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www.ildialogo.org VENDESI SPERANZA. IL FIORENTE BUSINESS DI MAMMA LUCIA,di Agenzia Adista

VENDESI SPERANZA. IL FIORENTE BUSINESS DI MAMMA LUCIA

di Agenzia Adista

36381. SAN NICANDRO GARGANICO-ADISTA. Uno spettro s’aggira per lo stivale. Anzi, a dire il vero, di spettri sembrano essercene parecchi: veggenti, santoni, guaritori, esorcisti, stimmatizzati… Da nord a sud, il Bel Paese abbonda di forme devozionali originatesi in relazione a presunti fenomeni soprannaturali. Non solo Madonne che piangono, ma mani e piedi ricoperti di piaghe, apparizioni, profumi celestiali che rimanderebbero a presenze “divine”, guarigioni improvvise e inspiegabili, rivelazioni… Sono i tanti fenomeni di devozione popolare sparsi un po’ in tutt’Italia e animati da una religiosità di confine, spesso in conflitto con la chiesa ufficiale, quasi sempre dal sapore decisamente arcaico, ma allo stesso tempo molto abile nel ricorrere a metodi organizzativi manageriali per massimizzare i profitti e nell’uso delle tecnologie più avanzate per conquistare nuovi adepti. Un arcipelago variegato che Adista, a partire dal presente numero, si propone di esplorare attraverso documentazioni e approfondimenti. Per capire meglio le forme che prende, nell’Italia di oggi, il sentimento religioso di settori consistenti della popolazione, per analizzarne i rapporti con l’istituzione ecclesiastica, per riuscire a cogliere, sia pure in forma parziale e a partire da un angolo di visuale molto specifico, alcune delle contraddizioni che attraversano il fenomeno religioso nella società italiana.

“Mamma Lucia”, la prodigiosa

Da anni non si fa vedere in giro, tanto che in città sono in pochi a ricordarsi che faccia abbia. Tale è il riserbo, attorno alla sua figura, che a un certo punto si è pure diffusa voce che fosse morta. Voci di paese, presto smentite. Certo è che di lei e della sua numerosa comunità non si sa molto, se non che afferma di essere in comunicazione diretta con la Madonna – un “dono” che le ha fruttato una fiorente attività economica – che vende ai suoi adepti pane e olio “benedetti” e che ha acquistato diversi ettari di terreno coltivato a ulivi sul quale ha fatto costruire un vasto complesso immobiliare. Una struttura mastodontica, comprendente addirittura un piccolo albergo con più di venti stanze utilizzate per ospitare i numerosi pellegrini che vengono a farle visita. Trincerata dentro il suo podere inespugnabile, separata dal mondo esterno da ben tre cinte murarie, oggetto della preoccupata attenzione tanto del Ministero dell’Interno quanto della curia vescovile di Lucera, “Mamma Lucia” è persino finita sul piccolo schermo quando la popolare trasmissione televisiva Le Iene le ha dedicato un servizio/inchiesta.

Nata a San Nicandro Garganico, in provincia di Foggia, nel 1927, Lucia Frascaria avrebbe avuto la sua prima visione della Madonna all’età di cinque anni in quel di Torre Mileto, una frazione di San Nicandro sita sul mare Adriatico. La piccola si trovava nei pressi di un ulivo, quando una donna le si fece incontro chiedendole un po’ d’olio. La bambina, proveniente da una famiglia molto povera, non aveva olio da dare alla sconosciuta, ma quest’ultima, miracolosamente, ne avrebbe fatta comparire una piccola bottiglia, così da consentire a Lucia di soddisfare la sua richiesta. La donna misteriosa si sarebbe poi allontanata, non senza chiedere prima alla bambina di far costruire, una volta divenuta adulta, un santuario in onore della Madonna nel luogo del loro incontro.

Gli anni passano, Lucia si trasferisce a Sesto San Giovanni, la cittadina operaia alle porte di Milano, dove per vivere fa la sarta e dove mette su famiglia. L’11 marzo del 1970, sei amiche di Lucia sono in casa sua e aspettano il suo ritorno. All’improvviso, compare di fronte ai loro occhi, all’interno di un fascio di luce intensa, una figura nella quale le donne riconoscono la Madonna dell’Altomare (il cui culto è molto diffuso nel foggiano e della quale la stessa Lucia Frascaria si considera una devota). Un forte profumo di incenso si spande per la stanza mentre la figura parla alle donne riunite, raccomandando loro di seguire i consigli e le direttive di “sorella Lucia” e di aiutarla a portare a compimento l’opera di costruzione del santuario in Puglia, la regione destinata a diventare la nuova Terra Santa. Quando la padrona di casa finalmente rientra, trova le amiche scosse e agitate, si fa raccontare quanto accaduto e, subito dopo, confida loro di avere avuto anche lei diverse visioni della Madonna sin da piccola. Nel 1973, Lucia e le sue “sorelle” partono così alla volta di Torre Mileto, la località della prima apparizione della Vergine a Lucia bambina, dove si stabiliscono e cominciano a fare incetta, oltre che di seguaci, anche di laute offerte.

Gli inizi

«I primi tempi», racconta don Giancarlo Borrelli, «a San Nicandro ha avuto un certo seguito. Se ne andava in giro a “predicare”, se così si può dire, indossando una veste azzurrina e recitando pezzi del Vangelo imparati a memoria, e molti la ritenevano effettivamente una reincarnazione della Madonna». Don Giancarlo è il parroco di Maria SS. del Carmine, e Mamma Lucia e le sue sorelle, che si considerano tuttora interne alla Chiesa cattolica, ricadono sotto la sua giurisdizione parrocchiale. «Nel giro di un anno circa, tuttavia, la diocesi di Lucera emise un comunicato, da affiggere sulle porte di tutte le chiese, nel quale si affermava chiaramente che a questa donna non erano attribuibili fatti di natura soprannaturale». Quell’avviso, reso pubblico il 24 aprile del 1974, è ancora oggi facilmente reperibile e consultabile su Internet. In esso, l’allora vescovo di Lucera, mons. Angelo Criscito, invitava i fedeli della diocesi a diffidare di «una certa Lucia Frascaria che accampa fenomeni soprannaturali, quali visioni della Madonna, stimmate, miracoli e altre cose».

Un altro parere decisamente sfavorevole a questo fenomeno di credulità popolare viene emesso negli anni successivi dalla diocesi di San Severo, all’interno della quale è nel frattempo confluita la cittadina di San Nicandro in seguito alla riforma del 1986. Ad ogni modo, le due condanne dell’autorità ecclesiastica non impediscono a Mamma Lucia di conservare ed ampliare il suo seguito che, col passare degli anni, diventa sempre meno locale e sempre più “nazionale”. «Attualmente», prosegue don Giancarlo, «di adepti sannicandresi o foggiani praticamente non ve ne sono più. È tutta gente che viene da fuori, da altre parti d’Italia, con pullman organizzati allo scopo, che arrivano talvolta anche a decine, e che vengono fatti entrare nottetempo nel feudo che questa signora si è costruito e recintato». E già, perché, verso i primi anni ’90, Lucia abbandona Torre Mileto – dove, continua a dire, sorgerà comunque il santuario dedicato alla Madonna dell’Altomare – e va ad abitare insieme alle sue sorelle sul vasto terreno che ha acquistato da qualche anno in prossimità della superstrada del Gargano.

La fortezza

Giuseppe D’Anello collabora con don Giancarlo a Maria SS. del Carmine in qualità di vicario parrocchiale. La sua è una vocazione adulta, e prima di diventare sacerdote ha fatto diversi lavori, fra cui quello di muratore. Il caso ha voluto che, verso la fine degli anni ’80, lui e un suo zio lavorassero alle dipendenze della ditta responsabile della costruzione della nuova dimora di Mamma Lucia. «Si è trattato di lavori imponenti, che sono durati due o tre anni. La signora aveva acquistato questo terreno, che era in realtà un podere di riforma, sul quale sono stati edificati diversi capannoni e altri locali, fra cui un alberghetto. C’è voluto un bel po’ a ultimare il tutto, anche perché abbiamo dovuto realizzare un impianto idrico e fognario piuttosto complesso».

Fra le varie costruzioni realizzate sui terreni di proprietà della sedicente veggente del Gargano, secondo don Giuseppe, sarebbe stata realizzata anche una chiesa. Altre fonti consultate da Adista parlano invece di un semplice capannone metallico adibito a luogo di culto (anche se, beninteso, all’interno della comunità di Mamma Lucia non c’è nessuno che può dire messa). Nell’inchiesta de Le Iene viene mostrata chiaramente una cappellina dove “mamma” terrebbe i suoi sermoni e le sue benedizioni. Oltre al già citato albergo, troverebbero posto all’interno dell’area plurirecintata anche un vasto negozio, dei bagni pubblici e l’edificio in cui Lucia risiede insieme alle sorelle.

A quanto pare, tuttavia, i nuovi proprietari del vasto terreno non si sono limitati, a suo tempo, a costruire: una volta ultimati i lavori, al riparo da occhi indiscreti, avrebbero infatti deciso di procedere alla demolizione di un vecchio edificio di pregio che sorgeva sui terreni che avevano acquistato qualche anno prima. Il cosiddetto “casino Di Moia”, una vecchia masseria di notevole valore architettonico, evidentemente non andava a genio al gruppo di devoti della Madonna dell’Altomare, forse per le dicerie che volevano che in quell’edificio lo spietato principe Di Moia esercitasse lo ius primae noctis e si dedicasse alla “fornicazione”.

Centralismo devozionale

Ma quali sono, attualmente, le attività che si svolgono all’interno della fortezza/podere di Mamma Lucia? Quante persone vi abitano? Come trascorrono la loro giornata? Quanti sono i devoti che, periodicamente, si recano a farle visita da diverse parti d’Italia portando con sé considerevoli offerte? E, soprattutto, a quali scopi vengono destinate le ingenti somme di denaro che entrano nelle casse dell’associazione?

Andiamo con ordine. Innanzitutto, e lo si è già ricordato, va detto che non è affatto facile trovare fuoriusciti che accettino di parlare senza problemi di una realtà attorno alla quale si è creato nel tempo un clima piuttosto omertoso. Prima di andare in pellegrinaggio da Mamma Lucia bisogna passare attraverso un’attenta selezione, e c’è chi racconta come qualsiasi tentativo di avvicinarsi alla cinta muraria più esterna della fortezza venga prontamente scoraggiato dalla repentina apparizione, al di là della cancellata, di uomini barbuti dall’aria poco rassicurante. Né aiutano a fugare interrogativi o sospetti le indagini che, più di una volta, la procura della Repubblica di Lucera ha avviato attorno a questa realtà così difficile da penetrare. Tutti fascicoli archiviati, per carità, ma comunque indicativi di una reputazione quanto meno controversa.

Adista ha provato ad entrare in contatto direttamente con l’Associazione Mamma Lucia. A una prima telefonata risponde una voce femminile che, con nonchalance, ci annuncia che ci siamo appena messi in contatto con la “dimora di Dio”. Chiediamo se è possibile, e come, venire a trovare “mamma” per conoscerla direttamente, chissà che non possa dare un po’ di conforto anche a noi… La risposta è decisamente evasiva: «Fratello, è tutto un fatto di fede. Devi credere in Mamma. Invocala nelle tue preghiere (sic), anche se non la conosci, lei ti aiuterà». Insistiamo: «Sorella, ma come si fa per venire lì: ci sono dei pullman da Roma?». «Vediamo, fratello, vediamo, forse la prossima settimana. Tu prova a richiamare. Santa giornata». Richiamiamo, a distanza di qualche giorno. Ci viene dato il numero di casa di una «creatura» che si occupa di organizzare i pullman e gli arrivi da Roma. «Fratello, chiamala la sera dopo le 8, ché di giorno è sempre in giro a fare apostolato. Santa giornata». Aspettiamo la sera e, all’orario stabilito, chiamiamo. Anche in questo caso si tratta di una donna che, come prima cosa, si informa su chi siamo e perché vogliamo andare da “mamma”, e subito dopo ci chiede nome, cognome, numero di telefono e zona della città in cui viviamo. «Fratello, ti richiamo io nei prossimi giorni, così organizziamo un incontro e ti spiego tutto. Santa notte». In realtà non veniamo più ricontattati, e decidiamo a nostra volta di non insistere.

La santa manager

Ma torniamo alla fortezza e alle attività che si svolgono al suo interno. La signora S. ha vissuto con Mamma Lucia per diversi anni, ed è a lei che chiediamo come si vive, come si trascorre il tempo dentro il podere di Lucia Frascaria. «Lavorando. Di cose da fare, soprattutto quando arrivano i pullman, ce ne sono tante. Lì dentro c’è da cucinare, da fare le olive, da fare vari lavori nei campi, anche pesanti. Io mi ricordo che, quando arrivavano i pellegrini, mi alzavo prestissimo, verso le 3 del mattino, e cominciavamo a preparare tutto per la visita. Ma “mamma” non si faceva vedere prima delle 8 del mattino, quando cominciava a predicare e a ricevere i devoti, coi guanti bianchi, perché lei dice di avere le stimmate. Si lavorava veramente tanto, lì dentro». E i soldi? Con che motivazione venivano raccolti? E in quali quantità? «È passato tanto tempo, non saprei dire quanti soldi erano… All’epoca c’erano ancora le lire, ma sicuramente si trattava di cifre molto alte. Li raccoglievano con le offerte, con i viaggi in pullman. Mi ricordo che c’erano dei ragazzi, degli uomini, che venivano messi a contare i contanti, che poi venivano portati in banca e versati su un conto. Lei diceva alla gente che con quei soldi ci doveva costruire il santuario per la Madonna a Torre Mileto e finanziare le opere di beneficenza. Poi vendevano il “pane della salute”, che dicevano che dandolo ai malati guarivano, e l’olio benedetto da “mamma” Lucia. Anche le offerte “in natura”, ad esempio le cibarie, che la gente portava per “mamma”, una volta benedette da quest’ultima potevano essere ricomprate. In pratica, veniva pagata la benedizione…».

Dunque, a quanto pare, un business fiorente, sorretto da un’organizzazione manageriale. E tanto lavoro gratuito. Risorse umane preziose, a giudicare da come la signora S. è stata cercata e inseguita, dopo la sua partenza dalla comunità, per convincerla a tornare. «Io me ne sono andata di nascosto, con una scusa. Loro però dopo mi hanno dato la caccia per più di un mese. Mandavano dei ragazzi a cercarmi, per parlarmi e farmi tornare. Ma io ho fatto di tutto per evitarli, perché oramai ero decisa: non volevo avere più niente a che fare con questa donna, perché mi ero resa conto che non era affatto una santa».

“Cercasi Madonna disperatamente”

Di soldi, a quanto pare, all’interno della fortezza ne entrano parecchi. La motivazione principale con la quale vengono raccolte le offerte dei devoti, ce lo confermava anche la signora S., avrebbe a che fare con presunte opere di beneficenza (ma non è dato sapere quali) e con la costruzione del famoso santuario di Torre Mileto dedicato alla Madonna dell’Altomare. Viene allora spontaneo chiedersi a che punto sia l’opera, se c’è un cantiere o un progetto per il quale sia stata chiesta una qualche autorizzazione, se si ha notizia, insomma, di qualche traccia che faccia pensare alla prossima edificazione del santuario. In fondo sono più di trent’anni che l’Associazione Mamma Lucia raccoglie fondi per realizzare un luogo di culto, e il gruzzolo destinato a finanziare l’impresa dovrebbe ormai essere più che consistente, tale almeno da permettere l’avvio dei lavori.

Sentite diverse fonti, ci siamo fatti l’idea che il santuario di Torre Mileto è un po’ come la Titina che per quanto la si cerchi, proprio non la si riesce a trovare… Mamma Lucia e le sorelle, come abbiamo già detto, hanno abitato nella località balneare dell’Adriatico per diversi anni, ma all’epoca avevano preso in affitto un terreno con sopra un prefabbricato e dei capannoni da un certo signor Ruggieri. Dopo il trasferimento nella sede attuale non sono più tornate a Torre Mileto, né si ha notizia della presenza di un cantiere in questa località per costruire un luogo di culto dedicato alla Madonna. Tutto quello che siamo riusciti ad appurare è che, a Torre Mileto, l’associazione Mamma Lucia risulta proprietaria di un terreno recintato che gli sarebbe stato venduto dai fratelli Pertosa, proprietari dell’omonimo Hotel. Il nostro tentativo di avere qualche informazione in proposito telefonando all’Albergo Pertosa si è purtroppo dovuto scontrare con l’ostilità della persona che ci ha risposto, la quale si è limitata a dire che la comunità di Mamma Lucia non è più presente da anni a Torre Mileto e che non era autorizzata a darci alcuna informazione circa la compravendita di terreni nelle vicinanze dell’albergo. La stessa pagina del Cesnur (il Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto dal prof. Massimo Introvigne) dedicata alla santona di San Nicandro è, in proposito, categorica: il santuario non risulta «mai edificato». Ma le offerte per costruirlo, Mamma Lucia continua a raccoglierle. Chissà, magari ha intenzione di fare le cose in grande. (marco zerbino)

Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24 Fax +39 06 686.58.98 E-mail info@adista.it Sito www.adista.it



Mercoledì 09 Novembre,2011 Ore: 12:49
 
 
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