- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (285) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org Crisi chiese: La rassegna stampa del 03/10/2011,

Crisi chiese: La rassegna stampa del 03/10/2011

Articoli vari ripresi dalla stampa italiana su Vaticano e chiese cristiane


Formigoni e altri otto politici della destra cattolica e PDL difendono grottescamente Berlusconi accusando i "laicisti"

Formigoni e altri otto politici della destra cattolica e PDL difendono grottescamente Berlusconi accusando i "laicisti"
I nove, clericali, papalini e supponenti, hanno scritto una lettera aperta a Bagnasco per interpretarlo a favore di Berlusconi contro l'evidenza dei fatti. E non mancano di fare una sparata contro "gli alfieri del laicismo più sprezzante". E l'Avvenire pubblica la lettera senza commenti. Leggi la lettera 
 
30 Settembre 2011 Eminenza Reverendissima,Le scriviamo innanzitutto per condividere la preoccupata analisi a tutto campo che Lei ha svolto nella sua ultima prolusione, in un momento storico delicato per il nostro paese e per la comunità internazionale, colpita dalla crisi economica e tormentata da guerre ancora in atto. Una riflessione che deve far riflettere innanzitutto la classe dirigente, coloro che hanno responsabilità nella gestione della cosa pubblica. È palpabile, da qualche tempo, “un’insicurezza che si va cristallizzando, e finisce per prendere una forma apprensiva dinanzi al temuto dileguarsi di quegli ancoraggi esistenziali per i quali ognuno si industria e fatica, essendo essi ragione di una stabilità messa oggi in discussione, per cause in larga misura non dipendenti da noi”.Anche per questo le immagini della giornata mondiale della gioventù di Madrid sono state un conforto, che ci ha riempito il cuore di speranza, per i tanti giovani che si sono raccolti attorno a Benedetto XVI.Ma questa è stata soprattutto l’estate in cui la crisi ha dato segni di “pericolosa recrudescenza”. Abbiamo tutti ben presenti le difficoltà fra le quali abbiamo cercato di fronteggiare il morso speculativo che si è concentrato ultimamente sulle nazioni ad alto debito pubblico. Difficoltà dovute anche ad egoismi corporativi, per i quali non è possibile rinunciare a niente di quanto già ottenuto, e per i quali ogni sacrificio è buono, purché riguardi gli altri.Nel nostro agire politico, uno dei punti di riferimento è sempre stato quello che Benedetto XVI indica con felice sintesi nella Caritas in veritate, quando afferma che la questione sociale è diventata radicalmente antropologica; che senza andare alla radice, senza affermare la centralità della persona sin dalla sua origine, senza fissare il diritto alla vita come inalienabile non può esserci solidarietà, considerazione dell’altro, anelito alla giustizia. Nel Pdl, pure composto da diverse culture, c’è una convergenza comune su questa analisi: si vuole conservare quella che Giovanni Paolo II definì "eccezione italiana", quell’orientamento che investe e forma anche l’azione di tanti che non si professano credenti, e però condividono una cultura e una visione antropologica cristiana, che nel nostro paese ha radici profonde e solide. Ne è testimonianza l'impegno per affermare nella dimensione pubblica i principi non negoziabili che attengono alla persona e alla sua centralità, dal concepimento al naturale tramonto, dall'affermazione di un'identità che si fondi su una tradizione e ne riconosca i simboli, alla costruzione di un modello socio-economico sensibile alla sussidiarietà ed efficace nei confronti delle situazioni di fragilità.Non vogliamo tuttavia nasconderci dietro a un dito: ci rendiamo conto che alcuni comportamenti personali, pur mai esibiti, ma diventati clamorosamente pubblici grazie a un’intrusione violenta nel privato, sono sottoposti al giudizio pubblico; sappiamo che la Chiesa non può esimersi dal giudicare, e naturalmente lo fa secondo la dottrina e la morale cristiana. Abbiamo a maggior ragione apprezzato le considerazioni sulla magistratura, proposte già nella precedente prolusione e oggi sottolineate con maggior forza: “l’ingente mole di strumenti di indagine messa in campo” nei confronti di un’unica persona, “quando altri restano indisturbati”. Il che non significa limitarsi a stigmatizzare determinati trattamenti "ad personam": significa, piuttosto, mettere in guardia dal danno irreparabile che la supina e legittimante accettazione di una violazione sistematica delle regole potrebbe cagionare allo stesso Stato di diritto, patrimonio condiviso di una comunità nazionale e soprattutto, come ha evidenziato Benedetto XVI nel suo discorso al Parlamento tedesco, proiezione terrena della capacità di distinguere fra il bene e il male.Vogliamo inoltre far notare che quando la Chiesa parla di “comportamenti licenziosi e relazioni improprie”, di “pansessualismo” e relativismo etico, il suo invito va accolto considerandone il significato e il valore a tutto tondo. Non possiamo accettare che siano gli alfieri del laicismo più sprezzante, chi abitualmente dileggia la morale sessuale cattolica e vorrebbe una Chiesa muta e intimidita, a plaudire oggi alle parole dei vescovi italiani, utilizzate strumentalmente e applicate in modo unilaterale, con esclusivo riferimento al Presidente del Consiglio. Non accettiamo quindi che giudizi violenti e definitivi vengano da altre cattedre, che si sono sempre contraddistinte per il doppio peso con cui hanno giudicato e continuano a giudicare la Chiesa a seconda della convenienza politica.Non sappiamo quanto di tutto questo immenso polverone rimarrà, dal punto di vista giudiziario. Sappiamo però che anche questo è un immenso polverone che ammorba l’aria, confonde le priorità e annebbia il giudizio di tanti.(Tratto dal quotidiano Avvenire ) 

"Noi siamo Chiesa", firmato Ratzinger

Per la prima volta da quando è papa, Benedetto XVI ha citato e criticato in pubblico il movimento di opposizione ecclesiale più diffuso e attivo nei paesi di lingua tedesca. L'ha fatto in un discorso a braccio ai seminaristi di Friburgo. Ecco le sue parole

di Sandro Magister

ROMA, 30 settembre 2011 – Rarissime volte, nei discorsi e nelle omelie del suo recente viaggio in Germania, Benedetto XVI si è distaccato dal testo scritto.

La battuta che ha improvvisato parlando al Bundestag, il 22 settembre a Berlino, è quella che ha colpito di più.

Nel citare Hans Kelsen, filosofo del diritto, che nel 1965, a 84 anni, cioè alla sua stessa età, aveva sostenuto una certa tesi, il papa ha aggiunto a braccio, sorridendo: "Mi consola il fatto che, evidentemente, a 84 anni si sia ancora in grado di pensare qualcosa di ragionevole!".

*

Tuttavia, tra i diciotto discorsi tenuti da Benedetto XVI nei quattro giorni passati in terra tedesca, ce n'è uno nel quale egli non ha letto alcun testo preparato in anticipo. E il cui contenuto è stato messo per iscritto e reso pubblico solo dopo il ritorno a Roma del papa.

È il discorso che egli ha rivolto ai seminaristi nella cappella di San Carlo Borromeo del seminario di Friburgo in Brisgovia, nel pomeriggio di sabato 24 settembre.

Ai candidati al sacerdozio Benedetto XVI ha sempre dedicato una particolare cura.

Ai seminaristi di tutto il mondo ha rivolto un anno fa, il 18 ottobre del 2010, una delle sue lettere aperte più toccanti, con passaggi autobiografici relativi alla sua gioventù:

> "Cari seminaristi, nel dicembre 1944..."

Riflettendo su questa lettera, i seminaristi di Friburgo avevano inviato al papa una loro risposta, che Benedetto XVI, incontrandoli, ha definito "bella" e "seria".

Il discorso a braccio rivolto dal papa ai seminaristi di Friburgo il 24 settembre è stata la prosecuzione di questo dialogo.

La sua trascrizione integrale, tradotta in sei lingue dall'originale tedesco, è nel sito web del Vaticano:

> "È per me una grande gioia poter incontrarmi..."

Come tutti i suoi discorsi pronunciati a braccio, anche questo consente di penetrare in modo diretto nel pensiero di papa Joseph Ratzinger e in ciò che più gli sta a cuore.

Ma c'è in esso un passaggio che merita di essere evidenziato.

È il paragrafo in cui Benedetto XVI ragiona sul nome – "Noi siamo Chiesa" – del movimento di contestazione ecclesiale più diffuso e più attivo nei paesi di lingua tedesca, mobilitatosi con speciale intensità all'approssimarsi del terzo viaggio del papa in Germania:

"Soltanto nel 'noi' possiamo credere. A volte dico: san Paolo ha scritto: 'La fede viene dall’ascolto', non dal leggere. Ha bisogno anche del leggere, ma viene dall’ascolto, cioè dalla parola vivente, dalle parole che gli altri rivolgono a me e che posso sentire; dalle parole della Chiesa attraverso tutti i tempi, dalla parola attuale che essa mi rivolge mediante i sacerdoti, i vescovi e i fratelli e le sorelle. Fa parte della fede il 'tu' del prossimo, e fa parte della fede il 'noi'. E proprio l’esercitarsi nella sopportazione vicendevole è qualcosa di molto importante; imparare ad accogliere l’altro come altro nella sua differenza, ed imparare che egli deve sopportare me nella mia differenza, per diventare un 'noi', affinché un giorno anche nella parrocchia possiamo formare una comunità, chiamare le persone ad entrare nella comunanza della Parola ed essere insieme in cammino verso il Dio vivente. Fa parte di ciò il 'noi' molto concreto, come lo è il seminario, come lo sarà la parrocchia, ma poi sempre anche il guardare oltre il 'noi' concreto e limitato al grande 'noi' della Chiesa di ogni luogo e di ogni tempo, per non fare di noi stessi il criterio assoluto. Quando diciamo: 'Noi siamo Chiesa', sì, è vero: siamo noi, non qualunque persona. Ma il 'noi' è più ampio del gruppo che lo sta dicendo. Il 'noi' è l’intera comunità dei fedeli, di oggi e di tutti i luoghi e tutti i tempi. E dico poi sempre: nella comunità dei fedeli, sì, lì esiste, per così dire, il giudizio della maggioranza di fatto, ma non può mai esserci una maggioranza contro gli apostoli e contro i santi: ciò sarebbe una falsa maggioranza. Noi siamo Chiesa: siamolo! Siamolo proprio nell’aprirci e nell’andare al di là di noi stessi e nell’esserlo insieme con gli altri!".

Come si può notare, Benedetto XVI ha fatto leva sul nome di "Noi siamo Chiesa" per rovesciarne però il significato: da un "noi" separato e contrapposto a un "noi" che abbraccia la Chiesa "di tutti i luoghi e tutti i tempi".

Il movimento "Noi Siamo Chiesa" si è costituito nel 1995 con una raccolta di firme in appoggio a un "Appello del Popolo di Dio" nel quale si proponevano l'elezione democratica dei vescovi, gli ordini sacri alle donne, l'abbattimento della divisione tra clero e laicato, l'eliminazione dell'obbligo del celibato per il clero, una nuova morale della sessualità, eccetera. La raccolta delle firme, arrivate a due milioni e mezzo, ha avuto inizio in Austria e successivamente si è estesa a Germania, Italia, Spagna, Stati Uniti, Olanda, Belgio, Francia, Inghilterra, Portogallo, Canada. Al primo documento ne sono seguiti numerosi altri. Tuttora l'epicentro di "Noi siamo Chiesa" è in Austria e Germania, con vasto seguito tra il clero, con una certa capacità di pressione sugli stessi vescovi e con un alone di simpatia in diversi seminari.

Salvo errore, questa è la prima volta in cui Joseph Ratzinger, da papa, ha citato "Noi siamo Chiesa" in un discorso pubblico.

http://www.ilmessaggero.it/

Inchiesta sui corvi in Vaticano
caccia ai parroci anti-Vallini

di Franca Giansoldati

ROMA - In Vaticano è scattata l’indagine. Chi si nasconde, stavolta, dietro l’anonimato assumendo le sembianze di un corvo?

Di lettere anonime al di là del Tevere - così come in Vicariato o all’indirizzo di Villa Giorgina, a via Po, dove ha sede la nunziatura e dove si preparano le terne dei candidati all’episcopato - ne arrivano parecchie. La tentazione di far arrivare al Papa o ai vertici della Santa Sede messaggi non firmati contenenti informazioni o giudizi (ma spesso vere e proprie calunnie) su questo o quel prelato nel tentativo di sbarrargli la strada a una promozione o per metterlo in cattiva luce presso i superiori, è in aumento. Il fenomeno - tutt’altro che nuovo - sembra che ultimamente abbia preso una piega un po’ preoccupante a giudicare dagli ultimi due casi eclatanti, il primo relativo alla lettera anonima indirizzata poco meno di un mese fa al Segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, piena zeppa di riferimenti offensivi e minacce di morte, e l’ultima contro il cardinale Agostino Vallini, vicario della diocesi capitolina, firmata genericamente i «Sacerdoti di Roma».

Al di là del Tevere ora si riflette sul perché vengono presi di mira i principali collaboratori del Pontefice e perché su di loro si sta abbattendo una campagna denigratoria senza precedenti.
Ora sarà la Gendarmeria prendere la situazione in mano e cominciare a indagare sull’origine della nuova lettera anonima, nel tentativo di capire da dove è partita, chi c’è dietro, se si tratta di una sola mano o se è stata pensata da più persone, se sussiste un filo conduttore che collega entrambe le missive oppure se non vi sono legami di sorta. Sospetti e veleni.

Fare luce su questo brutto costume non sarà facile, né arrivare al mittente. «Un po’ come trovare un ago in un pagliaio» sono le osservazioni che si raccolgono qui e là. Traspare molta amarezza per il nuovo episodio ritenuto sgradevole nella forma e nella sostanza. Nessuno però se la sente di commentare: esiste davvero un disagio così profondo all’interno del clero romano, come traspare dalla missiva al vetriolo contro il cardinale Vallini al quale viene imputata una gestione giudicata eccessivamente accentratrice, al limite del «militaresco»? I veleni sembrano carsici e chissà da dove provengono. In curia chi ha la memoria lunga e grande esperienza ricorda che anche agli inizi degli anni Novanta circolavano lettere anonime ma erano di tutt’altro genere. Fece scalpore, strappando molte risate, l’analisi caricaturale sui vizi dei prelati in carriera. L’anonimo corvo dell’epoca, a differenza di quelli più recenti, era dotato di grande humor. Aveva suddiviso in tre grandi categorie i preti della Segreteria di Stato a seconda di come leggevano il breviario o dal cantante pop che preferivano.
C’era il «monsignore yuppie», che giocava a tennis, si manteneva in forma andando in palestra, indossando nel tempo libero la Lacoste. C’era il «tradizionalista» che non amava le mode e si faceva pellegrino a Medjugorie (ma senza farlo sapere ai superiori dato che quel santuario è ancora «irregolare»); infine il monsignore «intellettuale», vegetariano, che citava Adorno e Wittgenstein, amava Sting e i film di Woody Allen.
La velina allora circolava in tutti gli uffici strappando risate persino all’allora Segretario di Stato, Angelo Sodano. Altri tempi. Niente a che vedere con le lettere di questo ultimo periodo, grondanti arsenico. Ecco perché in Vaticano vorrebbero saperne di più.  

<

http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/11_settembre_30/san-raffaele-retroscena-schiaffo-procura-vaticano-1901683035720.shtml

il retroscena

San Raffaele, lo schiaffo della Procura
agli uomini del Vaticano

Un documento riservato e il ruolo di don Verzé

MILANO - Ora che arriva lo schiaffo della Procura e che un documento riservato racconta come sono stati nominati gli uomini della Santa Sede nel San Raffaele, è ancor più un mistero la ragione per cui il Vaticano si sia infilato nella missione di salvataggio di don Luigi Verzé. L'operazione, a quel che si dice, era avallata dal segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone. Ma è vista con sempre più freddezza dalle alte sfere vaticane. Con l'arrivo del nuovo arcivescovo di Milano, Angelo Scola, la priorità sembra essere la «pacificazione» dell'Istituto Toniolo, porta d'ingresso all'Università Cattolica e al Policlinico Gemelli, sul cui controllo si sono scontrate le varie anime delle gerarchie ecclesiastiche.

L'affare San Raffaele si tinge subito di rosso e di tragedia con il suicidio (18 luglio) di Mario Cal, braccio destro di don Verzé. Un fatto che spalanca le porte alla magistratura. E già si sussurrava di presunte tangenti a uomini politici, del «nero» con i fornitori, di possibili disponibilità estere. I pm Luigi Orsi e Laura Pedio danno tempo fino al 15 settembre per un piano serio e concreto di salvataggio altrimenti minacciano il fallimento. Il 15 arriva sul tavolo della Procura un progetto Ior (banca vaticana)-Malacalza (imprenditori genovesi vicini al cardinal Bertone) che prevede 250 milioni cash. Però è una bozza zoppa: manca il sigillo degli esperti che devono dire se quel progetto è davvero in grado di salvare il San Raffaele. Ci vuole tempo. La Fondazione Monte Tabor, al vertice del gruppo, dice che presenterà il concordato (di cui il piano è presupposto essenziale) entro il 10 ottobre. Ma ogni giorno in più fa la differenza: le banche stanno facendo «saltare» uno dopo l'altro i fornitori che da mesi, se non da anni, aspettano i soldi.

Eppure il 23 marzo don Verzé aveva dichiarato urbi et orbi che era una nuvoletta passeggera, che entro aprile tutto è risolto e che i fornitori saranno pagati fino all'ultimo euro. Bugia della speranza. A giugno si presenta con i soldi in mano l'imprenditore della sanità Giuseppe Rotelli a capo del gruppo San Donato. Respinto a favore delle promesse d'Oltretevere. E ora i «vaticani» si sentono dire dal procuratore capo Edmondo Bruti Liberati che il fallimento viene chiesto anche per «arrestare ulteriori dissipazioni patrimoniali». Ulteriori? Ma non è in mano loro la gestione? La risposta è sì. Andiamo a vedere chi è formalmente il «mandante». Il documento è un verbale dell'Associazione Monte Tabor, consiglio di amministrazione dell'8 luglio scorso. Ordine del giorno: «Presa d'atto delle dimissioni dei consiglieri della Fondazione Monte Tabor e nomina del nuovo consiglio di amministrazione».

L'associazione è la culla del potere del San Raffaele, riunisce i Sigilli, ovvero la cerchia ristretta (10-15 membri) dei fedelissimi di don Verzé che vivono in comunità in una bella cascina a fianco dell'ospedale. I soci dell'associazione sono di più ma misteriosi. È in quella riunione che vengono nominati «a norma - si legge - dell'articolo 5 dello statuto della Fondazione Monte Tabor», i sei nuovi consiglieri (Giuseppe Profiti, Ettore Gotti Tedeschi, Vittorio Malacalza, Giovanni Maria Flick, Massimo Clementi, Maurizio Pini) e don Verzé indicato ancora come presidente. Così il 15 luglio, sette giorni dopo, nominati da don Verzé e dai suoi Sigilli, entrano gli uomini della Santa Sede. Nessuno finora ha pensato di modificare lo statuto. Anche perché per farlo occorrerebbe «il parere favorevole dell'Associazione Monte Tabor». Cioè di don Verzé. Alla fine il tappo è lì. E quelli del Vaticano hanno ricevuto il potere da quelli della Cascina.

Mario Gerevini e Simona Ravizza

http://www.ilsecoloxix.it/p/imperia/2011/09/30/AOMLOy8-vescovo_manovra_chiesa.shtml

Parrocchie in crisi

Conti della Chiesa in rosso,
il vescovo vara la “manovra”

Giorgio Bracco

Una sorta di Finanziaria per fronteggiare la crisi

Imperia - Crisi economica, donazioni ed elemosine in calo, lievitazione dei costi di restauro e manutenzione di chiese, parrocchie e santuari, oltre ai tagli “romani” (nel caso leggi Vaticano), costringono diocesi e curia a correre ai ripari. Il vescovo di Albenga-Imperia, monsignor Mario Oliveri, con l’aiuto dell’economo diocesano, ha così varato una sorta di “finanziaria” diocesana. Un “pacchetto” di iniziative, programmi e novità - anche e soprattutto contabili - che avranno come obiettivo il risanamento e il consolidamento dei conti e delle casse delle oltre 160 parrocchie disseminate nella diocesi ingauno-imperiese. Tra le più importanti e originali si segnalano: l’introduzione di uno speciale software informatico destinato ai parroci per tenere la contabilità in modo semplice, ordinato e trasparente e produrre i bilanci annuali preventivi e consuntivi. Documenti, questi ultimi, che diventeranno fondamentali per applicare un’altra grossa novità. «Il calcolo dei contributi con il prossimo anno 2012 – ha annunciato Don Tonino Suetta, economo diocesano, durante il suo intervento all’assemblea dei parroci nella recente “Tre giorni per il Clero” - verrà effettuato non più sulla base del numero di abitanti, come avveniva fino ad oggi, ma - invece - attraverso un calcolo percentuale sulle risultanze di bilancio dedotte le spese straordinarie». Eliminato, dunque, il cosiddetto “contributo a Diocesi”, calcolato a priori e fisso. Il nuovo meccanismo di calcolo sul bilancio effettivo della parrocchia sarà «una grande scommessa sulla capacità del presbiterio e dei fedeli di concepire la vita economica della chiesa locale, non in termini di proprietà privata, ma di tessuto di comunione». «Spesso ci limitiamo ad affrontare le situazioni come capitano - ha poi aggiunto o Don Tonino - questo atteggiamento ci crea non poche difficoltà che si manifestano come gestione delle urgenze, affrontate con il ricorso a fonti di finanziamento straordinarie. Sovente si tratta o di indebitamento bancario o della vendita di immobili».

Le altre novità che la diocesi introdurrà nell'amministrazione contabile delle parrocchie e delle chiese ponentine, riguardano il Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici, fondamentale per pianificare e redigere i bilanci («spesso i membri vengono scelti in fretta e con la cautela che non diano troppo disturbo, senza cercare che siano davvero rappresentativi dell’intera comunità, sia per età che per ambito di vita», ha stigmatizzato don Tonino), la consegna a parroci e sacerdoti di dvd e opuscoli sul sistema aggiornato dell’8x1000 da utilizzare per promuovere la consapevolezza e la partecipazione dei fedeli verso questa causa. «Nelle nostre parrocchie – ha ricordato infine don Tonino – introdurremo dei bussolotti denominati “la decima dei pastori”: collocheremo in fondo alla chiesa un contenitore appunto finalizzato a raccogliere offerte per il sostentamento del clero».

Ultima novità: a partire da ottobre, ogni lunedì mattina presso l’Ufficio Amministrativo diocesano, sarà operativo uno sportello unico, con la presenza di tecnici qualificati, per gli interventi di restauro e manutenzione di chiese e parrocchie. Secondo i dati del sito www.8permille.it, la diocesi di Albenga-Imperia ha ricevuto - nel 2010 - 907 mila euro (559 mila per esigenze di culto e pastorale, 348 mila per interventi caritativi). Alla diocesi di Ventimiglia-Sanremo sono andati circa 895 mila euro.



Luned́ 03 Ottobre,2011 Ore: 15:04
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Crisi chiese

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info