- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (330) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org L’impatto ideologico sull’evoluzione dei dogmi.,

L’impatto ideologico sull’evoluzione dei dogmi.

L’ermeneutica del sospetto per demitizzare la teologia


Adista Documenti n. 20 del 26/05/2012


DOC-2440. COLOMBO-ADISTA. I presupposti di una religione, affermazioni non verificabili condivise da una comunità di credenti per fede, vengono generalmente elaborati in modo tale da risultare, consciamente o inconsciamente, vantaggiosi per il controllo del potere da parte delle istituzioni all’interno della comunità religiosa, anche quando il potere viene considerato come un servizio. E poiché, ad esempio, lo sviluppo della teologia cattolica è stato controllato, nella storia, da un clero maschile e celibe, per lo più di origine europea, è probabile che «la teologia cattolica si sviluppi negli interessi del clero maschile euro-americano». Da qui la necessità, nell’analisi della teologia, di dare vita a un’ermeneutica del sospetto.

È questo il tema affrontato dal teologo dello Sri Lanka Tissa Balasuriya in un intervento pubblicato sul primo numero del 2012 della rivista di teologia dell’Eatwot (Associazione dei teologi e delle teologhe del Terzo Mondo) Voices, dedicato al tema “Verso un paradigma post-religionale?” (v. Adista Documenti nn. 16 e 18/12; il numero può essere letto integralmente in inglese e in spagnolo/portoghese sul sito http://InternationalTheologicalCommission.org/VOICES). Di seguito, in una nostra traduzione dall’inglese, ampi stralci del suo intervento, intitolato “Per una teologia critica: un contributo dall’Asia”. (l. e.)

TSUNAMI

 di Celso Alcaina

 Si può chiedere perdono per l’intolleranza passata in pieno tsunami di condanne?

«Signore, Dio di tutti gli uomini, in certe epoche della storia i cristiani hanno talvolta accondisceso a metodi di intolleranza e non hanno seguito il grande comandamento dell'amore… accogli il nostro proposito di cercare e promuovere la verità nella dolcezza della carità, ben sapendo che la verità non si impone che in virtù della stessa verità» (Giovanni Paolo II, Giornata del perdono, 12/02/2000).

Nel tempo in cui il papa pronunciava queste parole, l’ex Sant’Uffizio di Ratzinger processava numerosi eminenti teologi, relegandoli nel silenzio o in una canonica dissidenza.

Al riguardo, ritengo opportuno avviare la mia riflessione a partire dalle mie esperienze. Non pretendo che tutti i miei lettori e neppure molti di essi sottoscrivano le mie valutazioni. È sufficiente che le conoscano. Mi unisco a un pugno di studiosi impegnati a scoprire l’originaria essenza del cristianesimo, elaborato, con maggiore o minore fortuna, da discepoli e ammiratori di Gesù. Ci immergiamo nell’“ortodossia”, spesso superandola. Controllati, messi in disparte, ammoniti, censurati, puniti. Per fortuna, non condannati più al rogo. Alcuni, i più prolifici, con la loro voce o con i loro scritti, saranno l’oracolo del Vaticano III. Così avvenne nel Vaticano II. Preferisco non fare nomi, perché ne tralascerei qualcuno. A lungo termine – oggi i termini storici si accorciano – vince l’eterodossia. In tutti i campi.

UN POTERE ARBITRARIO

Presente, il cardinale Ottaviani. Un ampio salone tappezzato di rosso. Sulla tavola ovale, un crocifisso di avorio e un vecchio libro aperto: Iusiurandum contra errores modernismi (Giuramento antimodernista). In latino, per sette minuti, recitai quanto, 60 anni prima, san Pio X aveva imposto a chi era chiamato a ricoprire responsabilità nella Chiesa. Paolo VI mi aveva nominato per l’incarico di “aiutante di studio”. Otto anni nel Palazzo. La mia équipe – 12 funzionari guidati da Jozef Tomko, oggi cardinale – costituiva la “Sezione Dottrinale”. Da noi dipendeva prendere o meno in considerazione le denunce su libri ed autori sospettati di eterodossia. Una sorta di tribunale di primo grado. Neppure le successive istanze collegiali – consultori e cardinali – meritano di essere definite indipendenti e fidate. L’ho espresso in maniera chiara in vari scritti. Ora mi stupisco del potere, praticamente arbitrario, di cui disponevo per sottoporre uno scritto a un processo che lo avrebbe condotto alla censura e alla condanna. E il suo autore alla prostrazione, forse all’“apostasia”. Ed anche alla notorietà. A posteriori, mi vergogno. Un solo esempio del contrario: le reiterate denunce contro Miret Magdalena venivano archiviate perché io usavo come argomento la sua condizione di laico. In quanto tale, era invulnerabile nei confronti della gerarchia. Invece, molti altri teologi, con le loro opere, erano oggetto di indagine inquisitoriale e, alla fine, di sanzione. Potrei far menzione di tanti e tanti autori noti, anche molto famosi: B. Häring, E. Schillebeeckx, H. Küng, L. Boff, Ch. Curran, G. Gutierrez, C. Floristan…

La mia abitazione si trovava al primo piano del rinascimentale Palazzo del Sant’Uffizio. Proprio al di sopra dei sotterranei. Li ho visitati: lugubri, umidi, con le inferriate alle finestre a livello della strada. Sono stati la prigione di indiziati e processati dalla Santa Inquisizione. Giordano Bruno e Galileo Galilei, tra gli altri. Hanno abitato lì per anni, in attesa della sentenza o dell’esecuzione. Come è noto, il primo, filosofo ecologista e credente teocentrico, sostenne le sue tesi anche sulla pira di Campo dei Fiori. Galileo fu condannato e incarcerato. Poi, a causa dell’età e dei malanni, confinato nel suo domicilio di Firenze. Sotto minaccia di tortura e per evitare l’esecuzione, aveva ritrattato di fronte agli inquisitori. Si dice che, dopo la sua forzata abiura, pronunciò la famosa frase “eppur si muove” per sostenere la teoria eliocentrica di Copernico da lui sviluppata. I fantasmi di Bruno e di Galileo – e di altri, vittime dell’Inquisizione – si affacciavano nei miei incubi notturni. Di giorno, credevo di vedere, dietro ogni grossa colonna, con il catechismo in mano, San Roberto Bellarmino, il “martello degli eretici”, fedele esecutore della Controriforma.

LA RAGIONE AVRÀ LA MEGLIO

Bisogna riconoscere le molte cose positive portate dal cristianesimo e, particolarmente, dal cattolicesimo. In diversi ordini, incluso quello spirituale. Negarlo sarebbe ingiusto e ridicolo. Ma tali successi si vedono seriamente oscurati dagli storici (o attuali) errori, delitti e crimini, a firma cattolica, ugualmente indiscutibili. Di questi, in maggiore o minore grado, sono stati (e sono) responsabili il papa di turno, gli altri vescovi, il clero, gli ordini religiosi, le università cattoliche. Insomma, l’istituzione ecclesiastica, la Chiesa cattolica, quella che si proclama fondata da Gesù e l’unica vera. Sorprende che tale istituzione sia cresciuta enormemente, si sia gonfiata, invece di evaporare come avvenuto a istituzioni oggi dimenticate. Che il pusillus grex, la setta delle catacombe, sia riuscita ad abbracciare tutto il mondo occidentale. Per prima cosa, per imposizione imperiale. Poi, per imposizione ideologica, diplomatica, politica, militare, morale. E, sempre, approfittando dell’inerzia, della passività, dell’ignoranza o della paura del popolo. A volte, anche per accostarsi al potere, alla porpora. Perché, come ritiene un congolese che è stato un volta mio ospite, dove sta la ricchezza lì dovrà stare Dio. Sorprende che i “fedeli”, particolarmente quelli illuminati, abbiano ovviato all’aforisma evangelico “albero buono produce buoni frutti”. Sorprende che esseri razionali, abdicando al proprio criterio, abbiano accettato che “fede sia credere quello che non vediamo” (né intendiamo), che qualcuno sulla terra possa rappresentare Dio e assumerne i poteri, che un essere umano sia infallibile, che Dio si riveli preferibilmente ai potenti (inclusi i delinquenti). Sorprende, in particolare, che quanti si sono avvicinati al Vangelo siano stati così ciechi da dare per buone alcune dottrine e pratiche che contraddicono il semplice e trasparente messaggio del Nazareno. Sorprende che persino i dotti abbiano preso per reale e storico quello che era sorto come metafora, poesia, mito o intrattenimento letterario. Ci si meraviglia pensando che per 17 secoli i popoli abbiano alimentato questa illusione, senza badare alla chiusura mentale, alla persecuzione, agli scandali morali, agli errori istituzionali, a volte persino ammessi dal vertice della stessa istituzione.

Non si tratta solo di «alcune epoche della storia», come ha letteralmente detto Giovanni Paolo II. Neppure è esatto dire che «i cristiani hanno tollerato», come ha minimizzato il papa, eludendo la questione. Il Vaticano attuale, quello vissuto da me, continua ad essere ancorato al passato. Lamenta il fatto di non poter agire con il potere di un tempo. Lamenta il fatto di dover  dare spiegazioni e fare ragionamenti. Lamenta il fatto di essere messo in discussione. Lamenta il protagonismo della donna. Lamenta la contestazione interna ed esterna. Lamenta il Concilio Vaticano II. Lamenta la perdita dell’egemonia salvifica. Si oppone ad ogni democratizzazione ecclesiale. Rimpiange il nazional-cattolicesimo degli Stati, rivendicando al tempo stesso democrazia e libertà religiosa laddove il cattolicesimo è marginale. Si scaglia contro i teologi e gli intellettuali più avanzati che smitizzano il cristianesimo “regnante” o lo equiparano ad altre religioni. Non sopporta il fatto che pensino, che riflettano, che mettano in discussione le sue strutture. Che si disprezzi la sua autorità, la sua infallibilità, la sua santità, il suo potere.

Humberto Giannini, noto filosofo cileno, in un articolo pubblicato su El Mercurio, si associava ad altri autori e, particolarmente, al filosofo italiano Carlo Ginzburg, secondo il quale la gerarchia non solo avrebbe dovuto chiedere perdono, ma anche esprimere profonda vergogna. Giannini andava oltre: «I principi di base della Chiesa sono stati sempre gli stessi e non cambiano con la storia». Wojtyla parlava di «epoche della storia», proponendo di agire ora saggiamente e prudentemente. Sembrava si fosse operato un salto di secoli. Insisto. È stato sotto il pontificato di Wojtyla che più teologi sono stati imbavagliati, a firma di Ratzinger. La conclusione di Giannini mi suona valida. Purtroppo.

Mi permetto di fare una precisazione sulla parola “cristiani” in Giovanni Paolo II e sul termine “Chiesa” in Giannini. In entrambi i casi, bisogna intendere la “gerarchia romana”. Evitiamo l’ambiguità o la reticenza. Propriamente, “cristiani” e “Chiesa” siamo tutti noi credenti, anche gli imbavagliati, i processati, i condannati da questa gerarchia che pretende di appropriarsi in esclusiva della Chiesa di Gesù.

È una questione di tempo. È lecito attendersi che la “cattolica” istituzione non ostacolerà eternamente la formazione del “resto”, la purificazione delle comunità evangeliche. In qualunque caso, la ragione avrà la meglio sull’oscurantismo. Il mio ottimismo sorge dalla storia recente. Dal nostro grande inquisitore Torquemada o dal papa Sarto (Pio X, ndt), autore di erronei e/o miopi documenti (Syllabus, Lamentabili, Pascendi, Sacrorum antistitum), siamo avanzati sul sentiero della razionalità, della libertà, della giustizia, dell’uguaglianza, della democrazia. Valori universali. Evangelici, anche. Oggi lo tsunami è più forte e più rapido. I secoli si trasformano in decenni. Come lo tsunami, questo movimento sorge dalla profondità. Avanza verso l’alto. Senza tregua. Quelli che abitano in alto farebbero bene a stare attenti e a programmare un cambiamento. E le moderne istituzioni civili favoriscono il terremoto, continuando ad assumere sempre più a fondo la laicità e rinunciando a promuovere l’immobilismo religioso per motivi estranei alla sfera spirituale.

I COMPORTAMENTI INQUISITORIALI DEI VESCOVI

 di Juan Cejudo 

I vescovi persistono nei loro atteggiamenti inquisitoriali e dispotici. È stato ora l’arcivescovo delle Asturie (mons. Jesús Sanz Montes, ndt) a proibire, tre giorni prima che avesse luogo, lo svolgimento nella Casa della Chiesa di Gijón di un ciclo di conferenze promosso dai cristiani di base. Il motivo? Uno degli oratori era Juan José Tamayo, uno dei molti teologi “maledetti” per la gerarchia.

In precedenza lo avevano fatto il cardinal Rouco Varela, l’arcivescovo di Barcellona (mons. Luis Martínez Sistach, ndt) e il vescovo di Palencia (mons. Esteban Escudero Torre, ndt). In appena cinque mesi. Risulta chiaro che vi siano “disposizioni” perché ogni vescovo agisca allo stesso modo. Chi è che supervisiona tutto? La Congregazione per la Dottrina della Fede (ex Sant’Uffizio) da Roma. È questa, dietro gli ordini di Benedetto XVI, ad agire in qualunque punto del pianeta, contro qualunque teologo che si distanzi dal “pensiero unico” espresso nel Catechismo. È il nuovo Sant’Uffizio che si scaglia contro gruppi di preti, suore o laici che si esprimono in modo critico nei confronti di determinati comportamenti e norme della Chiesa.

Non capiscono che questi comportamenti si ritorcono contro di loro. Probabilmente, alla conferenza di Tamayo assisterà ora più gente di quanta avrebbe partecipato se l’incontro non fosse stato proibito dalla Chiesa. È così che è avvenuto nelle occasioni precedentemente citate.

I vescovi operano anche dietro “l’incitamento” di alcuni rappresentanti laici che scrivono in blog e pagine web di rabbioso segno ultraconservatore e tridentino. Sono anche questi a spingerli ad agire in questo modo, facendoli cadere nella loro trappola. Il fatto è che i gruppi cattolici conservatori e integralisti abbondano da ogni lato: kikos (i neocatecumenali di Kiko Argüello, ndt), Opus Dei, Comunione e Liberazione, ecc. stanno proliferando in tutti i luoghi, perché sono i gruppi che il Vaticano, così ossessionato dal “pensiero unico”, sostiene e applaude.

È triste che sia così. La gerarchia della Chiesa si sta arroccando su posizioni estreme finendo per rimanere appena con i settori più reazionari. Ha rinunciato a perseguire il dialogo e a tendere ponti nei confronti dei settori più aperti che ancora permangono nella Chiesa. Roma non si fa probemi ad avvicinarsi agli eretici lefebvriani facendo loro importanti concessioni. Neppure si fa problemi ad accogliere i tradizionalisti anglicani. Preferisce questo piuttosto che cercare il dialogo con quei gruppi di Chiesa che rimangono al suo interno con le loro posizioni critiche. Ed è indifferente se questi gruppi si trovino in Irlanda, negli Stati Uniti, in Austria, in Italia, in Giappone o in Spagna.

E così rimangono sempre più soli, incapaci di dare risposta alle richieste dei nuovi tempi e sempre più distanti dallo spirito di quel Concilio Vaticano II che invitava ad affrontare nella Chiesa molte delle questioni difese da questi teologi e questi gruppi cristiani perseguitati oggi da Roma.

In questo cinquantesimo anniversario del Vaticano II non c’è nulla da celebrare. A Roma stanno provvedendo a liquidare quello spirito di apertura e ad impedire l’ingresso di aria fresca di cui tanto aveva e continua ad avere bisogno la Chiesa.

Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24 Fax +39 06 686.58.98 E-mail info@adista.it Sito www.adista.it



Martedì 22 Maggio,2012 Ore: 15:41
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Crisi chiese

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info