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www.ildialogo.org TANTO RUMORE PER NULLA? DUBBI SULLA LETTERA ANONIMA AL CARD. VALLINI,di Agenzia Adista n. 73 - 15 Ottobre 2011

TANTO RUMORE PER NULLA? DUBBI SULLA LETTERA ANONIMA AL CARD. VALLINI

di Agenzia Adista n. 73 - 15 Ottobre 2011

36328. ROMA-ADISTA. Ha creato un piccolo terremoto in diocesi la lettera anonima, firmata “I sacerdoti di Roma”, recapitata al papa, a tutti i capi dicastero vaticani ed ai vescovi ausiliari di Roma verso la fine di settembre. La missiva contiene infatti pesanti critiche al card. Agostino Vallini – che dal 2007 ha preso il posto del card. Camillo Ruini come vicario del papa per la diocesi di Roma – tacciato di autoritarismo, inefficienza, incapacità di progettazione pastorale.

“I sacerdoti di Roma” esordiscono dichiarandosi «naufraghi» dell’«amabilità» del card. Poletti e dell’«intelligenza» del card. Ruini. Per poi chiedere al papa: «Con quale criterio ci avete mandato l’attuale vicario»? Domanda senza risposta plausibile, evidentemente, perché nel prosieguo della lettera viene sciorinata una lunga lista di accuse, divise per punti (8 in tutto), nei confronti di Vallini: si sostiene che l’«autoritarismo» del cardinal vicario sarebbe «impressionante»; che egli avrebbe esautorato sia il suo segretario generale che il rettore del seminario maggiore, sminuendone pubblicamente l’autorevolezza; che avrebbe allontanato dalla diocesi e dal seminario maggiore preti e seminaristi stranieri, impoverendo la diocesi e causando un calo di vocazioni; che vorrebbe nominare come vicegerente «un suo amico intimo che viene da Napoli» (il riferimento è a mons. Filippo Iannone, che è stato, come anche Vallini, vescovo ausiliare di Napoli ed è attualmente vescovo di Sora). A Vallini mancherebbe inoltre lo «spessore intellettuale e culturale per elaborare un progetto pastorale» per la diocesi. La situazione non migliora quando si tratta di rapporti interpersonali: l’accusa rivolta al cardinale è di trattare i preti in malo modo quando vengono ricevuti in vicariato; di essere «ossessionato dal sospetto di omosessualità» nei confronti dei preti della sua diocesi; addirittura, di umiliare i suoi preti con «trasferimenti immotivati e repentini senza alcuna giustificazione». Per tutte queste ragioni, la diocesi sarebbe ormai diventata «un luogo infelice dove non ci fidiamo più di nessuno e siamo costretti al silenzio».

La lettera, appunto perché anonima, avrebbe fatto probabilmente la fine di altre analoghe missive: ignorata e cestinata. Ma il il Messaggero ne ha dato notizia nell’edizione del 30 settembre scorso. A quel punto in Vicariato non hanno potuto più far finta di niente. E nell’edizione del 2 ottobre di Roma Sette, il settimanale diocesano allegato all’edizione romana domenicale di Avvenire, i vescovi ausiliari Armando Brambilla, Paolo Schiavon, Benedetto Tuzia, Guerino Di Tora, Giuseppe Marciante hanno pubblicato una loro risposta alla lettera anonima.

«Teniamo a precisare – scrivono i 5 vescovi nella loro breve replica – che le scelte pastorali del cardinale vicario, sottoposte puntualmente all’approvazione del santo padre, sono state sempre discusse e condivise da noi vescovi ausiliari. Allo stesso modo, la destinazione dei presbiteri ai diversi incarichi diocesani è frutto di un accurato discernimento da parte del Consiglio Episcopale. Noi vescovi ausiliari prendiamo le distanze dal giudizio negativo sulla situazione della Chiesa di Roma espresso nella lettera. Esprimiamo, al contrario, un giudizio positivo sull’operato del cardinale vicario e sui rapporti col clero romano». Le accuse, sostengono gli ausiliari, sarebbero solo frutto «del clima avvelenato di coloro che, come la zizzania della parabola evangelica, si mischiano al buon grano». Del resto, come «in tutte le comunità, anche a Roma le scelte dei pastori non sempre sono da tutti condivise, specialmente quelle che richiedono la conversione e il coraggio per un cambiamento di scelte pastorali, frutto salutare della verifica in atto, per una necessaria “nuova evangelizzazione”». In ogni caso, i vescovi ausiliari ribadiscono tutta la loro stima a Vallini «per la sua saggezza nel governare, a nome del papa, la grande diocesi di Roma»; esprimono la loro «solidarietà di fronte ad accuse infondate di chi si nasconde dietro l’anonimato, e nel contempo testimoniamo la gioia di lavorare in umiltà nella Chiesa di Roma».

Al di là dei contenuti fortemente critici e polemici e della reazione dei vescovi ausiliari, restano pesanti dubbi sull’autenticità della lettera. Meglio: sul fatto che la missiva provenga realmente da un gruppo di preti e parroci di Roma. Anzitutto per il contenuto: ci sono molti riferimenti a fatti avvenuti all’interno del Vicariato o che riguardano il Seminario Maggiore, commenti sui collaboratori di cui il card. Vallini si è circondato o critiche sui limiti caratteriali del cardinale. Notazioni più ascrivibili alla penna di un risentito esponente di Curia che di un gruppo di preti diocesani, che si sarebbero probabilmente più concentrati sui problemi pastorali della diocesi piuttosto che sul numero delle nuove ordinazioni presbiterali o sull’arrivo di qualche prelato nei posti chiave di Curia. Difficile poi, per chi abbia vissuto la realtà ecclesiale romana, immaginare che siano molti i presbiteri che si sentono “naufraghi” del card. Poletti e soprattutto del card. Ruini. Anche la firma lascia perplessi: un gruppo di preti diocesani difficilmente sarebbe ricorso all’anonimato, che è una scelta tipica di iniziative come quella recente del “corvo” vaticano (v. Adista n. 65/11). Insomma, stile e contenuti paiono totalmente estranei a quelli tipici delle iniziative “di base”: basti ricordare la celebre “Lettera ai cristiani di Roma” che 13 preti capitolini pubblicarono nel 1972 e nella quale venivano puntualmente indicate le piaghe della città (malaffare, corruzione, prostituzione nelle periferie, crisi nel settore della sanità) e le connivenze della istituzione ecclesiastica. Anche la dizione “i sacerdoti di Roma” appare piuttosto pretenziosa, perché un gruppo di preti avrebbe perlomeno evitato l’articolo determinativo, che dà alla lettera il crisma dell’unanimità tra il clero romano, assai difficile da immaginare.

Inoltre, il taglio della missiva è fortemente conservatore e fa pensare più ad un anziano ecclesiastico tradizionalista che abbia avuto risentimenti personali col card. Vallini che ad un gruppo di preti che lavorano sul territorio a contatto con la difficile realtà quotidiana della capitale. Non a caso, l’ultimo punto del lungo cahiers de doléances presentato al papa è dedicato ad una nomina, quella di mons. Luca Brandolini (già vescovo di Sora) a vicario capitolare di San Giovanni, aspramente criticata solo perché Brandolini si è mostrato contrario al Motu Proprio Summorum Pontificum, il documento di Ratzinger che ha ripristinato il messale tridentino.

Infine, va sottolineato che tra i presbiteri romani la lettera è stata accolta con freddezza e fastidio. Generalmente, infatti, il clero romano riconosce al card. Vallini maggiore disponibilità rispetto a chi lo ha preceduto. E qualche apertura, manifestatasi attraverso alcune nomine. Non mancano ovviamente riserve e rilievi critici sull’operato del cardinal vicario. Ma è comune la convinzione che una iniziativa come quella della lettera anonima non possa che produrre effetti negativi, alimentando proprio quel clima di sospetto e paura che “i sacerdoti di Roma” pretenderebbero di dissipare. Del resto, che Vallini abbia accolto la lettera con disappunto e irritazione non è un mistero. Il rischio, ora, è che l’irritazione si tramuti in diffidenza. E che in diocesi venga congelato ogni tentativo di cambiamento e di apertura. (valerio gigante)

Articolo tratto da
ADISTA
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Marted́ 11 Ottobre,2011 Ore: 16:41
 
 
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