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www.ildialogo.org Lo scisma irlandese,di Massimo Faggioli

Lo scisma irlandese

di Massimo Faggioli

Dal quotidiano Europa:  http://www.europaquotidiano.it/

Lo scandalo degli abusi sessuali commessi dal clero, che era iniziato a Boston esattamente dieci anni fa, in una chiesa cattolica ancora in buona parte etnicamente irlandese, sembra toccare ora il punto politicamente più critico proprio in Irlanda.
Come si dice in America, «the luck of the Irish»: la proverbiale «fortuna degli irlandesi» si rivolta contro la chiesa-madre della nazione del trifoglio, i cui eminenti teologi arrivano a chiedere le dimissioni di tutti i vescovi nominati da Roma prima del 2003. Nel 1945 De Gaulle era arrivato a chiedere la testa di 30 vescovi compromessi col regime filonazista di Vichy; ma le accuse del premier irlandese alla cultura clericale cattolica non hanno precedenti, se si considera che vengono dal governo di un paese a maggioranza cattolica.
L’allineamento tra clero e governo irlandesi, critici nei confronti della gestione vaticana dello scandalo, porta molto indietro, a quel secolo XI in cui proprio sul potere di conferire legittimità ai vescovi della chiesa cattolica romana si era prodotta la crisi più grave nei rapporti tra papato e impero: allora fallì il tentativo dell’imperatore tedesco Enrico IV di formare una chiesa docile all’impero e di spezzare la comunione cattolica in «chiese nazionali» soggette al potere secolare.
Oggi, sulla capacità di Roma di riprendersi dalla crisi generata dal «sex abuse scandal» si gioca il futuro della chiesa, e non solo in Occidente. Dall’elezione di Benedetto XVI in poi si è tentato di fare chiarezza sulle regole che la chiesa cattolica si dà quando emergono sospetti e casi di abusi sessuali. Ma molto resta da fare: da una parte, l’ultimo passo del Vaticano, nel maggio scorso, è stato approvare delle «linee guida» che non hanno la forza legale di norme vere e proprie.
Di fronte ad una reazione vaticana che ricorda le patch di Windows, le pezze che di volta in volta si attaccano ad un vestito vecchio, la politica di difesa da parte del pontificato, finora, è stata una politica delle nomine: affidarsi a vescovi fidati, non solo nominati dal papa (come da diritto canonico), ma anche scelti personalmente da Benedetto XVI.
Il loro profilo è quello di un cattolicesimo visibilmente identitario: le nomine più importanti annunciate di recente per sedi cardinalizie, a Milano, Berlino, Los Angeles, New York e Philadelphia, tentano di costruire un’immagine di una chiesa al contrattacco, cosciente di una sfida epocale portata dall’esterno.
Della sfida che viene dall’interno della chiesa, invece, non vi sono tracce. Ma la realtà della chiesa è un’altra, e da questo punto di vista il passo inopinato del governo irlandese rappresenta un aiuto per Roma, perché consente di giocare la carta del confronto tra la Santa Sede e gli Stati: un terreno su cui Roma vince anche quando perde.
Ma il terreno di sfida non è oggi tra Santa Sede e governi anticattolici. In Austria una petizione partita dalla chiesa di base invita pubblicamente clero e laici a disobbedire alle norme della chiesa sulle questioni più scottanti (celibato del clero e ruolo delle donne nella chiesa). In Germania i vescovi hanno aperto un confronto con i laici cattolici tedeschi, che a gran voce chiedevano da tempo di riprendere in mano quell’esperienza fondativa per la chiesa postconciliare che fu il Sinodo di Würzburg del 1971-1975.
Per non parlare della situazione della chiesa in Cina, è noto che in Africa si moltiplicano i casi (tenuti lontano dall’opinione pubblica) di vescovi e clero allontanati dopo essere stati “scoperti” con moglie e figli. In Australia un vescovo viene indagato e licenziato per aver detto ciò che dicono da tempo molti teologi e anche qualche cardinale già in pensione e quindi non più licenziabile.
Negli Stati Uniti lo stato del dialogo all’interno della chiesa è al punto più basso da sempre, e non solo a causa delle fughe in avanti di coloro che hanno ordinato donne sacerdote da subito costrette alla clandestinità: vescovi e teologi non perdono occasione per darsi sulla voce sulle questioni più diverse, e la Conferenza episcopale americana è praticamente silente di fronte alla macelleria sociale portata avanti dai repubblicani, ai quali i vescovi non vogliono mancare di dare il loro sostegno politico in nome della lotta all’aborto.
Mentre in Italia ci si interroga sulle prospettive future di un nuovo partito cattolico, in America tutti sanno che il partito dei vescovi cattolici esiste già ed è il Partito repubblicano.
Il problema della chiesa mondiale di oggi è la dissociazione tra la sua immagine ufficiale e i problemi aperti: in un’epoca senza movimenti politico-sociali significativi, la chiesa ha dei “movimenti cattolici” che in larga misura perpetuano l’illusione di una chiesa in pace con se stessa perché in guerra col mondo. Nel medioevo la chiesa cattolica dovette sottrarsi alla minaccia di un impero deciso ad assoggettarla: da quella crisi nacque il papato moderno e una chiesa gerarchica e clericale che fino ad oggi ha fatto del cattolicesimo romano il marchio più facilmente identificabile tra tutte le centinaia di forme diverse di cristianesimo. Oggi, la chiesa cattolica mondiale deve salvare se stessa dalla minaccia di sentirsi sicura all’ombra del suo stesso impero: la Roma vaticana a rischio di diventare un parco a tema, la Disneyland del cattolicesimo che fu.
Massimo Faggioli


Venerd́ 29 Luglio,2011 Ore: 16:08
 
 
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Crisi chiese

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