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www.ildialogo.org USA: NONOSTANTE LA CORTE SUPREMA, SULLA RIFORMA SANITARIA I VESCOVI NON SI DANNO PER VINTI,di Adista Notizie n. 27 del 14/07/2012

USA: NONOSTANTE LA CORTE SUPREMA, SULLA RIFORMA SANITARIA I VESCOVI NON SI DANNO PER VINTI

di Adista Notizie n. 27 del 14/07/2012

36786. WASHINGTON-ADISTA. La riforma sanitaria varata dall’amministrazione Obama ha superato il vaglio di costituzionalità della Corte Suprema. Con 5 voti a favore (i giudici Ruth Bader Ginsburg, Stephen Breyer, Elena Kagan, John Roberts e Sonia Sotomayor; questi ultimi due cattolici), e 4 contrari (i cattolici conservatori Antonin Scalia, Anthony Kennedy, Clarence Thomas e Samuel Alito) il 28 giugno scorso la Corte ha accolto il Patient Protection and Affordable Care Act (il cosiddetto Obamacare) dando la stura a nuove polemiche.

Immediata la reazione dei vescovi statunitensi – preoccupati in particolar modo per l’individual mandate, vale a dire l’obbligo, anche per le strutture religiose, di fornire assicurazione sanitaria comprensiva di contraccezione, aborto e sterilizzazione ai propri dipendenti (v. Adista Notizie nn. 4 e 11/12) – che sulla riforma sanitaria hanno ingaggiato da mesi un corpo a corpo con il governo facendo leva sul principio della libertà religiosa che la nuova legge lederebbe. La sentenza della Corte Suprema è arrivata peraltro nel pieno svolgimento della Fortnight for Freedom, la manifestazione nazionale di due settimane in difesa della libertà religiosa promossa dall’episcopato proprio al fine di esercitare pressioni sul governo e che si è conclusa il 4 luglio scorso.

«Per quasi un secolo, i vescovi degli Stati Uniti sono stati, e continuano a essere, ferventi sostenitori di una riforma sanitaria globale che assicuri l’accesso alla salute per tutti», si legge nel comunicato diffuso dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb) il 28 giugno. «Per diverse ragioni però – proseguono – ci opponiamo al passaggio finale dell’Affordable Care Act (Aca) »: innanzitutto perché prevede l’utilizzo di fondi federali per coprire interruzioni di gravidanza, in secondo luogo perché non protegge sufficientemente il principio di libertà di coscienza e infine perché non offre copertura adeguata agli immigrati. «La Conferenza episcopale degli Stati Uniti non si è unita ai tentativi di abrogare la legge nel suo complesso, e non lo vogliamo fare oggi», proseguono i vescovi: «La decisione della Corte Suprema non riduce l’imperativo morale di assicurare un’assistenza sanitaria dignitosa per tutti, ma neppure elimina la necessità di correggere i difetti della legge». Obiettivo in vista del quale i vescovi annunciano altre pressioni sul Congresso e sull’amministrazione Obama.

«Secondo il Ministero della Salute – aveva denunciato, a pochi giorni dal pronunciamento della Corte, l’arcivescovo di Baltimora, mons. William E. Lori, a capo della Commissione sulla Libertà religiosa creata di recente dalla Usccb proprio in risposta al conflitto con la Casa Bianca – un ente merita libertà religiosa solo se assume e presta servizi prima di tutto ai suoi correligionari. Ma lo Stato – proseguiva dalle pagine del Baltimore Sun (26/6) – non ha competenza né autorità per definire la Chiesa e i suoi ministri». Tentativi che, secondo mons. Lori, costituiscono un colpo per qualsiasi comunità religiosa ma soprattutto per i cattolici che sono «chiamati a servire chiunque abbia bisogno»: «Come diciamo spesso – aveva chiosato – noi prestiamo servizio agli altri perché siamo cattolici, non perché loro lo sono».

Diversa la reazione di suor Carol Keehan, presidente della Catholic Health Association (Cha) che, come si legge nel comunicato diffuso il 28 giugno, ha accolto positivamente la sentenza della Corte Suprema.

Sia quel che sia, questa sentenza, come ha evidenziato Massimo Faggioli, docente di Storia del Cristianesimo presso l’Università di St. Thomas in Minnesota (Europa, 30/6), delinea due novità. «Per la prima volta nella storia americana 6 giudici su 9 provengono da una ex minoranza religiosa», quella cattolica, «per lungo tempo tenuta a distanza dall’establishment a favore del protestantesimo che oggi invece non è “rappresentato” da nessuno alla Corte Suprema». In secondo luogo, è da rimarcarsi la «crescente spaccatura politica interna alla Chiesa cattolica statunitense, in cui le due ali, quella democratica liber-progressista e quella repubblicana conservatrice, hanno sempre meno interesse a parlarsi». (ingrid colanicchia)

Articolo tratto da
ADISTA
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Marted́ 10 Luglio,2012 Ore: 16:58
 
 
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