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www.ildialogo.org La religiosità nel Nord Est del Paese,di Ingrid Colanicchia

La religiosità nel Nord Est del Paese

di Ingrid Colanicchia

Cala la frequenza alla messa, calano i battesimi, in flessione anche la pratica della preghiera, mentre aumenta l’autonomia delle scelte in campo morale rispetto a quanto sostenuto dalla Chiesa. È questa, per sommi capi, la fotografia del Nord Est del Paese scattata dall'Osservatorio Socio-Religioso del Triveneto con la ricerca “Nord Est. Una religiosità in rapida trasformazione”, presentata il 18 febbraio scorso a Zelarino (Ve), nell’ambito di uno degli appuntamenti di approfondimento in vista del secondo convegno ecclesiale di aprile ad Aquileia.

Commissionato dai vescovi del Triveneto, lo studio, realizzato tra marzo e luglio 2011, ha coinvolto un campione autoctono residente di età compresa tra i 18 e i 74 anni (si è operata questa scelta per descrivere i cambiamenti rispetto al passato della religiosità delle popolazioni locali).

Innanzitutto il Nord Est, preso nel suo insieme, non diverge molto dal quadro nazionale, sotto il profilo degli orientamenti religiosi e di valore. Per quanto riguarda l’atteggiamento verso gli immigrati tre intervistati su dieci si dicono moderatamente o molto contrariati dalla loro presenza (minoranze dunque, seppure non trascurabili); la grande maggioranza attribuisce alle religioni diverse da quella cattolica, il possesso di verità importanti da scoprire (3/4 degli intervistati); il credere nell’esistenza di Dio registra percentuali analoghe alla media nazionale, con 2-3 punti in meno di atei-agnostici (sono il 9,3%); la percentuale di cattolici nella popolazione autoctona è la stessa (84%); la frequenza con cui si prega è solo leggermente superiore nel Nord Est (+6,5% coloro che pregano ogni giorno: sono il 39%; +4,5 coloro che pregano almeno una volta la settimana: sommati ai precedenti sono il 53,3%). Poche differenze emergono sulla presenza del crocifisso nelle scuole (90,4% di favorevoli), sull’ora di religione (da mantenere per il 66,8%, eventualmente con l’introduzione di cambiamenti), sulla possibilità per i preti di sposarsi (leggermente più favorevoli nel Nord Est: 74% contro 66% sul territorio nazionale). Una similarità che i ricercatori spiegano come «risultato di un avvicinamento del Nord Est al quadro nazionale». E questo significa che qui il cambiamento è stato più rapido: «Lo si vede anche solo esaminando la quota di intervistati che dicono di aver fatto parte in passato di gruppi religiosi: è il 35% nel Nord Est contro il 20% in Italia, segno di una radicamento ben maggiore in passato del cattolicesimo».

I cattolici, pur essendo maggioritari, sono ormai, rispetto alla popolazione residente (immigrati compresi), poco più di tre su quattro, mentre erano circa il 90% vent’anni fa, nel periodo in cui si celebrava il primo convegno di Aquileia. I dati sui battesimi confermano: l’incidenza dei battezzati (cattolici) sui nati si è ridotta, tra il 1989 e il 2009, del 22,7%. E anche se ci si limita alla popolazione autoctona la diminuzione non è trascurabile (-9,2% in vent’anni).

La ricerca evidenzia poi come negli ultimi anni nel Nord Est – ma vale anche a livello nazionale – si sia sviluppato un atteggiamento maggiormente critico nei confronti della Chiesa cattolica. I cattolici senza riserve nella popolazione autoctona sono una minoranza (19%); un altro 35% vi aderisce con qualche riserva. «La Chiesa viene spesso sentita come lontana (52,3%) e severa (44,4%), più una istituzione (44%) che una comunità». «Le critiche maggiori vertono su: la distanza avvertita tra ciò che dicono papa e vescovi e ciò che la gente vive (70%), il modo in cui essa usa i suoi beni (66,1%) il modo in cui concepisce la morale sessuale (65%), il modo in cui interviene nelle decisioni politiche (56,1%)». Parallelamente si manifesta una forte spinta all’autonomia delle scelte in campo morale rispetto a quanto sostenuto dal magistero della Chiesa. È la coscienza individuale in primo piano quando si tratta di distinguere ciò che è bene da ciò che è male (84,3%), in secondo luogo la legge di Dio (66,1%), mentre papa e vescovi vengono indicati solamente dal 32,4% degli intervistati.

Un elemento che distingue il Triveneto dal resto del Paese risiede nel fatto che qui si avverte più che a livello nazionale il bisogno di legare la propria ricerca spirituale a una religione: «L’idea che si possa vivere la propria vita spirituale anche senza avere a che fare con una religione trova d’accordo solo la metà delle popolazioni del Nord Est contro l’81% a livello nazionale».

Le differenze maggiori si rilevano tra diverse di età, soprattutto tra le età di mezzo e i giovani (18-29): «Rispetto a chi ha tra 45 e 59 anni (i padri e le madri, grosso modo intesi) gli interessati alle cerimonie religiose si dimezzano, e così vale per la pratica e la preghiera. La somma di coloro che sentono di appartenere alla Chiesa cattolica senza alcuna riserva e di quelli che vi appartengono con qualche riserva passa dal 55% al 30%. Coloro che sentono di essere del tutto estranei alla parrocchia passano dal 26,4% al 42,7%. I giudizi critici verso la Chiesa cattolica passano dal 40,5% al 61%». Un vero e proprio salto generazionale. l

Articolo tratto da
ADISTA
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Marted́ 06 Marzo,2012 Ore: 15:22
 
 
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