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www.ildialogo.org Chiesa di vertice e chiesa del Vangelo,di Mario Arnoldi, mario.arnoldi@tempidifraternita.it

Chiesa di vertice e chiesa del Vangelo

di Mario Arnoldi, mario.arnoldi@tempidifraternita.it

Ringraziamo la redazione di Tempi di Fraternità (per contatti www.tempidifraternita.it) per averci messo a disposizione questo articolo pubblicato come EDITORIALE del numero di aprile 2010
I disagi nella Chiesa cattolica
Il titolo posto sopra potrà apparire troppo teso a dividere in due parti una realtà che nel complesso dovrebbe appa­rire una, come dice la definizione stessa del Catechismo “Chiesa una, santa, cattolica, apostolica, romana”. Di fatto però, negli ultimi tempi, assistiamo a una serie di disagi all’interno della Chiesa che ci fanno parlare, se non di dilacerazione, certo di aspetti e modalità molto diverse nell’intendere l’essere Chiesa. Dichiarazioni della gerar­chica, che ora vedremo, esprimono una visione verticistica e legalista della verità da affermare e mettono in guardia di fronte alla pluralità di interpretazioni. Un’istituzione che da venti secoli, o almeno da sedici, se cominciamo dalla sua stabilizzazione teorica e pratica di epoca costan­tiniana, tende per spinta fisiologica ad autoconservarsi, per mantenere la sua identità solida nel tempo, dimentica che all’origine era nata piuttosto per parlare al mondo e non a sé stessa. D’altra parte, la molteplicità di esperien­ze di base nella Chiesa conferma i disagi di fronte alla richiesta della gerarchia di una sottomissione a volte acri­tica, invece di una comunione tra i diversi settori dell’in­tero corpo. Non è un caso che spesse volte le persone che danno vita a esperienze nuove preferiscano attribuirsi il nome di cristiani piuttosto che quello di cattolici, pur non negandolo, a indicare la preferenza per la genuinità delle origini invece che per le strutture che storicamente si sono venute creando. I disagi quindi sono soprattutto tra di­mensione gerarchica e corpo dei fedeli, tra dogma e mo­dernità, tra dottrina e laicità, eccetera.
Qualche esempio della verticalità del potere della Chiesa
L’11 febbraio scorso il cardinale Tarcisio Bertone, segre­tario di Stato Vaticano, nella cattedrale di Breslavia in Polonia ha ricevuto una laurea honoris causa e ha tenuto una lectio magistralis su “Democrazia e Chiesa”, duran­te la quale ha ricordato che la Chiesa non può essere una democrazia perché, se decidesse a “maggioranza”, si ridurrebbe ad essere “puramente umana, ridotta a livello di ciò che è plausibile e fattibile”, e sarebbe “radicalmente equivoca” l’idea del “rapporto tra gerarchia e popolo di Dio”. Quindi Bertone ha riaffermato il primato del Papa e il fatto di non essere la Chiesa né una federazione né una democrazia.
Il problema posto comporta un interrogativo di gran­de rilievo: il potere della Chiesa è esclusivamente ver­ticale, cioè discende direttamente da Dio all’autorità del Papa, e da questa, a sua volta, si diffonde in diversi rivoli, tutti strettamente controllati dal Papa, che riguar­dano gli episcopati delle varie nazioni, le esperienze di base laiche, i ministeri che si differenziano nella Chie­sa, come ha affermato il Concilio Vaticano II, configu­randosi, sulle questioni di fede e di morale, come pote­re monarchico in senso stretto, oppure ha un qualche potere anche lo Spirito Santo che appartiene a tutti, come afferma il Vangelo?
Ancora un esempio. Benedetto XVI il 13 febbraio si è incontrato coi partecipanti della XVI Assemblea Genera­le della Pontificia Accademia per la vita, che avevano di­scusso nei giorni precedenti di “Bioetica e Legge Natura­le”, manifestando forti preoccupazioni per il sostegno eti­co dato alle conquiste scientifiche riguardanti la vita uma­na. “La storia - ha detto il papa - ha mostrato quanto pos­sa essere pericoloso uno Stato che proceda a legiferare su questioni che toccano la persona e la società, pretenden­do di essere esso stesso fonte e principio dell’etica. Sen­za principi universali che consentano di verificare un de­nominatore comune per l’intera umanità, il rischio di una deriva relativistica a livello legislativo non è affatto da sottovalutare. Anche la bioetica necessita di un richiamo universale... In tale spazio si apre il richiamo normativo alla legge morale naturale... che, in quanto diritto uni­versale, inalienabile, trova il suo fondamento primo in quella legge non scritta da mano d’uomo, ma iscritta da Dio Creatore nel cuore dell’uomo, che ogni operatore giu­ridico è chiamato a riconoscere come inviolabile e ogni singola persona è tenuta a rispettare e promuovere”. Sappia­mo da altri testi e contesti come il Papa ritenga il magistero della Chiesa cattolica il legittimo interprete della legge natu­rale che si radica in Dio. L’interrogativo che si pone è se veramente le cose stanno in questi termini, oppure se lo Spi­rito Santo ha una funzione di verità e di etica pari a quella che scende dall’alto. I problemi posti da tali posizioni alla modernità sono di grande importanza.
Le esperienze di base nella Chiesa dopo il Concilio Vaticano II
Spinti dai grandi fermenti degli anni cinquanta e sessanta del Novecento, e poi soprattutto con le idee e i suggerimenti in­novativi di papa Giovanni XXIII e del Concilio Vaticano II, sono nate nella Chiesa diverse esperienze di base, sia di ca­rattere ecclesiastico, come i Preti operai o i Piccoli fratelli di Gesù di p. De Foucault, sia suscitate da laici che si facevano ispiratori del messaggio evangelico nel mondo contempora­neo. Allo stesso tempo, quanto ai rapporti nella Chiesa, ve­nivano sottolineati gli aspetti orizzontali di comunione del popolo di Dio, di battesimo e sacerdozio universale dei cri­stiani, di rivitalizzazione dell’ecumenismo e di agganci con le religioni non cristiane. Il Concilio era una ventata di “aria fresca”, come diceva papa Giovanni, che recuperava il mes­saggio del Vangelo da annunciare, non solo “ai nostri”, ma a tutto il mondo e a tutte le religioni. Così sono nati movimen­ti di base, talvolta non senza sofferenza e conflittualità, come le “Comunità cristiane di base” attorno all’Isolotto di Firen­ze, la Rete Radiè Resh per la solidarietà con la Palestina e poi coi paesi del Sud del mondo, e molti altri, sarebbe lungo citarli tutti, molti dei quali tuttora vivono e sono fecondi di iniziative nel senso dell’apertura della Chiesa a tutti, sacer­doti e laici, nell’autonomia di questi ultimi, ed anche verso i non credenti. Nei paesi latino americani, in Africa e in tutti i continenti del mondo si sviluppavano teorie e prassi di libe­razione dalla miseria come premessa o come sostanza stessa della liberazione operata da Gesù... beati i poveri. Teorie e prassi della liberazione della donna accompagnavano queste forme di rinnovamento.
Una stagione nuova. Gli incontri di Firenze
Accanto ai drammi e al dolore dell’umanità, causati dalle guerre e dalla brama di profitto portata alle estreme conse­guenze, che, diciamo con Gesù, ci accompagnerà sempre... i poveri saranno sempre con voi..., stanno nascendo forme nuove di aggregazione di base che corrispondono alle esi­genze odierne. All’incontro dei preti operai dello scorso anno ho ascoltato una delle lezioni più precise e complete, con­dotta da un docente universitario, sulla situazione economi­ca e finanziaria e sulla crisi che ci attanaglia, crisi prevista, creata, tamponata ma non risolta. A Firenze si sono svolti due incontri, autoconvocati da movimenti di base preesistenti, da altri di nuova generazione e da persone singole che hanno trattato l’argomento della riscoperta del Vangelo di fronte al dilagare della concezione della Chiesa come Legge. I titoli dei due incontri sono stati “Il Vangelo che abbiamo ricevuto”, 16 maggio 2009, e “Il Vangelo ci libera, e non la legge”, 6 febbraio 2010. I partecipanti sono stati circa 300, segno del bisogno di esprimersi, di coordinarsi e di progettare il nuovo.
L’”invito ai cristiani”, steso dai promotori per l’incontro “Il Vangelo che abbiamo ricevuto”, coglieva i diffusi disagi attuali tra Chiesa e società tra le quali sembra essersi deter­minata una drammatica frattura su questioni importanti come la libertà di coscienza, i diritti umani, il pluralismo religioso, la laicità della politica e dello Stato. La Chiesa appare ripie­gata su se stessa, chiusa, incapace di dialogare con gli uomi­ni e le donne del nostro tempo. Sulla scia del Concilio Vati­cano II vanno ripensati le questioni riguardanti l’esercizio della collegialità episcopale e del primato papale, i criteri delle nomine dei vescovi che devono salvaguardare il plura­lismo, la condizione dei divorziati dei separati e delle perso­ne omosessuali, l’accesso delle donne ai ministeri ecclesiali, la dignità del morire non terrorizzati. Al centro della Chiesa deve esser messo il Vangelo e la sua radicalità. Solo così la Chiesa potrà essere vista e sperimentata come “esperta in umanità”. L’”invito” proponeva infine il programma concre­to dello svolgimento dei lavori.
Nella “lettera invito” al secondo incontro, Firenze Due, si legge: “Lasciata alle nostre spalle la necessità di dar voce ancora una volta al disagio di tanti nella Chiesa di oggi, ab­biamo pensato a un argomento forte: Il Vangelo ci libera, e non la legge”, capace di portare a una maggiore autenticità la nostra esperienza cristiana. Il dibattito preparatorio è stato vivace. Alcuni non erano d’accordo sul lasciare alle spalle, dopo un solo incontro, la necessità di dar voce al disagio di tanti nella Chiesa di oggi, altri, come don Paolo Giannoni, affermavano che le difficoltà presenti si superano con un pro­getto di trasformazione quale l’affermazione e la pratica del Vangelo e non solo con la legge, che troppo spesso prevale nella vita della Chiesa, oscurando la verginità sorgiva del messaggio di Gesù quale lui stesso ha predicato e praticato attraverso le Beatitudini, le parabole, la sua morte e resurre­zione. È un programma, quello del Vangelo, che richiede, si potrebbe dire, non una sola vita, non una sola storia per esse­re realizzato completamente sino alla salvezza del mondo intero. I lavori hanno visto le relazioni di diversi teologi, teologhe, laici. Uno spazio interessante è stato dato a un movimento più recente, rispetto a quelli di nascita immedia­tamente postconciliare, cioè Noi siamo Chiesa, che ha avuto modo di esprimersi ampiamente. I lavori di Firenze Due non hanno dato luogo a risultati definitivi, vista l’ampiezza delle esigenze, delle proposte, delle relazioni. In contrapposizione alla centralità rigida del Pontefice nella Chiesa, si è parlato piuttosto di sinodalità, di polifonia, di ascoltare le ragioni degli altri dentro e fuori la Chiesa, di comunione. Il cammi­no è lungo ma promettente. Attendiamo l’appello per Firen­ze Tre o per un luogo analogo.
(Per saperne di più, per leggere le relazioni complete di Firenze: www.statusecclesiae.net)


Giovedì 08 Aprile,2010 Ore: 17:15
 
 
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