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www.ildialogo.org IL “CAMMINO” ARRIVA AL TRAGUARDO: APPROVATE DAL VATICANO LE “CATECHESI” DI KIKO,di Adista Notizie n. 5 del 28/01/2012

IL “CAMMINO” ARRIVA AL TRAGUARDO: APPROVATE DAL VATICANO LE “CATECHESI” DI KIKO

di Adista Notizie n. 5 del 28/01/2012

36497. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Alla fine i neocatecumenali ce l’hanno fatta. Al prezzo di quali “compromessi” non è ancora dato sapere, ma le loro “catechesi”, 13 volumi contenenti le trascrizioni (su cui il Cammino ha sempre mantenuto il massimo della segretezza) degli insegnamenti del fondatore del movimento Kiko Argüello, hanno ottenuto il via libera definitivo del Vaticano. Nel corso di un’udienza concessa a circa 7.000 aderenti al Cammino, Benedetto XVI ha infatti ufficialmente chiuso una vicenda che si trascinava ormai da almeno 15 anni, dando l’approvazione finale all’itinerario di iniziazione cristiana neocatecumenale e inviando in tutto il mondo 18 nuove missio ad gentes di famiglie appartenenti al Cammino.

Di imminente approvazione definitiva si parlava ormai dal 2002, quando il Pontificio Consiglio per i Laici promulgò lo Statuto del Cammino Neocatecumenale, dandogli l’agognato riconoscimento giuridico, ma lasciando in piedi i controversi aspetti dottrinari, demandati al giudizio finale della Congregazione per la Dottrina della Fede, di quella per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, nonché di quella per il Clero. Le bozze presentate da Kiko, revisionate, emendate, rispedite al mittente e riscritte daccapo, sono state moltissime (forse addirittura una ventina); gli scontri tra i dicasteri vaticani ed i fondatori, durissimi. In mezzo, nel 2005, anche una lettera dell’allora prefetto della Congregazione del Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il card. Francis Arinze (v. Adista n. 3/06), che cercava, tra l’altro, di mettere fine alla “fantasia liturgica” dei neocatecumenali e di contrastare all’abitudine di ricevere l’eucaristia seduti attorno ad una mensa e non in piedi davanti all’altare.

Ma se la mossa del papa, dopo il problema “giuridico”, risolve anche la controversia dottrinale, le questioni pastorali restano ancora tutte aperte (sul tema Adista pubblicò nel 2002 un amplissimo dossier, cui rimandiamo: v. Adista n. 9/02). Da quando Giovanni Paolo II (dopo le ritrosie e le riserve che avevano caratterizzato il pontificato di Paolo VI) cominciò infatti a dare palese sostegno al Cammino, incoraggiandone la penetrazione nelle parrocchie e sostenendone il proselitismo e l’azione “missionaria”, da moltissime Curie e comunità parrocchiali, in tutto il mondo, sono venute critiche e censure al modo con cui i neocatecumenali operano nelle diocesi, svincolati, de facto, da ogni autorità e controllo da parte di parroci e vescovi.

L’ultima protesta, in ordine di tempo, l’hanno espressa tre vescovi giapponesi, durante la visita ad limina fatta al papa il 12 gennaio scorso. In occasione dell’udienza, e incontrando anche numerosi responsabili della Curia Romana, riferisce l’agenzia I.media, i vescovi di Takamatsu, mons. Eijiro Suwa, di Oita, mons. Sueo Hamaguchi e di Hiroshima, mons. Manyo Maeda (già Segretario generale della Conferenza episcopale giapponese) hanno manifestato il loro disagio circa la presenza neocatecumenale nell’isola. Mons. Suwa ha parlato di «numerosi tipi di problemi». Gli stessi da tempo, ha precisato. Già nel 2007, infatti, sempre davanti al papa, il presidente della Conferenza episcopale del Giappone, aveva definito le attività dei membri del Cammino un «problema serio». All’interno della piccola comunità che rappresenta la Chiesa cattolica in Giappone, aveva detto, «le attività dei membri del Cammino, potenti e simili a quelli di una setta, sono causa di divisione e di conflitto» nonché di «sofferenza profonda e dolorosa nella Chiesa». Così, tra il 2007 e il 2010, il papa aveva ricevuto in udienze diversi vescovi giapponesi, che gli avevano espresso le loro riserve. All’ultima udienza, nel dicembre 2010, avevano partecipato anche i capi dicastero della Curia Romana. Durante questa riunione, seguita ad una eclatante richiesta dei vescovi giapponesi di sospendere la presenza del Cammino Neocatecumenale in Giappone per un periodo di cinque anni, era stato tuttavia deciso di non dare seguito alla richiesta, ma piuttosto di sviluppare il dialogo tra la comunità e l’episcopato, e di nominare un delegato incaricato di questo dialogo. Ma in un anno nulla pare cambiato.

Espulsioni e sospensioni all’estero...

Il Giappone non è il solo Paese dove il Cammino ha incontrato ostacoli. Sempre nel 2011, ad agosto, il vicario apostolico del Nepal, mons. Anthony Sharma, aveva annunciato la sospensione delle attività del Cammino  neocatecumenale che, a detta delle autorità cattoliche locali, si è installato nel Paese «di sua iniziativa», senza alcun invito della diocesi, come esigono invece gli statuti del movimento e la prassi ecclesiale (v. Adista n. 67/11). «Semina discordia e divisione», è l’accusa mossa al Cammino, presente in Nepal dal 2004.

Ancora lo scorso anno, l’arcivescovo di Lingayen-Dagupan nelle Filippine, mons. Socrates B. Villegas, decretò, dopo essersi consultato con il clero locale, che per il 2012 non dovevano essere create nuove comunità neocatecumenali, né avviate catechesi «finché tutte le questioni sul Cammino non vengano chiaramente risolte».

Andando indietro nel tempo, nel 1996 il cammino “inciampò” anche oltre Manica. Il card. Basil Hume, primate della Chiesa cattolica d’Inghilterra, si rifiutò di ordinare preti quindici seminaristi di formazione neocatecumenale. La motivazione fu che questi, una volta ordinati, avrebbero avuto come punto di riferimento, più che il proprio vescovo, i capi delle loro comunità, creando così problemi all’interno della diocesi. L’anno prima (v. Adista n. 55/95), era stato mons. Meryn Alban Alexander, vescovo di Clifton, a vietare la diffusione del Movimento all’interno della sua diocesi.

... “note in condotta” dai vescovi italiani

Molti anche i vescovi italiani che in passato (prima della approvazione pontificia del movimento) si sono opposti alla diffusione del Cammino neocatecumenale nelle loro diocesi.

Nel 1987 (v. Adista n. 58/87), l’allora vescovo di Brescia mons. Bruno Foresti vietò che venissero fatti annunci di nuove catechesi nella sua diocesi. Nel 1995, a Torino, il card. Giovanni Saldarini emanò un decreto che vietava ai neocatecumenali di continuare a celebrare messe “a porte chiuse”. Nello stesso anno, a Firenze, il card. Silvano Piovanelli inviò una lettera a tutti i sacerdoti della diocesi per metterli in guardia dall’eccessiva tendenza egemonica e settaria del movimento nelle parrocchie. Perplessità sul Cammino furono pubblicamente espresse dall’arcivescovo di Lecce, mons. Cosmo Francesco Ruppi, come da quello di Trieste, mons. Lorenzo Bellomi. L’effetto fu che il 1° dicembre 1996 la Conferenza episcopale pugliese scrisse una Nota pastorale ai presbiteri, in cui si analizzavano in maniera molto severa alcuni aspetti del movimento, ad esempio il fatto che il Cammino attuasse le sue catechesi «senza riferimento ai piani pastorali della Cei e delle diocesi», criticando anche l’«eccessiva uniformità» nella liturgia, nonché il rapporto dei neocatecumenali con le parrocchia e il ruolo dei presbiteri all’interno del movimento. Da parte sua Bellomi, nel marzo 1989 decise di emanare alcune direttive per uniformare la catechesi di ciascuna parrocchia, compresa quella dei neocatecumenali, ad uno stesso progetto.

A Palermo, il 22 febbraio 1996, come ultimo atto di governo prima del suo ritiro, il card. Salvatore Pappalardo promulgò un testo, dal titolo Cammino neocatecumenale. Diocesi e parrocchia, che vietava ai seguaci di Kiko di continuare a dir messe di gruppo a porte chiuse, e anche di celebrare la veglia pasquale isolati dal resto dei fedeli. Alla fine del 1996 mons. Pietro Nonis, vescovo di Vicenza, inviò una lettera ai parroci della sua diocesi, chiedendo loro di «inserire il Cammino nella programmazione parrocchiale», di fare in modo che la presenza neocatecumenale fosse una delle possibili offerte, subordinando l’avvio di nuove catechesi «alla informazione ed approvazione del vescovo». Nonis decretava poi il divieto di celebrare messe riservate. L’arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini, in una intervista concessa al settimanale cattolico inglese The Tablet (29 ottobre 1999, v. Adista n. 81/99), tra le altre cose, affermava di non condividere il fatto che i neocatecumenali conducessero una vita liturgica separata da quella della comunità parrocchiale: «Sono pronto ad accettare che un gruppo neocatecumenale abbia la sua veglia pasquale per due o tre anni» ma «dopo i neocatecumenali devono unirsi alla parrocchia. Quello che non accetto è che debbano avere una liturgia speciale per anni ed anni». Si arriva così a dicembre del 2001 quando l’arcivescovo di Catania, mons. Luigi Bommarito, scrisse ai neocatecumenali (e, per conoscenza, a tutti i preti della diocesi) una durissima lettera che condannava molti aspetti del movimento. Poi il vaticano concesse il suo placet ai seguaci di Kiko. E sul movimento, nelle Curie italiane, scese il silenzio. (valerio gigante)



Martedì 24 Gennaio,2012 Ore: 20:08
 
 
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