lascia dedurre un atto scismatico, eretico o di apostasia, l’Ordinario si occuperà di prendere i provvedimenti opportuni». Il che, tradotto, significa la scomunica.

«Decisione sbagliata al momento sbagliato»

La misura adottata dalle autorità ecclesiastiche per frenare l’emorragia di credenti – e di denaro – ha suscitato un vespaio di reazioni. Per il movimento di riforma Wir Sind Kirche (Noi siamo Chiesa), si tratta della decisione sbagliata al momento sbagliato»: «Invece di andare alla radice dei motivi per cui un enorme numero di persone lascia la Chiesa – si legge nel comunicato del 24/9 – il decreto dei vescovi costituisce un messaggio intimidatorio per il popolo della Chiesa e non fornirà alcuna motivazione per coloro che cercano di restare fedeli o di unirsi alla comunità che paga l’imposta ecclesiastica. Questo decreto mina il processo di dialogo attualmente in corso, con il quale i vescovi tedeschi stanno cercando faticosamente di recuperare la credibilità della leadership della Chiesa, andata perduta con l’insabbiamento dello scandalo degli abusi sessuali, durato decenni». Del resto, «la minaccia dell’esclusione dalla vita comunitaria è una scomunica di fatto ed è in contrasto con la concezione sacramentale di un’appartenenza indelebile alla Chiesa cattolica attraverso il battesimo, come il Vaticano ha finora affermato e teologicamente giustificato».

Wir Sind Kirche muove anche delle critiche in ordine all’autorità formale del decreto, «riconosciuto a Roma dalla Congregazione per i Vescovi, che però non può essere responsabile di tali questioni. Nel 2006 – spiega il movimento – è stato il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi a chiarire che l’abbandono della Chiesa alla presenza delle autorità statali non è sufficiente a documentare un’apostasia, e quindi a giustificare la scomunica e l’esclusione dai sacramenti». In realtà, il provvedimento documenta la «grande paura dei vescovi tedeschi e del Vaticano di ulteriori perdite di entrate significative grazie alla tassa per la Chiesa». I futuri colloqui di consulenza con i pastori locali, previsti dai vescovi, rappresentano poi «un notevole onere supplementare per quei sacerdoti che, a causa della fusione di grandi parrocchie, sono già completamente sovraccarichi di lavoro. I vescovi rinunciano d’altra parte a tale colloquio e il dibattito viene spostato al livello inferiore». Quanto alle motivazioni che spingono i credenti a lasciare la Chiesa, spiega il movimento tedesco, spesso non sono «questioni profonde di fede», ma «questioni morali e strutturali (il celibato obbligatorio, il ruolo della donna, ecc.)», quando non addirittura la valutazione che «a causa delle chiusure e delle fusioni delle parrocchie, da anni l’offerta pastorale è stata ridotta consistentemente».

Lo spirituale e il civile

Per le autorità ecclesiastiche, al contrario, il decreto è assolutamente coerente: dimensione spirituale e civile della fede non sono separabili, ha detto il segretario generale della Conferenza episcopale, il gesuita p. Hans Langendoerfer. «Non si può fuoriuscire dalla dimensione “civile” della Chiesa e definirsi al medesimo tempo cattolico», ha spiegato all’emittente tedesca Domradio. Saranno i parroci a doversi occupare delle singole “pecorelle smarrite”: «Coloro che chiederanno di essere cancellati come cattolici dall’anagrafe – ha spiegato – riceveranno una lettera dal parroco della loro zona. Si chiederà loro un incontro e un colloquio. Si cercherà di capire le motivazioni che hanno indotto a una tale decisione. Si spiegherà anche quali saranno le conseguenze collegate alla fuoriuscita. Ovviamente, i sacerdoti cercheranno di far cambiare idea a queste persone, così da poter dare loro la possibilità di partecipare alla vita della Chiesa, con gli annessi doveri». (ludovica eugenio)

Articolo tratto da
ADISTA
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Sabato 06 Ottobre,2012 Ore: 15:25
 
 
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