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www.ildialogo.org IO VORREI, NON VORREI, MA SE VUOI... I LEFEBVRIANI VERSO IL NO ALLA RICONCILIAZIONE CON ROMA,da Adista Notizie n. 91 del 10/12/2011

IO VORREI, NON VORREI, MA SE VUOI... I LEFEBVRIANI VERSO IL NO ALLA RICONCILIAZIONE CON ROMA

da Adista Notizie n. 91 del 10/12/2011

Da Adista Notizie n. 91 del 10/12/2011

36427. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Pare che sia giunto il momento del redde rationem tanto atteso nella questione della possibile reintegrazione nella Chiesa degli scismatici seguaci di mons. Marcel Lefebvre. Terminato infatti il periodo di valutazione, da parte di questi ultimi, del Preambolo dottrinale, l’adesione al quale è stata posta dal Vaticano quale condizione necessaria e sufficiente per essere riammessi nella comunione ecclesiale, si attende a breve il verdetto ufficiale del superiore mons. Bernard Fellay. Ufficiale, perché quello ufficioso si è già diffuso e tenderebbe a far pensare che l’offerta di Roma verrà declinata, anche se vi sono margini di manovra per correzioni ed aggiustamenti, come affermato nello stesso Preambolo, che parla di una “legittima discussione” su alcune questioni legate al Concilio Vaticano II. Di certo, così com’è, il documento “non può ricevere la nostra approvazione”, ha affermato Fellay in un’intervista sul sito ufficiale del distretto francese della Fraternità S. Pio X (28/11), e tutto dipenderà dai limiti entro i quali potrà svolgersi la discussione.

Nell’attesa di poter leggere il Preambolo - tenuto sotto chiave da settembre - che verrà in ogni caso reso pubblico nella sua versione finale alla conclusione di tutto il processo, Fellay commenta che la discrezione che lo ha circondato era necessaria sia per il carattere provvisorio del documento, sia perché «rischia di suscitare l’opposizione dei progressisti (cattolici, ndr) che non ammettono nemmeno l’idea di una discussione sul Concilio, in quanto ritengono che questo Concilio pastorale è indiscutibile o “non negoziabile”, come se si trattasse di un concilio dogmatico». L’unica dottrina ne varietur, immutabile, afferma, è il Credo, e da questo punto di vista il Vaticano II «non ha stabilito nuovi dogmi agli articoli di fede: “Credo nella libertà religiosa, nell’ecumenismo, nella collegialità…”. Non basterebbe il Credo, oggi, per essere riconosciuti come cattolici? Non esprime più tutta la fede cattolica? Si esige, ora, da coloro che abbandonano i loro errori e raggiungono la Chiesa, che professino la loro fede nella libertà religiosa, nell’ecumenismo o nella collegialità?». Se si trattasse, dunque, di aderire al solo Credo, conclude Fellay, l’adesione non comporterebbe alcuna difficoltà.

Se è evidente, quindi, che le modifiche al Preambolo che i lefebvriani intendono chiedere al Vaticano sono di carattere sostanziale, è altrettanto evidente che, a queste condizioni, il Vaticano rispedirà al mittente le richieste. Non è irrilevante, infatti, che sul sito de L’Osservatore Romano (1/12) sia comparso un articolo di risposta a Fellay – significativamente firmato dal teologo e vicario generale dell’Opus Dei, Fernando Ocáriz e intitolato «Sull’adesione al Concilio Vaticano II» – in cui si precisa che è vero che il Vaticano II non ha sancito nuovi dogmi, ma che ciò non significa che sia stato un concilio esclusivamente di carattere pastorale, dal momento che «le prospettive pastorali si basano infatti, e non potrebbe essere diversamente, sulla dottrina» e che la dottrina «è parte integrante della pastorale». Se la ragione ufficiale di tale articolo è la ricorrenza dei cinquant’anni dall’ indizione del Vaticano II (25/12/1961), non sfugge, tuttavia, la coincidenza temporale con le affermazioni di Fellay, tant’è che l’articolo ruota precisamente intorno alle critiche mosse al Concilio ultimamente, da quelle dei lefebvriani a quelle di teologi vicini ai tradizionalisti quali Brunero Gherardini e Roberto De Mattei, entrambi citati da Fellay nella sua intervista a sostegno delle proprie critiche e a dimostrazione dello scontento “diffuso” nella Chiesa nei confronti del Vaticano II ed entrambi autori di testi che contengono una critica al Concilio “da destra”.

Se, dunque, al Concilio non furono stabilite nuove verità dogmatiche, argomenta il teologo dell’Opus Dei, «il fatto che un atto del magistero della Chiesa non sia esercitato mediante il carisma dell’infallibilità non significa che esso possa essere considerato “fallibile” nel senso che trasmetta una “dottrina provvisoria” oppure “autorevoli opinioni”. Ogni espressione di magistero autentico va recepita come è veramente: un insegnamento dato da Pastori che, nella successione apostolica, parlano con il “carisma della verità” (Dei verbum, n. 8), “rivestiti dell’autorità di Cristo” (Lumen gentium, n. 25), “alla luce dello Spirito Santo” (Ibidem)». Questo carisma, questa autorità e questa luce, afferma Ocáriz, «furono certamente presenti nel Concilio Vaticano II» e negarlo «sarebbe negare qualcosa dell’essenza stessa della Chiesa». Certo, non tutte le affermazioni del Concilio «hanno lo stesso valore dottrinale e pertanto non tutte richiedono lo stesso grado di adesione»: vi sono quelle che «ricordano le verità di fede» e richiedono «l’adesione di fede teologale», quelle già proposte in precedenti interventi del magistero in atti definitivi (che richiedono un «pieno e definitivo assenso») e, infine, altri insegnamenti che «richiedono il grado di adesione denominato “ossequio religioso della volontà e dell’intelletto”». Le novità del Concilio (sacramentalità dell’episcopato, collegialità, libertà religiosa ecc.) rientrano in questa categoria. In ogni caso, prosegue il teologo, il magistero è caratterizzato da «continuità e omogeneità» nel tempo, che «non significa assenza di sviluppo»; se gli sviluppi del Vaticano II, pertanto, vanno letti alla luce di quelli precedenti, questi ultimi sanno «meglio capiti alla luce del Vaticano II». (ludovica eugenio)

Articolo tratto da
ADISTA
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Marted́ 06 Dicembre,2011 Ore: 20:48
 
 
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