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www.ildialogo.org POLONIA: GLI INTERESSI MOLTO “TERRESTRI” DI RADIO MARYJA,da Adista Notizie n. 7 del 25/02/2012

POLONIA: GLI INTERESSI MOLTO “TERRESTRI” DI RADIO MARYJA

da Adista Notizie n. 7 del 25/02/2012

36553. VARSAVIA-ADISTA. «Come i comunisti, i governanti di oggi vogliono chiuderci nelle sacrestie. Ricordano il Terzo Reich». È con parole di fuoco, pienamente coerenti con lo stile del personaggio, che padre Tadeusz Rydzyk, fondatore e padrone assoluto dell’emittente polacca Radio Maryja, ha commentato l’esclusione di Tv Trwam, la tv sorella della stazione radiofonica più destrorsa e tradizionalista del Paese, dalla piattaforma del digitale terrestre. La decisione di non concedere al canale televisivo uno dei quattro posti disponibili sul cosiddetto «multiplex 1» (che a partire dal 2013 segnerà il passaggio della tv polacca dal sistema analogico a quello digitale) è stata in realtà presa lo scorso aprile, a seguito di una gara pubblica, dal Consiglio nazionale per radio e tv (Krajowa Rada Radiofonii i Telewizji, Krrit), ma è tornata di stretta attualità il mese scorso in relazione al respingimento del ricorso presentato dalla Fondazione Lux Veritatis, proprietaria di Trwam. Il rifiuto ha fatto andare su tutte le furie padre Rydzyk, che vede così fortemente compromessa, oltre alla visibilità delle idee propagandate dalla sua tv, anche e soprattutto la solidità economica di Radio Maryja, vero fulcro dell’impero mediatico del religioso redentorista, per la quale Trwam rappresenta un’importante fonte di finanziamento.

Pubblicamente inutile

L’aspra polemica concernente il destino di Tv Trwam, che tiene banco da diversi giorni sui principali organi di informazione polacchi, si è in realtà spinta ben oltre le colorite dichiarazioni di Rydzyk, del resto non nuovo a simili exploits. A ben guardare, la vicenda acquisisce un valore simbolico piuttosto marcato se posta in relazione al nuovo clima politico, già evidenziato dai risultati delle elezioni di ottobre (v. Adista n. 87/11) e a sua volta riconducibile ai mutamenti socio-economici che sembrano aver modificato in profondità il volto della società polacca negli ultimi dieci anni.

Lo scorso 16 gennaio, a scendere in campo a fianco di padre Rydzyk e della sua emittente è stata infatti la stessa Conferenza episcopale, diffondendo un comunicato nel quale si faceva appello direttamente al Krrit perché rivedesse la sua decisione. «L’esclusione di un canale a orientamento religioso», scrivevano i vescovi, «viola tanto il principio del pluralismo quanto quello dell’eguaglianza di fronte alla legge, e ciò è tanto più vero in quanto la maggioranza dei cittadini del nostro Paese è cattolica». Ma a motivare l’esclusione ci sono anche altre valutazioni, subito finite al centro delle polemiche: la programmazione di Trwam non è stata ritenuta dal Krrit «di pubblica utilità», e pertanto l’emittente potrà senz’altro continuare a trasmettere, ma via satellite e finanziando le proprie attività tramite i cospicui introiti pubblicitari. Di qui l’immediata levata di scudi, oltre che della galassia mediatico-culturale che ruota attorno a Radio Maryja, anche della Chiesa polacca e delle forze politiche vicine a Rydzyk, fra le quali spicca soprattutto Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedliwosc, Pis), il partito nazional conservatore di Jarosław Kaczynski. Questi è arrivato addirittura a proporre di rinviare a giudizio di fronte al tribunale di stato i membri del Krrit. «Negare a Tv Trwam la licenza per trasmettere è oltraggioso», ha sentenziato Kaczynski, che dal 2006 al 2007 ha guidato il governo più destrorso e clericale della Polonia postcomunista. «Tutto ciò dimostra che non c’è libertà di informazione», ha sancito.

Due paesi a confronto

La polemica sollevata dalle gerarchie ecclesiastiche e dalla destra in relazione alla decisione del Krrit ha dunque assunto una marcata caratterizzazione politica, circostanza del tutto comprensibile se si considera che, già da alcuni anni, lo scontro attorno ai temi della laicità e dell’identità cattolica della nazione appare in Polonia sempre più una cartina di tornasole di alcune contraddizioni sociali irrisolte. Le invettive di Rydzyk e dei suoi protettori politici hanno di fatto come obiettivo il primo ministro Donald Tusk e il suo governo, sorretto in Parlamento da una coalizione bicefala formata da Piattaforma Civica (Platforma Obywatelska, Po), il partito conservatore, liberista ed europeista di maggioranza a cui appartengono tanto il premier quanto il presidente della Repubblica, e dal Partito Popolare Polacco (Polskie Stronnictwo Ludowe, Psl), l’organizzazione erede del vecchio partito agrario, di stampo centrista.

Le ultime elezioni parlamentari, tenutesi il 9 ottobre scorso, hanno visto la riconferma di Po come primo partito del Paese, permettendo quindi a Tusk di divenire per la seconda volta capo dell’esecutivo. Piattaforma Civica, in realtà, non ha affatto posizioni particolarmente avanzate in tema di laicità e di diritti civili, ma l’oltranzismo clericale dei suoi rivali del Pis la vede comunque come una formazione politica eccessivamente liberal, legata a doppio filo alla lobby europea e pertanto troppo morbida nel difendere l’identità cattolica del Paese e le prerogative della Chiesa. Kaczynski e soci ritengono quindi che il Krrit, nel decidere il respingimento del ricorso della Fondazione Lux Veritatis, sia stato sostanzialmente manovrato dal Po, che punterebbe così a togliersi definitivamente dai piedi i canali radio e tv di Rydzyk. Quest’ultimo, tanto nella campagna elettorale del 2005 quanto in quella del 2007, ha in effetti appoggiato apertamente Diritto e Giustizia, giungendo persino a far eleggere nelle sue fila un gruppo di parlamentari in quota Radio Maryja.

Tuttavia, la vera novità delle ultime elezioni è stata la significativa affermazione del partito laicista fondato da Janusz Palikot, ex membro del partito di Tusk, che ha ottenuto il 10% dei suffragi collocandosi al terzo posto dopo Po e Pis. Il successo di questo eccentrico outsider (facile alla polemica e spesso incline a provocazioni mediatiche) sembra rimandare a quella che molti hanno identificato come la polarizzazione crescente della società polacca, in cui la crescita economica sostenuta degli ultimi anni (non accompagnata da una parallela diminuzione della disoccupazione giovanile) ha aumentato il divario e l’incomunicabilità fra le «due Polonie»: da un lato, il Paese espressione delle medie urbane e di un settore di giovani istruiti e cosmopoliti ma alla costante ricerca di un lavoro all’altezza degli studi svolti; dall’altro, la Polonia profonda, rurale e tradizionalista, dove una realtà come Radio Maryja continua a fare proseliti.

«La voce cattolica nella tua casa»

Ma come è riuscito padre Rydzyk a ritagliarsi un ruolo così rilevante nella vita pubblica polacca? E che caratteristiche ha il suo impero mediatico?

Fondata nel 1991, poco dopo il ritorno del religioso redentorista nel suo Paese in seguito al crollo del regime, Radio Maryja è riuscita negli anni ad allargare considerevolmente il proprio seguito e a raccogliere attorno a sé una fetta piuttosto consistente di società, che come si è visto è composta per lo più da cittadini dall’età media elevata residenti in contesti rurali. Per meglio consentirle di svolgere il proprio ruolo schiettamente politico, attorno all’emittente è stata creata una vera e propria organizzazione: la Rodzina Radia Maryja, la «Famiglia di Radio Maryja», che può contare su circa 600 club capillarmente diffusi su tutto il territorio nazionale. A questo si aggiunga il possesso di Tv Trwam (alla lettera, “persisto”, “sono costante”), fondata nel 2003, del giornale Nasz Dziennik (“il nostro quotidiano”), della fondazione Nasza Przyszłosc (“il nostro futuro”), di Lux Veritatis e di una scuola di comunicazione e giornalismo con sede a Torun, la città della Polonia settentrionale in cui Rydzyk ha posto il suo quartier generale.

La linea editoriale della radio e degli altri media ad essa collegati è da sempre ispirata da un forte tradizionalismo, incentrato sulla fede cattolica vista come fattore identitario della nazione polacca e sulla difesa dei valori della famiglia, della religione e della patria, da una visione della società conservatrice e fortemente maschilista, da un giustizialismo esasperato e da una retorica anticomunista, antitedesca ed euroscettica.

In più di un’occasione, tuttavia, la radio di Torun ha apertamente sconfinato nell’intolleranza e nella xenofobia. Accese polemiche sono state suscitate in passato, in particolare, dalla messa in onda di trasmissioni nel corso delle quali sono state sostenute tesi antisemite. Nel gennaio del 2000, ad esempio, fu dai microfoni dell’emittente di padre Rydzyk che lo storico Ryszard Bender sostenne che Auschwitz in realtà non era un campo di sterminio, ma semplicemente un luogo in cui i prigionieri lavoravano molto. «Gli ebrei, gli zingari e altri», aveva affermato allora il cattedratico dell’Università Cattolica di Lublino «venivano uccisi dalla durezza delle condizioni di lavoro, che comunque non erano sempre così dure, né sempre in grado di portare alla morte». O ancora, fu l’editorialista di Radio Maryja Stanislaw Michalkiewicz a lanciare, il 27 marzo 2006, pesanti accuse contro gli ebrei, accusati di «approfittare dell’Olocausto per fare soldi» e di «umiliare la Polonia sulla scena internazionale chiedendo un risarcimento per i beni lasciati nel Paese».

Un capitolo a parte meriterebbe infine la questione delle fonti di finanziamento dell’emittente, che pure risulta difficilmente analizzabile in quanto, in virtù di un concordato con la Santa Sede, la legge polacca esenta enti e imprese legati alla Chiesa dal rendere pubblici i propri bilanci (oltre che dal pagare le tasse). Ufficialmente la radio è di proprietà della sezione provinciale di Varsavia della Congregazione del Santissimo Redentore e si finanzia con le offerte dei numerosi ascoltatori. Un ruolo non di secondo piano nel foraggiare le imprese mediatiche del redentorista pare venga svolto dal miliardario polacco, attualmente residente in Paraguay, Jan Kobylanski. Quest’ultimo, già fondatore dell’Unione delle Organizzazioni e delle Associazioni Polacche dell’America Latina, è in ottimi rapporti con Rydzyk e nel 2004 è stato accusato da un giornalista di Gazeta Wyborcza, il principale quotidiano polacco, di essere stato un collaboratore dei nazisti ai tempi dell’occupazione tedesca della Polonia, motivo per il quale gli sarebbe stato negato in seguito un visto di ingresso negli Stati Uniti.

Storia di baciamano e ambiguità

Nella primavera del 2006, nel vivo delle polemiche suscitate dalle esternazioni antisemite di Michalkiewicz, l’allora nunzio apostolico di Polonia Józef Kowalczyk chiese ai vescovi del suo Paese di affrontare una volta per tutte il caso Rydzyk. Di lì a poco, la Conferenza episcopale decise di mettere sotto tutela l’esuberante redentorista e di commissariarne l’attività mediatica. In realtà, ad oggi Rydzyk è ancora il capo indiscusso di Radio Maryja e degli altri organi di informazione che le ruotano attorno, il che si spiega anche con le divisioni che attraversano l’organismo che raccoglie l’episcopato polacco. La maggior parte dei vescovi guarda di fatto con simpatia al redentorista e al suo modo di fare proselitismo coniugando abilmente contenuti arcaici e tecnologie ipermoderne, anche perché attualmente non esiste ancora una valida alternativa a Radio Maryja per portare capillarmente la voce della Chiesa cattolica, ancorché in maniera distorta e caricaturale, nelle case dei polacchi. Solo una minoranza di prelati (fra cui l’ex primate, card. Józef Glemp, e l’ex segretario di Wojtyła e attuale arcivescovo di Cracovia card. Stanisław Dziwisz) ha sempre guardato Rydzyk con diffidenza e preoccupazione.

Ma le ambiguità e le indecisioni nei confronti del redentorista sono in realtà ben più antiche del 2006, e riscontrabili anche ai massimi livelli della gerarchia ecclesiastica. Giovanni Paolo II, pur esprimendo di tanto in tanto preoccupazione per le pulsioni scismatiche periodicamente riemergenti nell’operato della «Chiesa cattolica di Torun» (secondo l’espressione talvolta utilizzata per indicare il particolare modo di intendere la fede di Rydzyk e soci), non volle mai condannare apertamente Radio Maryja, anche se le tesi propagandate sulle sue frequenze sono spesso risultate in oggettivo contrasto con il magistero ufficiale.

Non dissimile da quello del papa polacco è stato l’atteggiamento tenuto nei confronti di Radio Maryja da Benedetto XVI. Se è vero che l’ultimatum della Santa Sede e il successivo commissariamento dell’emittente sono giunti nei primi anni del pontificato di Joseph Ratzinger e a ridosso del suo primo viaggio ufficiale in Polonia, va anche ricordato che, non molti mesi dopo, nell’agosto del 2007, Rydzyk è stato ricevuto in udienza privata dal papa nella sua residenza estiva di Castel Gandolfo. L’incontro suscitò all’epoca la dura presa di posizione del Congresso ebraico europeo, che si disse «scioccato» e «attonito» nell’apprendere la notizia, tanto che la sala stampa vaticana si vide costretta a replicare prontamente con un comunicato nel quale si leggeva che a Rydzyk non era stata concessa un’udienza privata, ma un semplice «baciamano», e che l’incontro non implicava «alcun mutamento nella ben nota posizione della Santa Sede sui rapporti tra cattolici ed ebrei». In pratica, una conferma del fatto che il pontefice si era intrattenuto a conversare con un antisemita. (marco zerbino)

Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24 Fax +39 06 686.58.98 E-mail info@adista.it Sito www.adista.it



Marted́ 21 Febbraio,2012 Ore: 18:44
 
 
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