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www.ildialogo.org Patroni e padrini,di Domenico Pizzuti

Patroni e padrini

di Domenico Pizzuti

da Adista Segni Nuovi n. 11 del 11/02/2012


Da un po’ di tempo “gli inchini” alla natura ed agli umani, compresi i santi in paradiso, producono solo guai e scompiglio. Anche nel caso della processione del protettore di Castellammare, san Catello, una fermata ed un inchino davanti all’abitazione del boss agli arresti domiciliari, vecchio esponente del clan d’Alessandro, ha prodotto la reazione plateale del sindaco Luigi Bobbio che è uscito dal corteo con il gonfalone del Comune, tirandosi dietro qualche grido «vergogna» [v. Adista n. 8/12]. Non è solo un fatto di cronaca locale che fa rumore, ma una vicenda gravida di significati che occorre esplicitare per una comprensione più approfondita di eventi cruciali per una comunità, come una festa religiosa e civile, in cui si manifestano poteri e potenze.
In primo luogo, la fermata della processione religiosa davanti all’abitazione del boss, per consentirgli di rendere omaggio al santo patrono, assume il significato di considerazione e ossequio per il capo camorra, che viene reputato e omaggiato con questo gesto come “uomo di rispetto”, cioè rivestito di potere ed autorevolezza, nonostante lo stigma criminale per i provvedimenti della magistratura. Da questo punto di vista il gesto del sindaco Bobbio non è un esibizionismo che guasta la festa, ma la rivendicazione della sola autorità legittima sul territorio e per la comunità, essendo stato legittimamente eletto.
In secondo luogo, occorre dipanare un groviglio di significati più o meno religiosi riguardanti i gesti di omaggio che si svolgono nella processione. Certo la processione è un omaggio al santo protettore locale che viene portato per invitare alla venerazione e per richiedere protezione attraverso i luoghi di vita della città. Ma l’omaggio al santo è espresso anche dal boss locale che si affaccia e lancia un bacio alla statua di san Catello, secondo un universo religioso tradizionale, di cui sono partecipi anche mafiosi e camorristi “devoti”, che la Chiesa ha più volte stigmatizzato per l’incongruenza di vita [v. Adista nn. 82/07, 85/08, 64/10, 64 e 65/11]. Nello stesso tempo, dai portatori della statua che si sono fermati avanti all’abitazione viene reso omaggio e rispetto al boss che, nonostante le restrizioni penali, viene considerato persona importante della comunità e non escluso per i suoi trascorsi illeciti. La domanda inquietante che si pone è: quanti dei partecipanti alla processione condividono questa mentalità?
In terzo luogo, una considerazione di carattere fenomenologico sulla categoria di “potenza”. Senza dubbio è diffusa un’aura sacrale di fronte al santo protettore e benefattore celeste per i suoi poteri a vantaggio dei devoti che a lui si rivolgono e lo festeggiano per le strade della loro città. Ma potenza e protezione vengono attribuite anche al vecchio boss per benefici distribuiti ed opportunità concesse, benché in maniera illecita e violenta.
Bisogna riflettere su questo travaso da una “potenza” di carattere sacro ad una “potenza” umana e criminale, che ha come obiettivo il conseguimento di dominio, successo e denaro. Un legame che deve essere una buona volta tranciato per una conversione prima di tutto civile.
«Scherza con i fanti ma lascia stare i santi», dicevano i nostri nonni. Che non sia il caso di lasciare i santi in casa loro in paradiso o nelle chiese per essere ivi degnamente venerati?

* Gesuita e sociologo (Scampia, Napoli)



Marted́ 07 Febbraio,2012 Ore: 16:43
 
 
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