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www.ildialogo.org TRASPARENZA FINANZIARIA: VATICANO “RIMANDATO”DAGLI ESPERTI EUROPEI,di Adista Notizie n. 29 del 28/07/2012

TRASPARENZA FINANZIARIA: VATICANO “RIMANDATO”DAGLI ESPERTI EUROPEI

di Adista Notizie n. 29 del 28/07/2012

36799. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Se fossimo a scuola si potrebbe parlare di “sospensione del giudizio”: qualche “debito”, poi, a settembre, si vedrà. La metafora rende bene il senso del giudizio espresso sul Vaticano da Moneyval, la Commissione di esperti sulla valutazione delle misure di anticiriciclaggio monetario e di terrorismo finanziario, che rappresenta il meccanismo di monitoraggio del Consiglio d’Europa per assicurare che gli Stati membri rispettino gli standard finanziari internazionali. Il Vaticano da lungo tempo desidera entrare nella “white list” dei Paesi virtuosi. Le operazioni dello Ior sono state infatti, e sono tuttora, al centro di sospetti e scandali, grazie ad un sistema, garantito dal Concordato, che vieta perquisizioni, intercettazioni, interrogatori alla sede ed ai dipendenti dello Ior. Per sapere qualcosa di più sulle operazioni dell’Istituto, la magistratura di un qualsiasi Paese del mondo deve infatti avviare una rogatoria allo Stato della Città del Vaticano, che quasi sempre la respinge. Inoltre, il bilancio e tutti i movimenti che vengono fatti dall’Istituto non vengono pubblicati.

Nel 2010, per far fronte a questa situazione che a livello internazionale destava sempre maggiore preoccupazione, il Vaticano decise di adottare un legge per la trasparenza finanziaria, promulgata dal papa sotto forma di motu proprio. Tale dispositivo fu poi emendato da un decreto emanato dal presidente del Governatorato vaticano, mons. Giuseppe Bertello, che depotenziava gli effetti del precedente dispositivo, privando l’Aif, l’Autorità di controllo creata dalla nuova legge ed affidata al card. Attilio Nicora, dei suoi poteri di ispezione.

Le riserve di Moneyval

La valutazione di Moneyval è stata effettuata sulla base delle 40 raccomandazioni sull’anti-riciclaggio e 9 raccomandazioni relative all’anti-terrorismo. L’analisi di ciascun punto (ma alcuni sono interdipendenti fra loro), si è conclusa con un voto che, se positivo, poteva essere “compliant”, cioè “conforme”, o addirittura “largely compliant”, “pienamente conforme”; se negativo poteva essere “non compliant” oppure “partially compliant”. Delle 49 raccomandazioni 4 non erano però applicabili alla Città del Vaticano e quindi sono state escluse. In merito alle restanti 45, su 23 (vale a dire circa il 51% del totale) il Vaticano è risultato parzialmente conforme o non conforme; mentre sulle altre 22 (cioè il restante 49% del totale) conforme o in gran parte conforme. Delle 16 raccomandazioni ritenute “centrali”, ed elaborate dal Gafi, Gruppo d’azione finanziaria contro il riciclaggio, il Vaticano ha ottenuto un voto positivo (“largamente conforme” o “conforme”) su 9.

I giudizi di “non conformità” o “parziale conformità” riguardano la customer due diligence, la segnalazione delle operazioni sospette, la regolazione, supervisione e monitoraggio, le altre forme di cooperazione, l’implementazione degli strumenti Onu, il congelamento e la confisca degli asset terroristici. Questioni non certo secondarie, insomma. Il rapporto del Consiglio d’Europa, inoltre, «invita la Santa Sede a rafforzare il proprio regime di vigilanza», perché c’è ancora «una mancanza di chiarezza circa il ruolo, le responsabilità, l’autorità, i poteri e l’indipendenza dell’Autorità di Informazione Finanziaria (Aif), nella sua veste di supervisore Aml/Cft». Secondo il rapporto, «il numero di segnalazioni ricevuto, pur tenendo in considerazione le modeste dimensioni del settore finanziario in questione, è risultato modesto» per quanto riguarda l’attività dell’Aif, competente per la ricezione e l’analisi delle segnalazioni di operazioni sospette. In ogni caso , rileva il rapporto Moneyval, un ente indipendente che possa controllare le operazioni ed i movimenti finanziari dello Ior. Per questo, «è fortemente raccomandato che l’Istituto per le Opere di Religione sia sottoposto nel prossimo futuro alla vigilanza prudenziale di un supervisore indipendente e che vengano da questo ultimo applicati i requisiti di affidabilità e correttezza al senior management delle istituzioni finanziarie».

Il Vaticano ha fatto buon viso a cattivo gioco. Mons. Ettore Ballestrero, sottosegretario per i Rapporti con gli Stati della segreteria di Stato e capo della delegazione vaticana volata a Strasburgo per seguire i lavori di Moneyval, ha sottolineato che le norme antiriciclaggio, di cui si sta sempre più dotando la comunità internazionale, sono utili anche alla Santa Sede per lo «svolgimento della propria missione». Per questo il Vaticano le vuole «condividere», «facendole proprie». Rispetto alle critiche sul ruolo dell’Aif, Ballestrero ha espresso gratitudine «per questa osservazione, che accogliamo seriamente». «La Santa Sede – ha assicurato – vuole costruire compiutamente un edificio che dimostri la sua volontà di essere un partner affidabile nella comunità internazionale». Ci sarà ora un anno di tempo per adeguarsi ai rilievi di Moneyval. Il prossimo esame è fissato al 2013. Sempre che il Vaticano sia ancora intenzionato a passarlo.

Curia Vaticana: la lotta continua

Perché dentro le mura leonine, la lotta tra le diverse fazioni sull’“operazione trasparenza” è tutt’altro che finita. Nei mesi scorsi, diversi ecclesiastici di Curia (tra cui i cardinali Angelo Sodano, Giovanni Battista Re, Agostino Cacciavillan, Jean-Louis Tauran, oltre allo stesso Nicora) hanno insistito affinché il Vaticano si sottoponesse al giudizio di Moneyval, poiché una valutazione positiva avrebbe consentito allo Ior una maggiore facilità nell’attività finanziaria. Altri si sono invece mostrati particolarmente spaventati dai nuovi vincoli necessari per entrare nella “white list”, specie per la prospettiva di una loro possibile retroattività, cioè di una loro estensione ad operazioni iniziate prima del 2010 ed a conti aperti prima di quella data. C’è infatti da considerare che il sistema Ior, così come è stato finora, ha fatto comodo a tanti. Al Vaticano certamente, che non ha dovuto subire alcun controllo interno ed esterno sulle sue operazioni finanziarie. Ma anche ai Paesi ed ai banchieri e finanzieri esteri che hanno utilizzato lo Ior come canale di transito per capitali con destinazioni segrete, o illecite. Grazie alla extraterritorialità dello Stato vaticano rispetto all’Italia, lo Ior ha infatti consentito l’esportazione di ingenti capitali. Di provenienza non sempre chiara. Come i fondi destinati a sostenere la guerriglia controrivoluzionaria in America Latina o i regimi dittatoriali in Centro e Sud America; o i soldi destinati a finanziare Solidarność ed altri movimenti di opposizione al socialismo reale nell’Est Europa; o quelli serviti a pagare la maxitangente Enimont.

L’asse italiano scricchiola

Insomma, nello scontro oggi in atto dentro i vertici della Chiesa, pesa da una parte il pericolo di una perdita di autonomia della Città del Vaticano come Stato sovrano, con l’avvento di uomini e norme tali da farlo passare di fatto sotto il controllo dei poteri bancari e giudiziari italiani; dall’altra, il rischio di compromettere la reale capacità dello Ior di operare con gli istituti di credito europei ed italiani. Significativa, in questo senso, fu l’uscita dal Consiglio di sovrintendenza dello Ior del consigliere Giovanni De Censi, avvenuta alla fine del 2010, senza apparenti ragioni. De Censi è presidente del Credito Valtellinese, che ha recentemente incorporato il Credito Artigiano. Per lo Ior, il Credito Artigiano è una banca tradizionalmente amica. Ma è stato proprio da una segnalazione del Credito Artigiano che partì l’informativa della Banca d’Italia da cui prese avvio l’indagine giudiziaria della procura di Roma che, nel settembre 2010, dispose il clamoroso sequestro di 23 milioni di euro in transito dallo Ior al Credito Artigiano (dove lo Ior ha un suo conto corrente), perché non era chiara né la destinazione né l’origine di quel denaro. Il presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi e il direttore generale Paolo Cipriani furono iscritti nel registro degli indagati con l’ipotesi di alcune omissioni in relazione alla normativa antiriciclaggio.

Nel frattempo, probabilmente in seguito alla pressante attenzione sullo Ior da parte di Bankitalia e della Procura di Roma, il 15 febbraio 2012 JpMorgan (la banca cui erano destinati 20 dei 23 milioni transitati per il Credito Artigiano) aveva deciso di chiudere il proprio conto presso l’istituto. Un fatto piuttosto raro, visti gli enormi vantaggi che un conto del genere garantisce.

Così, se alcuni settori dell’establishment vaticano hanno ostacolato l’operazione trasparenza, altri continuano a sostenerla con forza. Dallo scontro, assai aspro, tra queste correnti, ha fatto le spese due mesi fa l’ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, che si era molto esposto (attirandosi le ire del segretario di Stato Tarcisio Bertone) affinché il Vaticano si adeguasse il prima possibile agli standard internazionali e che è stato sfiduciato dal board che controlla lo Ior (v. Adista Notizie n. 21/2012). Gotti Tedeschi – i giornali nelle scorse settimane lo hanno più volte ricordato – godeva di un solido rapporto con l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti e di un forte legame con la Banca d’Italia, che avrebbe seguito con attenzione tutte le fasi della stesura delle norme antiriciclaggio entrate in vigore nel 2010. Tanto che lo stesso Gotti Tedeschi, interrogato dai magistrati romani, ha riferito del suo rapporto “privilegiato” con i vertici della Banca d’Italia e in particolare con l’ex vicedirettore generale ed attuale presidente della Rai Anna Maria Tarantola, che gli avrebbe mostrato in anticipo le lettere che la Banca d’Italia inviava alle banche italiane in merito al caso Ior.

Questo rapporto stretto, seppure informale, tra banca centrale italiana e Ior (è un fatto che la stesura della prima versione della legge vaticana è opera soprattutto di due consiglieri dell’Aif, Marcello Condemi e Francesco De Pasquale: il primo è stato per 25 anni «numero due» dell’ufficio legale di Bankitalia; l’altro, De Pasquale, viene dall’ex Ufficio italiano dei cambi, ora ribattezzato Unità di informazione finanziaria, di Palazzo Koch) è venuto meno con il siluramento di Gotti Tedeschi. C’è poi da considerare che l’Italia è membro del Gafi/Fatf (Groupe d’action financiere/Financial Action Task Force), ed osservatore presso Moneyval e può inviare un proprio rappresentante – anche se senza diritto di voto – alle riunioni di Strasburgo. Facile quindi ipotizzare che dopo l’uscita di scena di Gotti Tedeschi le autorità bancarie e finanziarie italiane abbiano irrigidito la loro posizione. (valerio gigante)

Articolo tratto da
ADISTA
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Venerdě 27 Luglio,2012 Ore: 15:48
 
 
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