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Crisi chiese
Austria e Irlanda contro il Vaticano

Articolo tratto dal sito: http://www.iljournal.it/

In nuovo Martin Lutero si chiama Helmut Schüller, è lui il portavoce del movimento “Pfarrer-Initiative” che ha redatto l’“Appello alla disobbedienza” firmato già da 300 sacerdoti austriaci. Il manifesto mette in discussione i cardini della dottrina cattolica per proporre una chiesa nuova, svecchiata e capace di stare al passo con la modernità.

Naturalmente il dialogo auspicato dai preti austriaci non è assolutamente accolto da Roma, che come unica risposta propone l’out-out: “Chi pensa che Roma abbia preso una strada sbagliata dovrebbe trarne le dovute conseguenze, e cioè non camminare più sulla via della chiesa romana”. Questo ha dichiarato Egon Kapellari, vice presidente della conferenza episcopale che afferma di temere per l’identità e l’unità della chiesa cattolica.

L’ “appello alla disobbedienza” è stato ufficialmente lanciato il 19 giugno 2011 e i motivi che hanno spinto i sacerdoti a prendere posizioni così dure contro la curia sono diverse. Innanzi tutto il mal riuscito tentativo del cardinale Christoph Schönborn, presidente della Conferenza Episcopale austriaca e arcivescovo di Vienna, di insabbiare e denominare “chiacchiericcio” lo scandalo pedofilia. Questo suo atteggiamento non è stato condiviso dallo stesso papa, dai preti e soprattutto dai fedeli. Questi ultimi, tra l’altro, stanno letteralmente abbandonando le parrocchie mettendole anche in seria difficoltà economica. Come è facile immaginare le pecorrelle smarrite si allontanano anche dalla cassetta delle offerte.

Per far fronte a questa crisi di credibilità, i preti autriaci stanno tentando la via della “disobbedienza” per smarcarsi dalle posizioni della Chiesa Cattolica Romana. Non si tratta certo di noglobal, ma le proposte messe in campo fanno sicuramente rabbrivideire Roma.

Cosa propongono i “disobbedienti”:
1-Una riforma della Chiesa in cui la libertà individuale e la libertà di coscienza siano un gradino sopra l’obbedienza al Papa. Per riuscire nella realizzazione invocano l’intercessione divina: «Reciteremo in futuro in ogni messa una preghiera per la riforma della Chiesa».

2-Libertà di pensiero e di parola. Nell’appello scrivono: “Davanti a Dio c’è libertà di parola”. La Chiesa Cattolica ha sempre fatto delle parole un suo punto di forza. Roma è stata sempre in grado di “vestire” le parole di significati che lei le attribuiva e che la comunità dei fedeli ha solo dovuto accettare. Possedendo le parole e indicando i loro significati, la religione cattolica si è spesso eretta e giudice universale del bene e del male. Questo è l’atteggiamento che viene contestato dichiarando “libertà di parola”.

3-Concedere la comunione a divorziati, risposati, membri di altre chiese cristiane e ai cattolici che hanno abbandonato la chiesa. Gli austriaci auspicano una comunità inclusiva e non esclusiva capace di accoglienza e pariteticità.

4-Proprio per eliminare il piedistallo sul quale il prete si erige propongono un’ “eucarestia senza prete” così da poter far responsabilizzare e rendere autonomi i fedeli.

5-“Un nuovo modello di prete“. Il movimento”Pfarrer-Initiative” propone il sacerdozio femminile, l’abbandono del celibato per i sacerdoti che diventerebbero degli amministratori a tempo parziale o a tempo pieno.

Pare quasi di respirare l’aria del 1517, anno in cui Martin lutero, con i suoi studenti affisse sulle porte della cattedrale di Wittenberg, le sue 95 tesi. Oggi le tesi sono meno, ma il nome è rimasto lo stesso: “riforma”.

Se Roma piange, Dublino non ride.

Porta la data del 21 luglio il discorso in Parlamento di Enda Kenny, premier irlandese. Il discorso è stato un vero e proprio attacco sferrato contro il Vaticano, i motivi delle dure critiche prendono le mosse da uno dei temi che hanno scatenato le proteste Austriache: la pedofilia. In particolare il parlamento irlandese, per bocca di Kenny, ha accusato il Vaticano del tentativo di insabbiare, nascondere e non prendere le giuste misure contro gli abusi sessuali commessi dai sacerdoti, pur essendo a conoscenza degli episodi di pedofilia avvenuti nella diocesi di Cloyone per 13 anni (dal 1996 al 2009). Questo atteggiamento ha portato altri bambini ad essere potenzialmente vittime di abusi.

Il discorso del premier irlandese ha espresso tutta la rabbia e l’indignazione non solo della sua parte politica, anche il capo dell’opposizione, Michael Martin, ha condiviso le parole di Kenny. La reazione del Vaticano è arrivata dopo qualche giorno. Il 25 luglio il Vaticano ha richiamato dall’irlanda il suo ambasciatore. Secondo Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, la ragioni del richiamo sono dovute «consultazioni» per rispondere alle accuse. Richiamare un ambasciatore è un atto davvero raro che sottolinea la serietà della situazione e della tensione tra i due stati.

Cosa è successo in Irlanda
Dei casi di pedofilia avvenuti nella diocesi di Cloyone avrebbe dovuto occuparsene il vescovo John Magee, ma il suo intervento non è stato all’altezza della gravità dei reati. Già nel 1997, lo stesso Vaticano aveva chiesto ai vescovi irlandesi di non denunciare alle forze dell’ordine i casi di pedofilia di cui erano a conoscenza ma di risolvere la questione internamente. I vescovi avrebbero dovuto, sempre secondo il documento inviato da Roma, stabilire discrezionalmente una semplice punizione per i sacerdoti che si fossero macchiati del reato di pedofilia. Dopo queste scoperte Johon Magee ha rassegnato le sue dimissioni a marzo di quest’ anno.

Insomma un periodo nero per la Santa Sede che è la prima ad impartire lezioni di “diritto alla vita” quando si tratta di embrioni, ma rifiuta di assumersi le proprie responsabilità quando si tratta di pedofilia. Magari i tanti fedeli che abbandonano le parrocchie gradirebbero anche solo un “atto di dolore” pubblico da parte del Vatcano che spesso invece cerca di far passare in sordina le colpe di cui si è macchiato.



Venerd́ 29 Luglio,2011 Ore: 22:41
 
 
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