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www.ildialogo.org TRA MAFIA E BUSINESS, LA PIAGA DEI ROGHI IN CAMPANIA. INTERVISTA AL VESCOVO DI AVERSA,di Agenzia Adista Notizie n. 42 del 24/11/2012

TRA MAFIA E BUSINESS, LA PIAGA DEI ROGHI IN CAMPANIA. INTERVISTA AL VESCOVO DI AVERSA

di Agenzia Adista Notizie n. 42 del 24/11/2012

36932. AVERSA-ADISTA. L’hanno ribattezzata “la terra dei fuochi”, termine già utilizzato da Roberto Saviano nel suo best seller Gomorra: si tratta di un lembo di terra tra Napoli e Caserta, che si estende da Giugliano a Qualiano, da Villaricca a Casal di Principe. Ogni giorno, in quelle zone si vedono ardere roghi di rifiuti: colonne di fumo nero e maleodorante che per molto tempo si è ritenuto fossero solo la spia di un malessere sociale diffuso tra gli abitanti dell’hinterland napoletano, in reazione alla presenza di cassonetti stracolmi, di spazzatura che invadeva marciapiedi e carreggiate stradali, emanando miasmi insopportabili. In realtà, la pratica di bruciare rifiuti è spesso frutto della strategia criminosa delle mafie, che trovano nei roghi il sistema più pratico ed economico per smaltire rifiuti tossici o speciali. Un sistema che procede inarrestabile da molto, troppo tempo, che ci siano o no mucchi di spazzatura sulle strade. Negli ultimi anni, poi, con una “emergenza rifiuti” divenuta sempre più la drammatica quotidianità della Campania (la “straordinarietà” sta solo nella enorme concentrazione dei poteri nelle mani dei “commissari” governativi e nell’ingente mole dei finanziamenti stanziati finora per risolvere il problema), i roghi si sono intensificati. A bruciare illegalmente sono rifiuti agricoli e plastica, residui delle lavorazioni delle fabbriche locali di scarpe e borse, ma anche amianto, o rifiuti tossici “importati” da altre zone d’Italia, dove i controlli sono più severi che in Campania. E si avvelena l’aria, si contaminano le falde acquifere, si inquinano fiumi e coltivazioni agricole, si provocano danni irreversibili all’ambiente e alle persone, riversando nell’atmosfera sostanze tossiche e cancerogene come diossine, furani, policlorobifenili (pcb) e metalli pesanti, nonché gli Ipa, i famigerati Idrocarburi policiclici aromatici, l’esposizione prolungata ai quali danneggia gravemente soprattutto reni e fegato. E aumenta esponenzialmente il rischio di tumori.<

I pochi dati relativi alle conseguenze sulla salute collettiva dovute all’inalazione delle sostanze prodotte dai roghi vengono da uno studio condotto dall’Istituto Nazionale Tumori in collaborazione con la Fondazione Pascale, pubblicato a luglio 2012. Nell’hinterland napoletano (capoluogo escluso), a Caserta e dintorni, la percentuale di morti per cancro è nettamente superiore alla media nazionale, con incrementi percentuali del tasso di mortalità per tumori negli ultimi 20 anni che in provincia di Napoli è del 47% fra gli uomini e del 40% tra le donne, mentre in provincia di Caserta è rispettivamente del 28,4% e del 32,7%. Aumentano in particolare i casi di tumore del colon retto, quelli al polmone, al fegato ed alla mammella. In aumento anche le patologie legate alla fertilità.<

Per tutte queste drammatiche ragioni, negli ultimi mesi sono sorti molti comitati antiroghi, che si sono riuniti in un Coordinamento; la Regione ha promesso un nuovo piano di sorveglianza; il ministro della Salute Renato Balduzzi (Radio1, 22/8) ha parlato di «quadro preoccupante»; quello dell’ambiente, Corrado Clini (Avvenire, 20/7) ha promesso provvedimenti straordinari per far fronte al fenomeno. Che ad oggi, però, è ancora lontano dall’essere sotto controllo.<

La Chiesa in prima linea<

Sulla spinta di tanti parroci profondamente inseriti nelle drammatiche condizioni di vita dei loro parrocchiani la Chiesa locale si è mobilitata. Alla ribalta soprattutto don Maurizio Patriciello, parroco di San Paolo Apostolo a Caivano (i parroci della forania di Caivano, 13 parrocchie tra Caivano, Crispano e Cardito sono da mesi mobilitati a fianco della loro gente), che con un editoriale su Avvenire (3/7/2012) ha attirato l’attenzione sui roghi anche della Chiesa istituzionale. Il quotidiano dei vescovi è da allora tornato più volte sulla vicenda, mentre don Patriciello è stato recentemente protagonista dell’incredibile episodio avvenuto a Napoli, il 18 ottobre scorso, durante la riunione tra prefetto, autorità e cittadini per discutere dell’emergenza ambientale provocata dai roghi tossici. Il prete fu duramente rimproverato dal prefetto di Napoli Andrea De Martino per il solo fatto di essersi rivolto al prefetto di Caserta Carmela Pagano chiamandola “signora”. Un episodio che, grazie ad un video amatoriale girato da uno dei presenti, era rimbalzato su tutti i media nazionali, creando sconcerto ed indignazione, obbligando il prefetto a pubbliche scuse. E accendendo però finalmente i riflettori sulla questione dei roghi e sul merito delle denunce di don Patriciello.<

Il vescovo di Aversa (diocesi di circa 600mila abitanti, distribuiti proprio nella zona più colpita dalla piaga dai roghi), mons. Angelo Spinillo, non è certo rimasto indietro. A fine settembre ha scritto al presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz, un accorato appello, cui era allegata una petizione sottoscritta in tutte le parrocchie del territorio e attraverso il sito internet della diocesi. «La popolazione è allo stremo, vogliamo gli stessi diritti di tutti gli europei», denunciava mons. Spinillo che da maggio 2012 è anche vice-presidente per il sud Italia della Conferenza Episcopale Italiana. «Altissimi roghi di tonnellate di pneumatici, pellami e stracci intrisi di sostanze liquide mortalmente tossici, bruciano di giorno e di notte rendendo l’aria tossica e irrespirabile. La campagna geme. La gente scappa via o si rintana in casa per non inalare il veleno sprigionato. Il popolo è allo stremo. Sfiduciato, stanco, depresso». È la camorra, denunciava il vescovo di Aversa, che «permette e sostiene questo scempio per i suoi interessi economici, gestendo lo smaltimento illegale dei rifiuti tossici industriali provenienti dalle aziende del nord e del sud Italia, a fronte di una manifesta incapacità delle amministrazioni locali di far fronte al problema». A mons. Spinillo Adista ha rivolto alcune domande. (valerio gigante)<

Dietro il fenomeno dei roghi, in passato addebitato all’insofferenza e rabbia dei cittadini nei confronti di una “emergenza”, quella dei rifiuti, che è invece cronica piaga del territorio, si maschera lo smaltimento illegale e a basso costo di rifiuti tossici, annullandone anche la tracciabilità. In che modo la camorra si è inserita in questa situazione di confusione e malessere sociale?<

Non credo di essere un esperto di questa terribile forma di malavita organizzata che è la “camorra”, che tanto male semina nella società civile con il solo scopo di imporre un proprio dominio e strappare da ogni cosa un sempre più consistente vantaggio economico. Con questa premessa, però, dico anche che non c’è bisogno di conoscere dettagliatamente la storia ed i personaggi del fenomeno camorristico per intuire quale sia la logica che ne muove le azioni e la presenza. Quando si parla dei rifiuti e dello smaltimento illegale dei rifiuti tossici, si parla di una situazione assai problematica in cui non si può dire che la “camorra” si sia infiltrata, ma piuttosto di una situazione che la “camorra” ha creato per guadagnare ancora più denaro in maniera facile e veloce. Ne è prova il fatto che – nonostante il fenomeno, con tutti i problemi connessi, sia andato crescendo nel tempo, e la quantità dei rifiuti che si andava accumulando sia stata sempre facilmente visibile da tutti – non c’erano state forme di lamentela veramente convinte.<

Solo ora, perché ci si è accorti delle tragiche conseguenze cui ha portato questo modo di sporcare e di inquinare la terra, si è iniziato a parlare con decisione del problema. Prima non se ne parlava, temo, per la solita rassegnata paura, che fa abituare a tutto. A ciò bisogna aggiungere che la quantità di rifiuti – precisiamo: di rifiuti tossici, di origine industriale, abbandonati sui terreni e lungo le strade – è tale che non può essere considerata come una semplice conseguenza della maleducazione o come scarso senso civico di chi abbandona dove gli capita la busta con l’immondizia di casa, ma piuttosto come lo sviluppo di un’azione pensata e organizzata per il trasporto e la dispersione di quanto è stato preso, dietro adeguato compenso, per essere poi in qualche maniera smaltito.<

La questione dei roghi ha visto molti preti e credenti impegnati in prima fila per la tutela della salute e del territorio, ma anche nella denuncia degli interessi mafiosi e dei danni gravissimi che tale pratica sta causando alla popolazione. È stato un intervento di “supplenza” rispetto alle autorità, che non sono intervenute subito per tutelare la popolazione? <

La questione dei roghi e dei fumi tossici sprigionati dalla combustione di materiali inquinanti ha visto presenti ed impegnati i sacerdoti del territorio (e con loro, le parrocchie e la diocesi) perché, insieme a tante associazioni di cittadini, hanno raccolto il grido della gente che cercava aiuto e un qualche interlocutore cui manifestare la propria difficoltà e con cui condividere un’azione di sensibilizzazione e di speranza per la vita del territorio. Non è questo un vero e proprio intervento di “supplenza”, perché non ci sono attività concrete di cui la Chiesa possa farsi carico, ma un intervento, o meglio, una presenza di solidarietà e di fraternità che condivide il vissuto quotidiano del popolo e se ne fa interprete. La Chiesa continua a raccogliere le persone, a dialogare con tutti per richiamare l’attenzione delle autorità e della società civile sul problema e per far crescere la sensibilità dei cittadini verso la possibilità di un agire ordinariamente attento e rispettoso del “bene comune”, della vita di tutti.<

La sua è la diocesi di don Peppino Diana. In che modo la testimonianza di don Diana si è sedimentata nella pastorale delle parrocchie della sua diocesi, nell’azione dei preti e dei laici impegnati sul territorio?<

Sì, la nostra diocesi ha vissuto la tremenda esperienza di vedere ucciso uno dei suoi preti, don Peppino Diana. Sono passati quasi venti anni e la memoria di quel tragico fatto di sangue è sempre molto viva e quel sacrificio rimane un evento significativo e di grande valore per la Chiesa locale e per le tante altre forme di associazionismo impegnate per la crescita civile e sociale della nostra terra.<

Lo scorso 19 marzo, anniversario dell’uccisione di don Peppino, abbiamo ripubblicato lo scritto che egli, con i sacerdoti di Casal di Principe, diffuse tra la gente nel Natale del 1991, Per amore del mio popolo, non tacerò. Con quel testo abbiamo anche ripubblicato il documento dei vescovi della Campania del 1982, che, con lo stesso titolo, aveva già espresso una dura condanna della “camorra” e di tutte le sue manifestazioni. Abbiamo voluto quella pubblicazione per riconoscere che il sacrificio di un sacerdote è un’offerta di fedeltà a Dio e alla vita del suo popolo, e come tale è un segno che invita l’umanità a guardare alla giustizia, alla verità, al bene. Credo di poter dire che la figura di don Diana è la testimonianza della volontà di tanti, sacerdoti e laici che vivono e annunziano in questa terra, anche ispirati dal suo sacrificio, lo stile di vita suggerito dal Vangelo.<

Lei ha scritto al presidente del Parlamento europeo; il card. Crescenzio Sepe non ha esitato a definire quello dei roghi un «dramma umanitario» e a dichiarare, il 12 novembre scorso, “se non si pentono, i camorristi non possono entrare in chiesa neppure da morti”; Avvenire da mesi dedica articoli alla questione. Se si guarda a queste scelte – insieme al fatto che la Chiesa ha recentemente dato il via libera alla causa di canonizzazione di don Puglisi, o alle parole del documento del 2010 della Cei su Chiesa e Mezzogiorno e della Nota pastorale dei vescovi calabri sulla ‘ndrangheta (2007) – sembra si possa dire che, dentro l’episcopato italiano e più in generale nell’istituzione ecclesiastica, stia maturando una sensibilità nuova rispetto ai temi della legalità e della lotta alle mafie. Non più la coraggiosa iniziativa di un singolo prete o vescovo, ma una cultura che ormai comincia a farsi patrimonio comune. È così?<

Certamente la lotta per vincere i mali che sottomettono l’umanità all’ingiustizia ed alla prepotenza di coloro che vogliono dominare gli altri sviluppando una logica che è contraria alla verità della volontà di Dio è una consapevolezza ed un tipo di azione che vive nella sensibilità di tutta una Chiesa. Per grazia di Dio, ci sono sempre dei profeti generosi e sapienti, attenti alla voce dello Spirito, che si levano per chiamare la comunità ed i suoi pastori a guardare a quelle realtà che insidiano la vita di tutto il popolo. La voce di questi profeti, oggi soprattutto, non rimane isolata, è accolta e fatta propria da tutta la Chiesa. Questo può dare forza all’annunzio ed alla testimonianza che educa il popolo stesso e lo chiama a quella continua conversione che, speriamo, potrà dare abbondanti frutti di giustizia e di bene per tutti. (v. g.)

Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24 Fax +39 06 686.58.98 E-mail info@adista.it Sito www.adista.it



Sabato 24 Novembre,2012 Ore: 17:35
 
 
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