- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (295) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org La persona prima della Chiesa,di Sandro Stella

La persona prima della Chiesa

di Sandro Stella

Adista Segni Nuovi n. 6 del 28/01/2012


All’inizio del terzo millennio dell’era cristiana le possibilità date all’umanità dalla scienza sul governo della propria vita, personale e relazionale, hanno mutato l’idea tradizionale di natura, coi limiti e i meccanismi che essa, finora, ci ha imposto. Richiamando il racconto mitico delle origini riportato dalla Bibbia, si potrebbe perfino dire che l’uomo contemporaneo sia tornato di soppiatto nell’Eden, riuscendo ad aprire in qualche modo l’antico cancello che ne sbarrava l’accesso, abbia raggiunto il centro del giardino, dove si trova l’albero della vita, e gli giri intorno tentando di coglierne il frutto proibito, come all’inizio della sua storia aveva mangiato quello dell’albero del bene e del male.

Si può sentire l’eco di tale richiamo, anche se non esplicitamente evocato, nei pronunciamenti ecclesiastici e negli scontri aperti sui “valori non negoziabili”. La struttura cattolica centrale (in primo luogo, perché quelle locali ne seguono spesso l’esempio) ambisce parlare dalla cattedra: si presenta all’umanità quale padrona della verità, che dispensa. Non di rado suscita l’impressione di pontificare sulle scelte e le opinioni altrui, sui tentativi di soluzione dei problemi attuali di coscienza che non corrispondono al suo schema, preconfezionato. Rispetto agli altri si pronuncia come se quanto essa non accetta non venga accettato nemmeno da Dio; come dimentica, nonostante la lezione della storia, del proprio bisogno di coinvolgersi con tutta l’umanità nel processo di conversione e ricerca infinita di ciò che è buono e vero. Nelle contestazioni e nei dibattiti presta il fianco all’accusa di relativizzare storicamente gli errori e i delitti “interni” e, per contro, di assolutizzare gli errori e i crimini rilevati in altri sistemi, dottrine e personalità, che condanna senza indugio. Ma ne riconosce la ragione e il merito “a posteriori” – in certi casi, molto “a posteriori” –, quando le condanne le si ritorcono contro e, comunque, hanno già compiuto tutto il loro nefasto effetto sulla vita (e sulla morte) dei censurati messi a tacere. Restia ad ammettere i suoi sbagli, si fa forte del suo stato giuridico inviolabile per sottrarsi dall’offrirne adeguato risarcimento.

Gli ecclesiastici pretendono di togliere lo Spirito ai laici, che devono apprendere tutto da coloro che si fanno chiamare “maestri”, insegnando anche cose di cui, da sé, si dicono incompetenti: scienze biologiche, comportamenti sessuali, politica ed economia. I figli di Dio sono solo i loro praticanti. Gli altri sono fuori di casa e, se vogliono entrare, devono farsi aprire la porta da loro, accettando tutti gli usi e costumi che vi sono comandati. Anche i vescovi, per dottrina successori degli apostoli che erano esponenti di diverse tradizioni cristiane (come quelle di Giacomo, di Pietro, di Paolo) – convissute e accettate fraternamente, anche se non senza conflitti, nei primi secoli e testimoniate nei vangeli canonici –, devono ora essere sottomessi. A volte al vescovo di Roma, ma più spesso agli ufficiali della sua Curia, che si sono fatti arbitri di ciò che è retto e opportuno, in ogni luogo e situazione. I pastori del popolo vengono messi a tacere, obbligati al segreto (anche contro il comando di Gesù), da questi funzionari del diritto canonico. I carismi, così vivi nelle Chiese paoline, sono stati devitalizzati dal diritto canonico o ridotti a pure funzioni accessorie, spesso concesse per necessità (perché mancano i preti). Le donne: tacciano.

Eppure il compito dei cristiani è essere lievito, sale, non fuori dal mondo, ma mescolandosi con esso. Non omologatori rispetto a una civiltà, battezzata cristiana e ormai passata perché al vertice non s’è voluto fare i conti con la modernità, ma animatori in questa umanità, le cui gioie, speranze e preoccupazioni sono anche quelle dei cristiani (Gaudium et spes). Allora: fine dell’alto e basso, ma comunione (da commune, di tutti); fine del segreto e, invece, parole di franchezza (parresia); fine delle pecore nell’ovile, ma campo aperto e rispettoso del talento di tutti; fine della pretesa di giudicare e avere una risposta definitiva e urbi et orbi su tutto: sull’inizio e la fine della vita, sulla sessualità e la famiglia, sull’evoluzione della materia e sulla psiche, anche su quello che (ancora) non sappiamo. E nettezza etica e trasparenza nel gestire i nostri beni e attività, per non essere complici di chi accumula fortune create con frode e violenza e produce e moltiplica condizioni di emarginazione, da cui popolazioni estese a continenti non possono sollevarsi, stante l’attuale ordine economico internazionale.

Per essere prossimi ai tribolati e pestati dalla vita non possiamo fermarci all’assistenza caritatevole. Dobbiamo anche denunciare chiaramente l’ingiustizia di coloro che, soprattutto se si dicono cristiani, ne offendono la dignità e i diritti universali, e non essere compiacenti, né disposti ad accettare e ricambiare i favori e gli onori che ci riservano per ottenere consenso alla loro politica, convinti che ci è richiesto in quanto testimoni del Vangelo di Gesù. Come lo sono stati i martiri del nostro post Concilio: vescovi, preti, suore, laici, che hanno pagato il prezzo della loro testimonianza con la vita, la tortura, la prigione, l’esilio da parte dei loro governi e la disapprovazione e la mancanza di comunione da parte della superiore autorità ecclesiastica.

Le beatitudini sono la nostra visione del mondo, il Magnificat e il racconto del Giudizio universale la nostra scelta di campo anche nell’agire politico. Naturalmente il loro contenuto attiene al Regno di Dio e non è raggiungibile entro i limiti spazio-temporali della storia. Assume, però, il criterio di sicuro orientamento, di opera sempre in-compiuta (già e non ancora), di consegna da incarnare senza timidezze. Per questo, il marchio cristiano non è appiccicabile a nessun partito, vecchio o nuovo.

Così, nella stessa prospettiva enunciata dal Magnificat e dal giudizio di Gesù sull’umanità, troveremo tanti compagni di strada; non solo i nostri, anche quelli che non credono, ma forse ancora provano a sperare e, comunque, non si rassegnano a come va il mondo.

Progetto astratto? No, perché si schiera apertamente sulle questioni scottanti. Effimero e inefficace? No perché mette tutto se stesso in quello che è fattibile concretamente ora. Elitario? No, perché si unisce a (e unisce) tutte le forze disponibili, anche lontane dalla sua ispirazione religiosa, culturale, sociale, e non pretende di guidarle, di monopolizzarle, di etichettarle sotto la sua matrice, ma, appunto, si mescola. Il cristiano non ha paura di influenzare, ma non pretende di essere lui l’artefice della città, nella quale ogni abitante deve poter trovare un posto confacente alla sua dignità. Il cristiano sta con gli altri, si unisce ai movimenti di popolo, alle istanze liberatrici che Dio suscita in ogni tempo nella società. Non balla da solo, nel circolo cattolico: sta nella massa, come il lievito.

In questa prospettiva, i cristiani devono darsi una nuova agenda. La priorità dell’agire cristiano non è più quel che è stato chiamato “l’interesse di Dio”. Nel suo nome si è potuto disprezzare e sterminare chiunque non gli tributasse il timore e l’onore più elevato, reverenza ubbidiente e doni ai suoi rappresentanti, stima e rispetto ai suoi devoti. La storia l’ha ampiamente dimostrato: l’esito concreto dell’interesse di Dio è il motto «Dio è con noi», che ha giustificato tanti delitti contro l’umanità.

E la priorità non è nemmeno “l’interesse della Chiesa”, che Gesù ha pensato come struttura di servizio, che «non cerca il proprio interesse» (S. Paolo) ed è esemplarmente indicata nel comandamento della lavanda scambievole dei piedi, da praticare in modo “normale” (da norma). Non una cerimonia “profumata” e pro forma: tanto è vero che quando Gesù volle darne l’esempio scandalizzò Pietro, che si rifiutava di farsi lavare i piedi, perché, secondo lui, era un’umiliazione inaccettabile del suo maestro e Signore. Del resto, la storia del cristianesimo ci ha insegnato che l’interesse della Chiesa si è realizzato come interesse materiale degli ecclesiastici, deponendo potere e soldi ai loro piedi e nelle loro mani.

In realtà, l’interesse prioritario del cristiano, come insegnavano papa Giovanni XXIII nel suo testamento spirituale e, nei primi secoli del cristianesimo, i grandi padri della Chiesa, è quello per la condizione umana. I cristiani, dunque, devono impegnare i loro talenti, personali e comunitari, per le sorti umane, per le battaglie e i traguardi dell’umanità, in attuazione del disegno della creazione. Per farlo, devono allearsi con l’umanità che lotta per una vita all’altezza della dignità che Dio ha conferito a tutte le creature. Al primo posto della nostra agenda, non ci sono battaglie “cristiane”, ma battaglie “umane”, in profonda partecipazione agli sforzi e impegni della “comunità degli uomini” per realizzare la sua autentica vocazione. Lo affermavano già gli scritti cristiani del secondo secolo: Gloria Dei vivens homo.

* Dell'Associazione per la ricerca e la comunicazione (Arco), formata da un piccolo gruppo di laici impegnati nella professione e nel sociale, attiva a Roma dalla fine degli anni '70.



Marted́ 24 Gennaio,2012 Ore: 20:01
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Crisi chiese

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info