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www.ildialogo.org Il concilio ieri oggi e domani,di Peppe Manni

Fermenti da recuperare
Il concilio ieri oggi e domani

di Peppe Manni

Da Settimana rivista nazionale Dehoniana del 7 luglio 2013 - n° 27. Con questa riflessione l'autore tenta di fare una narrazione "completa" del Concilio a Modena, raccontando anche una parte che è stata dimenticata negli incontri e negli articoli apparsi quest'anno. Con la speranza che solo nella verità storica può costruirsi un dialogo autentico.

la Chiesa di Modena in diversi luoghi e modi ha celebrato i 50 anni del concilio.
Sono stati approfonditi i contenuti dei documenti fondamentali. E sono stati raccontati i momenti di grande attesa, di speranza e di entusiasmo che hanno caratterizzato quei magici momenti del post-concilio a Modena: il fervore liturgico, la ri-lettura biblica, le innovazioni ecclesiali. Sotto la guida coraggiosa e prudente del vescovo Giuseppe Amici.
Anch’io sono un testimone del concilio e vorrei parlarvi dell’altra faccia della luna della quale non si è parlato e che fin troppo velocemente è stata classificata come un movimento contestatore e di dissenso. Nella nostra diocesi ha avuto comunque una rilevanza notevole. La storia è solitamente raccontata dai vincitori... ma tra noi non deve essere così: chi è grande deve sentirsi piccolo, e viceversa. Il rinnovamento conciliare cominciò nelle parrocchie e nell’Azione cattolica. Conferenze, dibattiti che coinvolsero tutta la città. Anche il settimanale diocesano partecipò all’informazione e al dibattito. Nacquero sperimentazioni comunitarie. Gruppi spontanei e comunità di base anche gestite da laici. Seminaristi teologi della diocesi e di congregazioni religiose uscirono da seminari e studentati e si unirono in nuove forme di comunità e per nuovi impegni pastorali. Furono una cinquantina. La parrocchia del Villaggio Artigiano con la sua comunità di preti operai fu il luogo di una sperimentazione pastorale accolta dal vescovo insieme a quella di Nonantola e ad altre che, al di là di evidenti ingenuità, produsse buoni frutti. I preti operai a Modena furono 24: erano sacerdoti che decisero di seguire Cristo povero andando in fabbrica. Fu in nome della “povertà della Chiesa” – una parola nuova del concilio – che furono fatte alcune scelte radicali.
È stato ricordato – giustamente – il gemellaggio della diocesi di Modena con una diocesi del Brasile: una ventina di sacerdoti e laici/laiche lavorarono per diversi anni nella diocesi di Goiàs.
Ma non si fa memoria di queste altre esperienze. Si è parlato invece di... tensioni, di inquietudine e di lacerazioni. È vero, ma era tutta la società che era in fermento, attraversata da sussulti alla ricerca di un nuovo equilibrio. Erano le doglie del parto.
Tra preti e laici si discuteva e ci si ascoltava. Poi il dialogo si spezzò per due motivi principali: molti cristiani e preti difesero la libertà dei cattolici di votare a sinistra e di potersi esprimere liberamente nel referendum sul divorzio del 1974.
Si è accennato, con un certo disagio, ad un altro “frutto negativo” del post-concilio: i seminari si svuotarono, ci fu un grande esodo dalle chiese, 25 preti “abbandonarono” il ministero. Ma viene da pensare che sia stata piuttosto la Chiesa ad abbandonarli in quanto il matrimonio che avevano scelto non permetteva più a loro, per una legge ecclesiastica, di esercitare il ministero. Non furono più contattati, lasciati a loro stessi, cancellati. Molti di loro hanno continuato ad impegnarsi in nome del vangelo in vari campi.
Alcune comunità esistono ancora e accolgono uomini e donne al margine che comunque non andrebbero nelle parrocchie. Ora queste realtà sono un punto di riferimento di molti credenti o di uomini e donne in ricerca, che si trovano in grande difficoltà nella Chiesa. E scelgono di non frequentare abitualmente le parrocchie. Il concilio ci ricorda che il regno di Dio non è solo la Chiesa. A un vescovo dovrebbe far piacere sapere che anche altri, al di fuori delle parrocchie e dei movimenti, adorano Dio in spirito e verità e confessano Gesù Signore e testimoniano la carità di Cristo.
Oggi, dopo 50 anni, l’esodo dalla Chiesa cattolica è diventato drammatico, specialmente tra i giovani; mancano i preti; l’abbandono delle parrocchie – specialmente quelle di montagna –, l’invecchiamento del clero, l’immissione di preti stranieri, rendono drammatico il mancato coraggio di cercare altre strade come già suggerito da vescovi conciliari, per nuove figure di pastori.
Il dialogo che era stato suggerito dai padri conciliari è stato applicato con le Chiese riformate, con i musulmani, con i lefebvriani e con gli atei, ma non con quella parte di Chiesa che scelse una strada diversa. Credo che, se si fosse fin dall’inizio ascoltato, accolto, discusso, forse ci saremmo compresi tutti di più e ci troveremmo più preparati ad affrontare la “modernità”.
Nella narrazione che si fa del concilio in questi giorni, sarebbe cosa buona e giusta ripensare insieme, senza paura, a quei fermenti degli anni 70 e recuperare quegli aspetti che, anche in quel tempo, riuscivano a bucare le mura inossidabili della cittadella-Chiesa per aprirsi e dare speranza a tanti uomini e donne che si stavano allontanando da Cristo. In quel tempo, infatti, non ci fu solo un esodo dalla Chiesa ma dobbiamo registrare anche un rinnovato impegno e aggregazioni insperate di giovani intorno alla Parola rilanciata dal concilio, la scoperta di una comunione nuova, del dialogo, della partecipazione attiva, di un impegno nel sociale, della povertà di una Chiesa libera da implicazioni politiche ed economiche. Le parole di speranza di papa Giovanni XXIII invitavano a non essere pessimisti, ma a cercare nuove strade per evangelizzare gli uomini, interessati, oggi più che mai, ad una Buona Novella. Sembra abbiano trovato una nuova eco in papa Francesco.

Beppe Manni (Modena)




Domenica 11 Agosto,2013 Ore: 10:56
 
 
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