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www.ildialogo.org LEFEBVRIANI: IN VATICANO SI TRATTA. LA RESA,da Agenzia ADISTA

LEFEBVRIANI: IN VATICANO SI TRATTA. LA RESA

da Agenzia ADISTA

36291. ROMA-ADISTA. Una piena riconciliazione con i lefebvriani, a condizione che questi sottoscrivano un breve “Preambolo dottrinale” che potrebbe non contemplare nemmeno l’adesione al magistero del Concilio Vaticano II: è quanto offre il Vaticano ai seguaci di mons. Lefebvre, dal 1988 esclusi dalla comunione ecclesiale per le loro posizioni ultra-tradizionaliste, come emerge dall’incontro di due ore svoltosi il 14 settembre (v. Adista n. 55/11) tra il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede card. William Levada, il segretario mons. Luis Ladaria, e il presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, mons. Guido Pozzo, per parte vaticana, e mons. Bernard Fellay, superiore dei lefebvriani della Fraternità S. Pio X, accompagnato dal primo e secondo assistente generale, Niklaus Pfluger e Alain-Marc Nély. Se Fellay accettasse l’offerta – una risposta è attesa entro qualche mese – la Fraternità potrebbe godere della reintegrazione nella Chiesa cattolica ottenendo una “prelatura personale”, una sorta di diocesi senza territorio in cui l’autorità episcopale è esercitata sulle persone appartenenti al movimento, come quella concessa all’Opus Dei.

Peraltro, che cosa affermi precisamente il “Preambolo” che gli scismatici dovrebbero firmare non è dato saperlo: il suo contenuto è riservato, ha spiegato il direttore della Sala Stampa p. Federico Lombardi; ciò che è noto, tuttavia, è che esso – si legge nel comunicato emesso dopo l’incontro – «enuncia alcuni principi dottrinali e criteri di interpretazione della dottrina cattolica, necessari per garantire la fedeltà al Magistero della Chiesa e il sentire cum Ecclesia, lasciando nel medesimo tempo alla legittima discussione lo studio e la spiegazione teologica di singole espressioni o formulazioni presenti nei documenti del Concilio Vaticano II e del Magistero successivo». C’è da chiedersi, quindi, che ne sarà dell’accettazione del Concilio Vaticano II e del magistero dei papi da Giovanni XXIII in poi, che i lefebvriani si ostinano a non voler riconoscere, e che il Vaticano ha sempre imposto come condizione necessaria per la loro reintegrazione (v. Adista nn. 108/09 e 17/11); nonché quale significato assuma la concessione agli scismatici di una «legittima discussione» su formulazioni ed espressioni del Vaticano II: una frase tanto più ambigua dal momento che l’offerta da parte del Vaticano – secondo quanto si apprende dal comunicato – intende tenere in considerazione le «preoccupazioni» e le «istanze» presentate dai lefebvriani «in ordine alla custodia dell’integrità della fede cattolica» rispetto a un Concilio Vaticano II giudicato come momento di rottura rispetto alla Tradizione.

Un dialogo tra sordi?

Il sospetto è che l’eventuale raggiungimento di un accordo rappresenti un’arretramento da parte del Vaticano, poiché i due anni di colloqui fin qui svolti dalla Santa Sede con i rappresentanti della Fraternità non hanno sortito alcun riavvicinamento quanto ai punti di disaccordo più controversi: il concetto di tradizione, la continuità del Vaticano II con la tradizione dottrinale cattolica, l’unità della Chiesa, l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, la libertà religiosa. «Questi colloqui, che avevano l’obiettivo di esporre e approfondire le difficoltà dottrinali essenziali sui temi controversi – afferma diplomaticamente il comunicato della Sala Stampa vaticana – hanno raggiunto lo scopo di chiarire le rispettive posizioni e relative motivazioni».

Del resto, di segnali di apertura al dialogo con Roma non c’è stata l’ombra, in quest’ultimo periodo: basta pensare alla pubblicazione, un anno fa, del libro L’Étrange Théologie de Benoît XVI di mons. Bernard Tissier de Mallerais, teologo della Fraternità nonché uno dei quattro vescovi lefebvriani cui Ratzinger, nel 2009, tolse la scomunica (v. Adista n. 10/09), il quale critica radicalmente (da destra, ovviamente) il magistero dell’attuale papa. Basta pensare anche alla posizione ostile assunta nei confronti della beatificazione di Giovanni Paolo II nel maggio scorso: in un dossier sul tema, l’abate Patrick de La Rocque – uno dei partecipanti ai “colloqui” in Vaticano – si chiedeva se «le tracce lasciate da questo papa che ha voluto fare del suo pontificato un’immagine vivente del Concilio Vaticano II sono quelle che la Chiesa di oggi e di domani dovrà seguire per uscire vittoriosa e più grande dalla crisi che attraversa». «A noi non sembra», concludeva.

Ancora il 15 agosto, in occasione di una conferenza tenuta a Saint-Malo, in Normandia, Fellay ribadiva la sua posizione granitica contro il Vaticano II: «Perché la Fraternità possa pretendere un riconoscimento canonico – ha detto – deve riconoscere il Concilio e accettarne tutte le riforme, insieme al magistero di tutti i papi dopo il Concilio. Cosa molto pesante, poiché sanno perfettamente che noi non accetteremo mai di seguire una tale via». Addirittura due giorni prima dell’incontro con Levada a Roma, l’abate Régis de Cacqueray, superiore del distretto francese della Fraternità, inveiva, con l’esplicito benestare di Fellay, contro il prossimo incontro interreligioso di Assisi, in programma per il 26 e 27 ottobre , con un lungo documento intitolato «La ripetizione dello scandalo di Assisi»: il papa che presiederà quella riunione, scriveva, «non sarà il capo della Chiesa cattolica ma il capo di una ‘Chiesa’ dell’Onu, un primus inter pares di una religione di tutte le religioni, essenzialmente identica al culto massonico del Grande Architetto dell’universo». «Non è questa forse – si chiedeva – una perversione satanica della missione di Pietro?».

Insomma, se la Fraternità non si sposta di un millimetro dalle sue posizioni scismatiche, il Vaticano pare invece disposto a pagare un alto prezzo in nome di una “unità” che, a questo punto, sarebbe evidentemente solo formale. Paradossalmente lo sarebbe anche, a quanto emerge da un réportage del quotidiano cattolico francese La Croix (13/9), per numerosi tradizionalisti lontani dai toni violenti contro il papa: in molti hanno mal digerito, ad esempio, la caricatura comparsa in un bollettino parrocchiale di una comunità francese, che dipinge il papa ad Assisi accanto a Satana: una caricatura già pubblicata nel 1986, in occasione del primo incontro interreligioso, e nella quale si è solo sostituito Ratzinger a Wojtyla.

La fedeltà strabica del popolo lefebvriano

Una posizione equilibrista, dunque, quella che in questo momento molti seguaci di Lefebvre – la maggior parte, secondo La Croix ­– stanno mantenendo: una fedeltà indefettibile alla Fraternità (che porta avanti la «buona battaglia», quella che vuole condurre Roma alla vera fede cattolica che si è persa con il Vaticano II), ma allo stesso tempo un grande senso di disagio nei confronti dell’ostilità al papa. 

Tuttavia, per gli “irriducibili” una riconciliazione di facciata sarebbe inammissibile, perché tradirebbe l’eredità di mons. Lefebvre: «Se mons. Fellay firmasse un accordo che liquidasse la dottrina, cosa che mi stupirebbe molto, molti preti se ne andrebbero e io con loro», spiega un seguace.

Ora, quindi, non resta che attendere la risposta di Fellay al “Preambolo dottrinale”, risposta che, data la forte divisione interna, non potrà prescindere da una consultazione con gli altri membri della comunità, come ha detto lo stesso superiore in un’intervista all’organo di informazione dei tradizionalisti Dici (14/9). Riguardo all’ostacolo dell’accettazione del Vaticano II, Fellay ha detto: «Quando, il 15 agosto scorso, ho detto che noi siamo d’accordo sul fatto che non siamo d’accordo sul Concilio Vaticano II, ho anche tenuto a precisare che quando si tratta di dogmi, come quello della SS. Trinità, siamo evidentemente d’accordo allorché lo troviamo richiamato nel Vaticano II». Questa distinzione tra dogmi e “elementi negoziabili” c’è ma, puntualizza Fellay, «per dovere di obiettività, devo riconoscere che nel Preambolo Dottrinale non si trova una distinzione netta fra il dominio dogmatico intangibile e il dominio pastorale soggetto a discussione». In ogni caso, conclude, posso assicurare che la nostra decisione sarà presa per il bene della Chiesa e delle anime». (ludovica eugenio)

Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24 Fax +39 06 686.58.98 E-mail info@adista.it Sito www.adista.it



Marted́ 20 Settembre,2011 Ore: 07:35
 
 
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