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www.ildialogo.org "Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione": il mezzo non è il messaggio!,

CHI EVANGELIZZA CHI
"Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione": il mezzo non è il messaggio!

L’attenzione esclusiva a “ciò che fanno” lascia cadere in secondo piano “quello che dicono”! Il riferimento è al Magistero della Chiesa, costretto a volte ad affermazioni che lo ridimensionano, per creare un equilibrio diverso tra le varie componenti del Popolo di Dio. Come quando, ad esempio, Benedetto XVI, nell’ambito dell’Udienza generale di mercoledì 7 luglio, parlando di Duns Scoto, arriva a dire che il Popolo di Dio è “magistero che precede”: «Il Popolo di Dio precede i teologi e tutto questo grazie a quel soprannaturale sensus fidei, cioè a quella capacità infusa dallo Spirito Santo, che abilita ad abbracciare la realtà della fede, con l'umiltà del cuore e della mente. In questo senso, il Popolo di Dio è "magistero che precede", e che poi deve essere approfondito e intellettualmente accolto dalla teologia. Possano sempre i teologi mettersi in ascolto di questa sorgente della fede e conservare l'umiltà e la semplicità dei piccoli!». Basterebbe far passare queste parole da affermazione a prassi interna nella vita della chiesa, e sarebbe una vera rivoluzione!
Ma questa rivoluzione la Chiesa sembra volerla rilanciare invece dall’alto a proposito della cosiddetta “nuova evangelizzazione”, con una inventiva e creatività alquanto gattopardesca, nel senso che interessa iniziative ed organismi nuovi, senza mettere in discussione la propria struttura. A questo proposito sappiamo che non molto tempo fa il “Pontificio consiglio della cultura” affidato a G.Ravasi ha dato vita ad una Fondazione intitolata “Il cortile dei gentili”, in risposta all’auspicio di Benedetto XVI per un rinnovato dialogo con gli uomini e le donne che non credono ma vogliono avvicinare Dio.
Su l'Osservatore Romano del 28-29 giugno 2010 troviamo una Nota della Sala Stampa della Santa Sede sulla Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, in difesa d’ufficio di quella che va sotto il nomedi "De Propaganda Fide", abbastanza screditata per i noti fatti di cronaca. Sta di fatto che negli stessi giorni – quasi a compensazione – viene annunciata la nascita di un nuovo organismo, con queste parole di Benedetto XVI nella omelia tenuta significativamente a S.Paolo fuori le mura: «In questa prospettiva, ho deciso di creare un nuovo Organismo, nella forma di “Pontificio Consiglio”, con il compito precipuo di promuovere una rinnovata evangelizzazione nei Paesi dove è già risuonato il primo annuncio della fede e sono presenti Chiese di antica fondazione, ma che stanno vivendo una progressiva secolarizzazione della società e una sorta di “eclissi del senso di Dio”, che costituiscono una sfida a trovare mezzi adeguati per riproporre la perenne verità del Vangelo di Cristo».
Sono operazioni che suscitano interrogativi e perplessità, come quando ci si ritrova davanti alla pubblicità dell’8‰: se la stessa ragion d’essere della Chiesa nel mondo debba diventare strategia promozionale o tornare ad essere passione per il Vangelo fino a dare se stessi: “Così affezionati a voi, avremmo desiderato darvi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari” (1Tessalonicesi 2,8). È chiaro che in gioco c’è il senso stesso della evangelizzazione, ed operazioni di questo genere dovrebbero renderci più avvertiti sulle implicanze ecclesiologiche che esse comportano. L’interrogativo, che rimane in sospeso, è dunque: chi evangelizza chi? Solo per dire che è questa la questione di fondo e trasversale, che rimane invece troppo sullo sfondo in maniera irrilevante. Ma inevitabilmente riemerge e si impone in ogni discussione aperta e confronto critico.
È quello che avviene, per esempio, nella discussione aperta dall’intervento di Pietro Citati su “la Repubblica” del 10 luglio 2010 “La grazia della fede e il senso del peccato”: vi si denuncia la condizione di inquietudine e di angoscia dei cattolici in questo momento, mentre si fa presente quanto sia difficile per la chiesa rivolgere agli uomini una parola di quiete. Ma se è davvero questa la questione vera, è inutile fare ricorso ad espedienti vari: essa va risolta in chiave evangelica prima che per via organizzativa-istituzionale o in termini dottrinali. In effetti, se le iniziative vaticane rivelano preoccupazioni di sistema, il discorso di Citati sposta la questione sul piano culturale e precisamente sul “senso del peccato”. Le reazioni di Enrico Peyretti e di Raniero La Valle sembrano accettare il confronto su questo piano, pur adottando opportuni correttivi. È quanto si può vedere direttamente leggendo i testi.
 
Da parte mia un solo rilievo: quando P.Citati vuole contestare il pessimismo dominante non avanza argomentazioni, ma presenta dati di fatto, che peraltro lo mettono in contraddizione con se stesso, quando sembra gettare ombra sull’aggiornamento della chiesa: col ricorso alla storia è costretto ad ammettere quella storicità del cristianesimo che è negata in linea di principio. Egli scrive: «Mi chiedo se i timori di Benedetto XVI siano giustificati. È proprio vero che, da cinquant'anni, viviamo in un'epoca "scristianizzata", nella quale la Chiesa è ignorata e derisa? Forse le folle che un tempo riempivano le chiese sono diminuite: ma quelle folle non leggevano i Vangeli, e vedevano nel Cristianesimo soprattutto una difesa e un baluardo della società civile. Credo che sia vero il contrario. Da secoli, non esisteva nel cristianesimo un nucleo così puro ed ardente come quello di oggi: giovani, e meno giovani, che leggono i Vangeli, li meditano, capiscono come ogni parola pronunciata da Cristo sia ancora viva, scoprono i Padri della Chiesa greci, o latini, o siriaci: pregano, sia pure in solitudine; e cercano di diffondere la testimonianza di Cristo nei paesi dell'Africa».
 
A cosa dobbiamo in realtà tutto questo se non ad un processo di “modernizzazione”? E perché non dovrebbe diventare stile e fisionomia di chiesa rispetto all’immagine di “arca” da difendere? Non sarebbe questa l’opera primaria di evangelizzazione che rende evangelica la chiesa? Ed invece non si fa che mettere toppe nuove di vangelo sul tessuto vecchio di una chiesa che non rinuncia a farsi valere grazie a connivenze di potere. Un trafiletto di Filippo Ceccarelli, che possiamo leggere, ci richiama per via ironica all’ambiguità di questa evangelizzazione burocratica, ma di riflesso ci riporta alla serietà della comunicazione del Vangelo. Ed il vero problema rimane per tutti: “chi evangelizza chi”?
A.B.Simoni

Articolo tratto da:

FORUM Koinonia 217 (24 luglio 2010)

http://www.koinonia-online.it

Convento S.Domenico - Piazza S.Domenico, 1 - Pistoia - Tel. 0573/22046



Lunedì 26 Luglio,2010 Ore: 14:30
 
 
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