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www.ildialogo.org La Chiesa del futuro secondo un prete cileno: piccola, libera e fraterna,di Pablo Fontaine

La Chiesa del futuro secondo un prete cileno: piccola, libera e fraterna

di Pablo Fontaine

Adista Documenti n. 20 del 26/05/2012


DOC-2442. ROMA-ADISTA. È un disagio che non conosce frontiere quello avvertito dai cristiani nei confronti della loro Chiesa. Dalla Spagna (v. documenti precedenti) al Cile, i credenti vivono con sconcerto crescente «il calo di credibilità» sofferto dall’istituzione, dovuto certamente solo in parte alla pur devastante vicenda degli abusi sessuali. A farsi portavoce di questo malessere è, tra tanti, il prete cileno Pablo Fontaine, della Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, parroco della chiesa “San José” (a La Unión, nella regione di Los Ríos, nel Cile centrale), il quale in una lettera ai suoi “fratelli cattolici”, pubblicata sul sito di Redes Cristianas (11/5), esamina le ragioni dell’attuale crisi della Chiesa per poi immaginare il suo futuro possibile: quello di una realtà piccola, piena di fervore, libera e fraterna. Di seguito la sua lettera, in una nostra traduzione dallo spagnolo. (c. f.)

PER UNA PROFONDA CONVERSIONE

 di Pablo Fontaine 

Cari fratelli e sorelle, vi scrivo sulla situazione della nostra Chiesa in questo momento del nostro Paese, condividendo con voi lo stesso dolore e lo stesso amore per questa Casa in cui siamo nati alla Vita di Dio, in cui abbiamo imparato a pregare, ad amare e a conoscere Gesù. In questa sensazione di sconcerto, siamo accompagnati anche da molti amici non cattolici e pure da altri meno amichevoli, che non nascondono la loro rabbia né la loro ironia.

Il calo di credibilità della Chiesa e la sua perdita di prestigio non dipendono dalle cattive intenzioni di eventuali persecutori. Se così fosse, potremmo sentirci orgogliosi di venire perseguitati a causa di Gesù. Ma non è così. La stessa Chiesa cattolica che ieri era apprezzata per la sua fermezza di fronte alla dittatura e per il suo servizio alle vittime, in breve tempo è diventata molto meno credibile, fino a suscitare l’ostilità di molte persone.

Cosa ci è successo? È per gli scandali di cui sono stati protagonisti i sacerdoti? In buona parte sì. Tali fatti hanno accresciuto la sfiducia, soprattutto nei settori che avevano divinizzato i ministri della Chiesa, ponendo la propria fiducia più nel povero strumento rappresentato dagli uomini che in Dio.

Non sono in grado di esaminare tutte le cause di questa situazione. Mi interessa, però, esprimere di fronte a voi ciò che mi colpisce maggiormente e quelli che mi appaiono come i motivi di speranza per il futuro del messaggio cristiano.

Per dirlo in breve e senza molte sfumature:

- Hanno certamente creato un danno alla Chiesa questi abusi di cui si sono macchiati sacerdoti e religiosi. Ma anche l’impressione generale che si è fatto tutto il possibile per occultarli o per impedire che venissero puniti. Ha predominato una sensazione di scarsa trasparenza, sensazione comprensibile a prescindere dall’eventuale buona volontà di non danneggiare le persone o l’annuncio stesso di Gesù. Di fatto, la tendenza a mantenere il segreto non ha fatto che aumentare lo scandalo.

- Bisogna anche tener conto, per spiegare questo minore apprezzamento nei confronti della Chiesa, della stanchezza generalizzata rispetto all’autoritarismo e al centralismo gerarchico. Vi sono ragioni a sostegno della necessità di provvedere all’unità e alla disciplina, ma la nostra cultura attuale esige maggiormente  flessibilità, partecipazione, ascolto, libertà di opinione e reagisce con forza dinanzi a quanto viene imposto dall’alto.

- A volte la Chiesa offre pubblicamente il suo contributo alla società in un modo tale da dare l’impressione di volersi ergere a maestra di tutti, come se pretendesse la sottomissione dell’intera società senza neppure offrire argomenti al riguardo, risultando così in maniera ancora più accentuata “dogmatica” nel peggiore senso del termine.

- Crea disagio la grande differenza tra Gesù e la Chiesa, considerando la povertà e l’umiltà del primo e l’immagine di ricchezza e di potere offerta dalla seconda. Il papa può anche vivere con semplicità, ma, se si mostra al mondo come un monarca circondato dalla sua lussuosa corte, la gente parlerà con disprezzo della “ricchezza del Vaticano”.

Per questi e per altri motivi, è per noi motivo di sofferenza la situazione di questa Chiesa che pure amiamo e da cui pure abbiamo ricevuto il messaggio di liberazione di Gesù e la testimonianza ammirevole di tanti fratelli e sorelle che hanno illuminato con i loro esempi le nostre vite. Una situazione di fronte alla quale possiamo abbandonarci all’angoscia assumendo atteggiamenti rigidi nei confronti degli altri e chiudendoci in un ghetto che ci allontani da questo mondo per preservare la fede e la morale. O magari possiamo lottare con forza per recuperare quanto abbiamo perduto e tornare ad avere influenza a qualunque costo. Ma sarebbe un atteggiamento sterile e nocivo.

Come mi appare il futuro della Chiesa? Con umiltà vi dico che guardo al suo futuro con la speranza che il Signore non l’abbandoni, che questa crisi porti a una grande purificazione che ci renda consapevoli dei nostri errori, ci istruisca su quello che Gesù si aspetta da noi, ripulisca il nostro sguardo e il nostro cuore e ci chiami ad una conversione profonda.

Cari amici, perché non guardare già da ora al futuro della Chiesa come ad una realtà più modesta ma incendiata dallo Spirito? La immagino piccola, piena di fervore, costituita da persone libere, senza idolatrie, senza paure, felici di provare a seguire il Signore.

Possiamo pensarla e prepararla ad essere fraterna, nel vero rispetto e nella tenerezza degli uni verso gli altri. Come una comunità di eguali in cui l’autorità mostri in maniera tangibile questa uguaglianza, nel tono, nell’abbigliamento, nel modo di proporre, ascoltare e disporre.

Vorremmo vedere in essa un autentico protagonismo laicale, cosicché i cristiani, sacerdoti, religiosi/e, laici/che, possano lavorare insieme su basi di uguaglianza per migliorare la loro formazione, nella lettura delle Scritture e nella preghiera condivisa o silenziosa. O assumere le responsabilità della comunità allo stesso livello di partecipazione. E vorremmo anche una pastorale che contasse su molte piccole comunità, centrate sempre sulla Bibbia, comunità fraterne in cui i poveri e le donne occupassero un posto rilevante.

Vorremmo una Chiesa veramente preoccupata di quanto accade agli esseri umani, della vita delle famiglie, del lavoro, dell’economia, della creazione artistica, della situazione dei più poveri, sulla base di una pastorale caratterizzata da una mistica dell’incontro personale con Gesù e da un messaggio di liberazione per tutti gli emarginati, gli impoveriti, gli sfruttati e i disprezzati. Una pastorale che scopra ogni giorno con gioia e stupore la Presenza di Dio e del suo Dono, accompagnata dall’invito a tutti a una dedizione più completa. Che ricordi il carattere sovversivo della Chiesa, come quello che risuona nelle parole di Maria: «Ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili. Ha ricolmato di beni gli affamati e ha rimandato i ricchi a mani vuote» (Lc 1, 52-53).

Per una conversione ecclesiale di tale profondità avremmo bisogno di un movimento tellurico di intensità pari a quello che stiamo soffrendo. Se servisse a questo, benvenuta crisi!

Se questo non è il nostro sogno, allora vuol dire che ha smesso di scorrere nelle nostre vene la gioia contagiosa di San Paolo e di tutto il Nuovo Testamento.

Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24 Fax +39 06 686.58.98 E-mail info@adista.it Sito www.adista.it



Marted́ 22 Maggio,2012 Ore: 15:37
 
 
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Crisi chiese

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