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XX Settembre (12)

Religione e potere di Luigi De Paoli


a cura di Gianfranco Monaca (gianfranco.monaca @tempidifraternita.it)


L'articolo è tratto da Tempi di fraternità Ottobre 2010 . Ringraziamo la redazione per avercelo messo a disposizione. Per info www.tempidifraternita.it
Nella storia dell’umanità l’alleanza, se non la compenetrazione, tra Religione e Po­tere trova conferme universali, dalla ci­viltà egiziana a quella romana, maya, musulmana e cristiana. Prima di qualsiasi considerazione sto­rica, c’è un dato che va sottolineato: l’evoluzio­ne bio-psichica della specie umana prevede un periodo di dipendenza dai genitori che può tra­mutarsi in un vincolo di sottomissione quasi per­petua, cosa che non accade alle altre specie ani­mali. Il bambino è indotto a ritenere che la cop­pia adulta sia un seno che promette amore e sal­vezza gratuiti. Allo stesso tempo la fantasia di un seno generoso suscita il fantasma della perdi­ta, dell’abbandono e della rivalità. Con la cresci­ta le fantasie acquisiscono una dimensione più realistica. L’ideale dell’auto-realizzazione si co­niuga con la solidarietà, l’orientamento affetti­vo è centrato sulla reciprocità. L’Io maturo (o genitale) è capace di accoppiamento e di scambio, a differenza dell’Io immaturo (o pregenitale) che è dominato dalla pulsione all’accaparramento e al dominio. Quest’ultimo caso si verifica quan­do i genitori intrappolano il bambino in dinami­che disfunzionali, tali da generare relazioni am­bigue, paradossali o psicotiche. Il figlio compren­de che il suo ruolo è quello di infans, non par­lante, una emittente muta, che deve accogliere l’offerta del genitore, giacché egli sarebbe ani­mato da un amore puro. L’alternativa è la ribel­lione, non esente da un sentimento di colpa per aver respinto un dono disinteressato. Il sistema familiare vira inevitabilmente verso l’inauten­ticità, la contraffazione dei sentimenti e la de­formazione del linguaggio. Parole come amore, sacrificio, lealtà o giustizia acquistano un dop­pio senso e sono utilizzate per mantenere un do­minio sul più debole. Il lato più subdolo del po­tere non consiste, infatti, nel decidere sulla pa­rola, ma sull’interpretazione da dare alla mede­sima. Una replica della situazione familiare patologica si verifica nella società allorquando un capopopolo, ad esempio, afferma di rappresen­tare il “Partito dell’amore”. In realtà egli può vo­ler dire non che è orientato ad amare tutti, ma che chiunque non gli sia ossequiente appartiene al gruppo dell’“Odio”. Lo stesso dicasi per la religione: se un Sommo Sacerdote solennemen­te dichiara di essere il capo di una Comunità che ha un compito di salvezza universale, può far passare il messaggio che per ottenerla occorre sottomettersi alla sua volontà.
Stante tale situazione non sorprende che Freud consideri la religione la continuazione di quello stadio evolutivo, proprio dell’infante, segnato dall’incapacità di far fronte alla complessità delle forze interne ed esterne, per cui ricorre all’illu­sione. Nella misura in cui la religione fa uso del miracolismo, della magia e del feticismo come mezzi per collegare il fedele al Trascendente, so­prattutto tramite il culto, priva i propri adepti del pensiero critico e ne impoverisce le capacità in­tellettuali ed emotive, predisponendoli alla sotto­missione e alla venerazione del Potere, qualun­que esso sia, essendo stato inconsapevolmente ri­vestito di qualità sacrali e divine. Qui s’innesta il circolo vizioso tra Religione e Potere: più le per­sone vengono trattate come “infantili” dal Potere, fino a sentirsi impotenti e prive di capacità di auto­sussistenza, più sono inclini ad affidarsi a coloro che si presentano come onnipotenti e capaci di assicurare i mezzi per vivere. L’identificazione con un Salvatore è inevitabile quando si è installata la sensazione di essere un soggetto indegno (Domine non sum dignus). Infatti le persone dotate di autostima non hanno bisogno di trovare un corpo o una istituzione che siano prefigurazione della completezza e della perfezione. Per le persone se­veramente danneggiate nel loro sviluppo può ri­velarsi provvidenziale affiliarsi a Religioni o di­pendere da Poteri che diano la momentanea illusione di appartenere ad un Corpo Mistico che compensa disorientamenti e menomazioni. Il prezzo da pagare, però, è quello di uscire dalla realtà, lasciando che quest’ultima venga manipolata interessatamente dal Potere.
Se la religione, d’accordo con il Dizionario di Oxford, “è il riconoscimento da parte dell’uomo di un potere superiore che domina il proprio destino, cui deve obbedienza, riveren­za e venerazione”, allora si comprende come il Potere che domina l’economia, la politica, i mass media sia l’alleato naturale di organizzazioni religiose che sostengono conce­zioni basate sulla scissione tra soggetti dotati di auto-deter­minazione (Dio, governanti, padroni, ecc.) e soggetti che ne sono assolutamente privi (fedeli, sudditi, poveri, ecc.). Non sempre la religione è scismogena, cioè tale da separare i fe­deli dagli infedeli, i sapienti dagli ignoranti. Abramo, Buddha e Gesù predicano e si comportano come fautori del distacco da ogni forma di potere, proprietà o ricchezze. Essi testimo­niano il superamento della fase infantile, perché confidano nello sviluppo della coscienza, che permette loro di indipendizzarsi dal suolo nativo, dalla famiglia e da ogni il­lusione. Una volta liberi da ormeggi ancestrali, sono in gra­do di collegarsi con il mondo, con i diversi e con i forestieri. Progettano non una religione, ma una religiosità che sia fra­terna, cosmica, nomade, contemplativa, universale e auto­regolata. L’unico culto che praticano è quello del’amore e della misericordia. Non hanno bisogno di mediatori tra il cielo e la terra, dato che vivono uniti permanentemente sia con il primo che con la seconda. I praticanti della religione scismogena, al contrario, hanno bisogno di una mediazione che è incarnata dalla “burocrazia”, sostegno fondamentale di qualsiasi impero, stato o sistema economico come il capi­talismo. Tutte le religioni diventano parte integrante del Po­tere quando ricorrono alla “burocrazia”. Essendo sprovviste di organi partecipativi e di strumenti di comunicazione verti­cale e orizzontale, devono inventare un raccordo impersona­le, ma rivestito di autorità sacra, tra il vertice e la base, tra Dio e la massa dei fedeli. Ogni partito o impresa si comporta allo stesso modo. Sono istituzioni burocratiche non per catti­va volontà, ma per riparare all’assenza di connessioni vitali tra i propri membri. Potere e Religione formano un gemellaggio inscindibile dato che si ispirano a modelli mec­canici (o burocratici) e non biologici. Bios è la vita, che è la più straordinaria espressione dell’auto-organizzazione, che consiste nella capacità di generare elementi che sanno coor­dinarsi, comunicarsi, mantenersi e auto-riprodursi senza che vi sia un architetto o un direttore d’orchestra che sovrintenda ai processi. Si capisce come sia fondata l’avvertenza di Gesù, che ha il suo corrispettivo in Buddha, secondo cui il vero discepolo prescinde da qualsiasi “capo, maestro, o padre”. Non ha bisogno di un apparato normativo, cultuale o dottrinale se il suo spirito, la sua anima, il suo asse esisten­ziale è orientato nel senso dell’amore empatico e della giu­stizia. In tal caso la Religione è abbandonata come reliquia dell’infanzia, e diventa religiosità che trascende la confes­sione religiosa e si muta in impegno “mistico” affinché tutti partecipino ai doni della vita in qualità di fratelli. In tal caso l’esperienza religiosa è benefica e indispensabile per la co­munità essendo intimamente collegata alla vita, mentre è dannosa se incoraggia la separazione, la salvezza individua­le e il disinteresse per i viventi. Quando prevale questo orien­tamento, la religione si tramuta in organismo tossico, una vera droga che invece di integrare disintegra, invece di ri­svegliare le coscienze le ipnotizza, invece di liberare energie e speranza le chiude nella bara della dipendenza.
Antony de Mello, sarcastico demolitore della Religione-Po­tere, racconta di un guru che, per evitare la solita incursione di un gatto nella funzione religiosa, ordina ai monaci di le­garlo. Una volta morto, il gatto viene sostituito. Secoli dopo i discepoli del guru scrivono trattati sul ruolo essenziale del gatto in ogni funzione correttamente condotta. Se il lettore sostituisce la parola “gatto” con libro, altare, ostia o sacer­dote non avrà difficoltà a capire con quale stratagemma una cosa accidentale viene trasformata in essenziale, o un ogget­to buono addirittura in sacro. Ciò non avviene per responsa­bilità diretta del guru, ma dei suoi “discepoli” che ne divinizzano un gesto, fino a ricamarci sopra delle ponderose teologie. La liturgizzazione ha proprio lo scopo di far lievi­tare nei fedeli la sensazione di trovarsi in una perfezione paradisiaca, mentre coloro che non partecipano alla divinizzazione-sacralizzazione del “gatto” vivono nell’in­completezza e nel disordine. La divisione tra parti perfette e altre imperfette costituisce l’essenza del disordine narcisistico, che s’instaura nella persona allorquando, sen­tendosi afflitta da squilibri pulsionali o da deficienze fisi­che, cognitive o economiche, cerca di compensare il tutto, non attraverso un lavoro, ma sognando di pervenire ad uno stato di grandiosità in modo da non aver bisogno di niente e di nessuno. Le Religioni hanno i mezzi per costruire assetti dottrinali e cerimoniali tali da creare l’illusione di essere parte integrante della Divinità mangiandone il corpo o toccando immagini benedette. Il Potere utilizza laicamente queste for­me di pensiero infantile dando a credere che tutto ciò che fa è perfetto, vero e animato da altruismo. Sfortunatamente i gestori del Potere e della Religione non si avvedono che il gioco illusionista conduce al vicolo cieco della delusione, che accresce il grado di inaffidabilità. Il disordine narcisistico, del quale ho trattato in “Psicoanalisi del Cri­stianesimo” (ed. Di Girolamo), si cura più realisticamente con una conversione alle dinamiche della vita, che sono fon­date su di uno “spirito” di cooperazione, integrazione e co-generatività.
 

Luigi De Paoli, Roma, medico, psicanalista di gruppo, fondatore dell’Istituto di psicosociologia (psicanalisi delle istituzioni), presidente dell’Associazione Noi siamo Chiesa, sezione italiana del movimento internazionale (We Are Church, IMWAC).
Luigi De Paoli, Psicoanalisi del cristianesimo ed. Di Girolamo, Trapani. Distributore Dehoniane


Mercoledì 13 Ottobre,2010 Ore: 16:11
 
 
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