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www.ildialogo.org COSENZA: AL PARROCO INDAGATO IL VESCOVO RIVELAVA LE CARTE DELLA PROCURA,da Adista Notizie n. 13 del 07/04/2012

COSENZA: AL PARROCO INDAGATO IL VESCOVO RIVELAVA LE CARTE DELLA PROCURA

da Adista Notizie n. 13 del 07/04/2012

36612. COSENZA-ADISTA. Cedeva in maniera fraudolenta, per cifre tra i 2mila e i 3mila euro, loculi cimiteriali di proprietà della chiesa, posti all’interno di una cappella del camposanto comunale, per di più riservati agli indigenti e ai ministri di culto. Ad un commercialista torinese, Raffaele Scalabrino, aveva invece venduto confessionali, inginocchiatoi, un crocifisso in argento, che erano patrimonio della sua parrocchia. Ad un restauratore, residente nel capoluogo piemontese ma originario della sua città – Vincenzo Fragale, 44 anni – aveva venduto altri beni di proprietà della parrocchia, tra cui dei calici e dei candelieri d’importante valore storico e artistico. C’erano poi alcuni fondi rustici di proprietà della diocesi, in località Rocca di Neto (Crotone), frutto di lasciti e donazioni venduti a privati con l’obiettivo dichiarato di reperire risorse da destinare ai poveri, ma poi distratti per altre finalità.

Protagonista di questa vicenda è don Franco Spadafora, fino al 2006 parroco della chiesa di Santa Maria delle Grazie di San Giovanni in Fiore (ironia della sorte, la città dell’eremita Gioacchino da Fiore, fustigatore, nel XII secolo, della corruzione del clero), diocesi di Cosenza, condannato per truffa e appropriazione indebita ad un anno di reclusione (pena sospesa) dal gup di Cosenza, Salvatore Carpino. L’ex parroco 59 anni, attualmente amministratore parrocchiale di S. Pietro Apostolo in Cellara, durante il procedimento a suo carico aveva finito per dichiarare ai magistrati che era colpevole e che era Fragale a ritirare la merce con un furgone, trasferendola a Torino, munito anche di un documento, firmato dallo stesso Spadafora, che doveva servire come giustificativo, in caso di controlli da parte delle forze dell’ordine durante il trasporto. Don Spadafora aveva inoltre precisato il ruolo avuto dal geometra Tommaso De Marco, di San Giovanni in Fiore, nella vendita del terreno di Rocca di Neto, lasciato in eredità alla Chiesa silana da un possidente locale. Alla fine l’ex parroco aveva chiesto il patteggiamento. La condanna per lui è arrivata il 22 febbraio scorso.

La vicenda, di per sé, ha dell’incredibile, se si pensa che i beni alienati (calici d’oro del ‘600, un crocefisso in argento del ‘700, candelieri, inginocchiatoi, un turibolo e altri arredi sacri) supererebbe i 600mila euro. Ancora più incredibile però è che ad essere coinvolto nella vicenda è anche l’attuale vescovo di San Marco Argentano-Scalea, mons. Leonardo Bonanno, 64 anni, accusato di violazione del segreto istruttorio.

I Patti Lateranensi stabiliscono infatti che «nel caso di deferimento al magistrato penale di un ecclesiastico o di un religioso per delitto», la Procura «deve informarne immediatamente l’Ordinario della diocesi, nel cui territorio egli esercita giurisdizione; e deve sollecitamente trasmettere di ufficio al medesimo la decisione istruttoria». Bonanno, che nel 2006 era vicario generale dell’Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano, oltre che moderatore della Curia metropolitana, canonico del Capitolo della Cattedrale di Cosenza e giudice del Tribunale ecclesiastico regionale calabro, aveva ricevuto l’atto d’indagine su Spadafora dall’arcivescovo, mons. Salvatore Nunnari, con l’incarico di predisporre alcuni documenti richiesti dalla Procura. Secondo l’accusa, Bonanno ne avrebbe indebitamente rivelato il contenuto a Spadafora ed ai suoi legali. Agli atti dell’inchiesta ci sono anche le conversazioni telefoniche intercorse tra Bonanno e Spadafora.

Le indagini, condotte dai carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale, erano partite nel 2006, quando il parroco subentrato a Spadafora, don Germano Anastasio, si accorse sia della sparizione del “tesoro” di oggetti antichi e arredi sacri che della vendita dei loculi e del terreno.

Sotto processo, insieme a Spadafora ed al vescovo Bonanno, sono finiti anche il commercialista e il restauratore torinesi, Scalabrino e Fragale, indagati per ricettazione; un impiegato della Provincia di Cosenza, Pasqualino Garofalo, incriminato per la ricettazione di due dipinti trafugati da una chiesa di Drapia (Vibo Valentia) e il geometra De Marco. La sentenza del 22 febbraio riguardava però il solo Spadafora, che aveva chiesto ed ottenuto il rito abbreviato. Mons. Bonanno, rinviato a giudizio insieme agli altri indagati, aveva inizialmente chiesto il rito abbreviato, ma aveva poi cambiato idea. (valerio gigante)

Articolo tratto da
ADISTA
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Mercoledì 04 Aprile,2012 Ore: 16:19
 
 
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Crisi chiese

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