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ISSN 2420-997X

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www.ildialogo.org Per favore, non disturbate l'amore,a cura di Emanuele Rebuffini

Per favore, non disturbate l'amore

a cura di Emanuele Rebuffini

E' possibile rifondare una teologia della sessualità a partire dal Cantico dei Cantici? Un dossier di Mosaico di Pace di alcuni anni fa.


INTRODUZIONE
La sessualità è la grande sfida che attende la chiesa cattolica nel nuovo millennio. Tutta la storia della chiesa è stata caratterizzata dalla condanna del piacere sessuale o, quanto meno, dal sospetto verso quello che costituisce, non un peccato, ma una dimensione fondamentale della vita umana. Si sono allevati autentici “eunuchi in nome di dio”.
Non solo preti e suore per i quali talvolta la continenza non è selta consapevole, ma soprattutto generazioni di laici, spesso defraudati del piacere a causa degli insegnamenti sessuofobici delle gerarchie. Costretti a vivere la sessualità con il volto rosso di vergogna, come un dovere, un pedaggio da pagare dal momento che – lo dice San Paolo – la vita coniugale è imperfetta
Il crocifisso deve stare appeso sopra il letto, forse non tanto per benedire quanto per controllare il piacere. E' giunto il momento che la chiesa superi la sua funzione repressiva, non solo sulla coscienza delle persone, ma anche nei loro letti, aiutando gli uomini e le donne a riconquistare pienamente il diritto alla felicità, anche a quella sessuale. Altrimenti non potrà stupirsi che, non ostante il suo rigore moralistico, i comportamenti dei suoi fedeli (ma anche dei suoi pastori) vadano in altra direzione.
Come è sancito nel CANTICO DEI CANTICI: per favore “non disturbate l'amore”! E' possibile rifondare una teologia della sessualità proprio a partire dal cantico? E' possibile individuare itinerari di liberazione integrale, non solo economica, politica, pedagogica, ma anche erotica? E' possibile riscoprire la spiritualità e la presenza di dio dentro la fisicità e la sessualità? Un dossier che non pretende di fornire risposte esaustive e definitive, ma solo riaprire un dibattito, sollevare domande, suscitare dubbi, stimolare discussioni. E contribuire a liberare la sessualità dalla gabbia dei pregiudizi, delle letture bibliche fuorvianti, delle semplificazioni teologiche, delle paure ataviche, restituendole la centralità che le compete nella vita della donna, dell'uomo, della chiesa.
TUTTO INIZIO' CON SANT'AGOSTINO. CHRISTIAN TERRAS, TRATTO DA GOLIAS, N. 33, PRIMAVERA DEL 1993. TRADUZIONE DI CINZIA SCIANCALEPORE.
Castità e celibato come fondamenti del potere nella Chiesa. Ovvero, come la teologia del vescovo di Ippona ha negato il valore del desiderio sessuale.
Genesi: un messaggio di libertà o di asservimento?
TESTO. Per più di quattro secoli, i cristiani ritennero che la libertà fosse il messaggio fondamentale dei primi tre capitoli della GENESI: libertà sotto tutte le forme (sociali, politiche, sessuali, ecc.) compreso il libero arbitrio. Non ostante le persecuzioni, molti dei cristiani dei primi tre secoli consideravano la proclamazione della libertà morale di governare sé stessi come praticamente sinonimo del vangelo... Con Sant'Agostino, verso la fine del IV secolo, il messaggio cambia. (ELAINE PAGELS, “LA POLITICA DEL PARADISO”, ESPRIT N.10, 1988).
Nella storia della CREAZIONE (GENESI 1-3), là dove gli ebrei e i cristiani leggevano un messaggio di libertà, AGOSTINO, lesse, al conrario, una storia di asservimento dell'uomo, con la sua famosa TEOLOGIA DELLA CADUTA. Là dov'era LIBERTÀ della volontà e reale dignità dell'umanità, AGOSTINO difende la schiavitù della volontà:”L'umanità è malata, sofferente e smarrita e rovinata dalla caduta....”.
Un padre della Chiesa, contemporaneo di AGOSTINO, GIOVANNI CRISOSTOMO, dichiarò con forza al popolo in rivolta ad Antiochia contro le imposte dell'impero che il diritto di governare appartiene non solo all'imperatore, ma alla razza umana tutta. Alla tirannia dell'Impero romano Crisostomo oppone dunque la capacità di autonomia della Chiesa e nella Chiesa:”Noi non abbiamo autorità sulla vostra fede, beneamati, e non comandiamo come signori e padroni. Noi siamo impegnati per insegnare al mondo, non per il potere, né per l'autorità assoluta. Noi abbiamo il ruolo di consiglieri per aiutarvi. Il consigliere esprime le sue opinioni, non per forzare coloro che lo ascoltano, ma per lasciare loro il controllo totale delle proprie scelte”. (citato da E. PAGELS, Ibidem).
Partendo dallo stesso racconto AGOSTINO, trae una conclusione opposta. Egli identifica istintivamente la questione del governo di sé con il controllo della ragione sulle pulsioni sessuali.. Agostino cerca di mostrare che ADAMO, lungi dall'essere una persona individuale come voleva CRISOSTOMO, era al contrario una persona collettiva; ciò significa che ciascuno di noi, è, fin dal principio, contaminato.
E quando descrive l'irruzione del PECCATO ORIGINALE IN ADAMO,
sceglie prima di tutto un linguaggio sessuale. Perchè, secondo lui, ciò che riassume soprattutto la nostra ribellione contro Dio è “LA RIBELLIONE NELLA CARNE”. Un sollevamento spontaneo dei “membri disobbedienti”. “Il desiderio sessuale dei nostri membri disobbedienti”, è apparso nei primi esseri umani come il risultato del peccato di disobbedienza (…..). Il desiderio sessuale spontaneo è la più chiara evidenza dello sforzo del peccato originale: questo manifesta soprattutto il trionfo della passione. A causa di questo, i membri sono, a giusto titolo, chiamati “PARTI DELLA VERGOGNA” perchè si eccitano da soli e a loro piacimento, in opposizione allo spirito del loro padrone, come se fossero loro stessi il proprio padrone......”. (Citato da E. PAGELS, Ibidem).
“Ciò che è inaccettabile, non è tanto il pessimismo di AGOSTINO, quanto il fatto che egli identifichi le debolezze della volontà e il peccato nel campo della sessualità e della “carne”. Ciò che è inaccettabile in lui è che sia arrivato ad avere orrore dell'idea di una SESSUALITA' FELICE”. (
J.C. ESLIN, “LA GRANDE SVOLTA AGOSTINIANA”, ESPRIT, N. 10, 1988).
Egli non ha, d'altronde, abbastanza ironia per schiacciare l'onorabile JULIEN D'ECCLANE, vescovo sposato (cosa abbastanza diffusa all'epoca). “Come osi, tu, dire che godi questo bene, di tua moglie, senza eccessi, con padronanza?”(SANT'AGOSTINO, IN “DE BONO CONJUGALI”).
Anche su un piano piu' personale, quali possono essere stati i sentimenti di AGOSTINO, quando, sotto l'influenza di sua madre MONICA, congedò la sua compagna dopo quindici anni di vita in comune separandola da suo figlio ADEODATO, che egli tenne con sé? Quali preoccupazioni l'animarono, dopo questa rottura, quando sposò una giovinetta di quattordici anni con lo scopo di fare un matrimonio più onorevole e capace di accrescere il suo prestigio sociale? Senza voler giudicare una situazione del IV secolo con i nostri criteri morali del XX secolo, ci è permesso di interrogarci sulla concezione che egli aveva della coppia e della libertà.
“Egli non ha considerato la situazione umana creata da una lunga vita comune e l'attaccamento affettivo che questa aveva provocato (….)Egli fa passare la considerazione delle persone come meno importante dell'osservazione delle regole formali derivate molto più dal diritto romano che dal vangelo....”. (A.M. DUBARLE, LE SUPPLEMENT, N. 163).
In nessun momento AGOSTINO sembra aver considerato il punto di vista (affettivo) della madre di ADEODATO. Non è forse la stessa logica che esporrà sul terreno del potere della Chiesa e dello Stato? Mentre Crisostomo definisce il suo ruolo simile a quello del consigliere e non del dirigente, AGOSTINO, come IGNAZIO DI ANTIOCHIA, vede il vescovo come governante “al posto di Dio”.
Come allora le mire personali di AGOSTINO hanno potuto essere accettate a partire dal V e VI secolo e ancora oggi, un millennio e mezzo dopo? Ciò che CRISOSTOMO deplorava e contestava fin da quando il favore imperiale circondava i cristiani, AGOSTINO poteva invece interpretarlo, la sua teologia del peccato originale poteva rendere teologicamente intelleggibili le imperfezioni non soltanto dello stato, ma anche della Chiesa. In più, cambiando la maniera in cui i cristiani intendevano il significato di libertà, la teoria di AGOSTINO cambiava anche la loro comprensione della libertà politica: la libertà è vivere sotto la legge del buon governante, in cui il vescovo di Ippona si identificava.
PETER BROWN, storico della remota antichità, dice tuttavia che il potere nella Chiesa, fin dall'inizio del III secolo, appartiedne a coloro che avranno saputo trionfare sulle trappole che la sessualità tende all'uomo, e cioè trionfando sulla sessualità stessa. Questo non è dunque proprio di Agostino, ma ciò che gli è specifico è di avere introdotto, anche presso i cristiani laici, “il sentimento nuovo di una incrinatura profonda nella tessitura dell'atto sessuale stesso”.
Alla luce della polarizzazione ossessiva di Agostino su una sessualità che non può essere che infleice e peccaminosa, il legame tra sessualità e potere si va affermando sempre più. Di fatto, due modelli principali sono all'opera.
Nel PRIMO MODELLO il potere appartiene a colui che può dare l'esempio di una disciplina rigorosa in materia. CELIBATO E CASTITA'
sono imposti ai CHIERICI perchè essi diventino a loro volta capaci di guidare moralmente la pratica sessuale dei LAICI. Da TERTULLIANO ad AGOSTINO, questo discorso discliplinare si sviluppa là dove la diffidenza verso la sessualità aumenta insieme al potere dei celibi nel clero.
“Nella nostra epoca è meglio, da tutti i punti di vista, e più santo, non cercarsi una discendenza carnale, mantenersi libero, sempre, da ogni legame coniugale e sottomettersi spiritualmente all'unico sposo, CRISTO”. Costoro hanno ormai il diritto di guidare i loro fratelli LAICI e più deboli perchè non hanno acconsentito alla concupiscenza.
NEL SECONDO MODELLO, si interiorizza il rapporto con la sessualità fino a rendersi totalmente padrone, farla scomparire, fin nei suoi sintomi più resistenti: nell'immaginario, e cioè, nell'inconscio del credente. Si tratta di “superare la natura” per ritrovare l'immagine “protologica” dell'uomo nel suo stato primordiale, non deteriorato dal peccato. Colui che raggiunge questa totale padronanza è riconosciuto come un maestro spirituale.
Se questo secondo modello prevale in ORIENTE (la radicalità di questo tentativo lo rende fattibile solo da poche persone, ci sono però due MORALI possibili: o si lascia il mondo per il deserto, oppure ci si sposa; è questa l'origine del CLERO SPOSATO in Oriente), è il modello disciplinare, che si impone in OCCIDENTE.
A questa messa in atto nel MEDIOEVO, di una morale giuridica e disciplinare, corrisponde la lunga lotta della CHIESA D'OCCIDENTE, per imporre al CLERO il CELIBATO. In rottura con la tradizione antica mantenuta in Oriente e riaffermata dal CONCILIO DI QUININSESTO (NEL 692) autorizzando i preti sposati, e nonostante le numerose resistenze, la CHIESA CATTOLICA ha legato strettamente la sua pratica del potere ad un diniego della sessualità. Ma per trovare tutta la sua forza, questo legame deve essere mascherato simbolicamente. E' necessario allora assicurare il potere al di qua di questa esemplarità morale, su delle basi incontestabili, cioè sacre, perchè nel cattolicesimo il potere si presenta
sotto la MASCHERA DEL SACRO e dunque, più o meno, del proibito.
E' per questo che il legame appare tra CELIBATO E PUREZZA. Purezza rituale prima di essere morale, che assicura al potere una superiorità ontologica.
Questa è fondata su una visione arcaica della sessualità come bruttura incompatibile con la celebrazione dell'Eucarestia. Questa argomentazione che lega il celibato al servizio dell'altare ha attraversato tutta la storia della CHIESA CATTOLICA fin dal CONCILIO DI ELVIRA (NEL 306).
Al sacro terrificante della sessualità risponde ormai il sacro rassicurante della fraternità asessuata dell'Eucarestia celebrata da preti immuni da qualsiasi bruttura sessuale. Appare una nuova figura che non è più quella del maestro spirituale o del modello morale, ma quella sacra del PADRE CASTRATO; il prete è l'immagine del Papa di cui rappresenta il potere, il latore della legge, essendo privato della capacità sessuale.
Figura minacciosa poiché capace di dire il lecito e l'illecito, e allo stesso tempo rassicurante perchè realizza in sé la soluzione del dilemma (essere un padre, un papa, senza sessualità). In un simile sistema la messa a parte del clero è la condizione e il segno del suo potere, esercitato su un laicato considerato come minore. E quali che siano gli sforzi dei teologi per rivalorizzare il matrimonio nel Medioevo, e malgrando la resistenza di numerose correnti all'obbligo del celibato all'interno della Chiesa, il CONCILIO DI TRENTO riafferma la superiorità della VERGINITA' sul
MATRIMONIO. Così l'ecclesiologia gerarchica che si è imposta nella Chiesa Cattolica romana, riposa su questo rapporto antitetico tra sacro religioso e (cattivo) sacro sessuale. E' questo sistema che la RIFORMA ha rifiutato.
Mettendo in questione l'immoralità del celibato sacerdotale così come è vissuto nel XVI secolo, i RIFORMATORI se la sono presa in realtà anche con la struttura stessa del potere nella Chiesa d'Occidente. Legato a quest, c'è di fatto il rifiuto della bipartizione dei cristiani tra CHIERICI E LAICI.
L'ASCESA DELLA coscienza laica nel Medioevo, trova in effetti nella Riforma il suo punto di emergenza. Ed è assolutamente evidente che il CELIBATO DEI PRETI, appare in questa ottica come il simbolo stesso
del rifiuto di riconoscere al LAICATO LA SUA IMPORTANZA E LA SUA MAGGIORANZA.
Ecco perchè l'argomentazione essenziale dei Riformatori contro il celibato imposto fa appello sempre alla libertà di coscienza (principio che la Chiesa cattolica non ha riconosciuto che indirettamente in un testo del Vaticano II su la “libertà religiosa”).
In questa ottica, il potere passa da colui che si esclude dalla capacità sessuale a colui che l'assume come una vocazione a forte responsabilità morale. Alla figura del Padre Castrato, succede quella del PADRE DI FAMIGLIA, laico, nodello di assoluta autorità che sia politica, ecclesiastica o professionale.
Questa figura, nella misura in cui essa si riconosce sessuale supppone una relazione nuova per la donna: non essendo questa più salvata dalla castità o dalla maternità, ma significata nella sua verità dalla coniugalità vissuta effettivamente.
Certo la RIFORMA, esaltando la figura del Padre di Famiglia, non ha risolto tutto, ma ha avuto almeno, il merito di rendere il problema più evidente. Ciò significa che il rapporto UOMO-DONNA ridiventa centrale, come lo è nella Scrittura, mentre invece si era occultato nel sistema sacerdotale dove l'opposizione si poggia prioritariamente sulla relazione CHIERICI-LAICI.
Sacro religioso-sacro sessuale, chierici-laici, uomini-donne, queste bipartizioni non raggiungono forse la logica del potere sacralizzato che governa le reazioni e i comportamenti abituali dei responsabili di Chiesa, di fronte alle problematiche attuali?
Fino a quando ci si potrà rifiutare di ascoltare la richiesta delle donne che nelle nostre Chiese, chiedono che cessi un gioco di potere che non si fonda che sul loro disconoscimento in quanto donne?
Fino a quando ci si potrà rifiutare di ascoltare la terribile solitudine di numerosi preti che nelle nostre Chiese chiedono che cessino i secolari
inasprimenti strutturali della Chiesa romana che li hanno progressivamente confinati in un mondo a parte e tagliati dalla società?
Fino a quando ci si potrà rifiutare di accettare le grandi tristezze umane (aborto, sterilità, prevenzione dell'AIDS), che nelle nostre Chiese chiedono che cessi il freddo rifiuto dei nostri vescovi dinnanzi al progresso della scienza, e cessi la loro tensione morale dinnanzi ai nuovi comportamenti amorosi (divorzio, omosessualità, convivenza, ecc?). (CHRISTIAN TERRAS).

(a cura di Carlo Castellini)




Martedì 16 Dicembre,2014 Ore: 18:12
 
 
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