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www.ildialogo.org La Chiesa cattolica ha cambiato paradigma,a cura di Enrico Peyretti

Libri
La Chiesa cattolica ha cambiato paradigma

a cura di Enrico Peyretti

Un libro di Giuseppe Ruggieri, Ritrovare il concilio, Einaudi 2012, pp. 131, € 10,00


Sintesi telegrafica, forse utile per ricordare il libro o per mettere desiderio di leggerlo.

I numeri indicano le pagine del libro (Enrico Peyretti)

I - L'evento

pag. 11 del concilio non contano solo i documenti scritti, ma la storia, l'evento 12

14 nel mutamento di mentalità continua la tradizione. Si vive mutando

16 due registri: a) registro teologico: Benedetto XVI riforma nella continuità, mutano le forme non i principi; 18-19 ma questa distinzione varia nel tempo: ipotesi poligenista condannata nella Humani Generis perché incompatibile con dottrina peccato originale, ora risulta problema secondario; b) registro storico: evento, cambia le cose nella lunga durata

18 discontinuità del concilio: - rappresenta tutta la chiesa – presenza dei teologi prima condannati – ruolo dei media – cambia liturgia – si rivolge a tutta l'umanità, non al clero solo – ritorno alle fonti come aggiornamento – osservatori non cattolici con influenza indiretta – libertà religiosa rompe con condanna della separazione chiesa e stato 19° e 20° secolo, e con la dottrina dello stato confessionale -

19 dal linguaggio giudiziale-legislativo dei precedenti concili al linguaggio “panegirico” = ideale da perseguire (così volevano i cattolici riformatori prima di Trento, vedi p. 57). Giov XXIII: vangelo sempre identico vicino agli h e donne del ns tempo

20 come muta parabola zizzania: a) in tutti i concili compito dei vescovi sradicare la zizzania (in contraddizione con le parole di Gesù); b) il Vat II è l'unico concilio che dà interpretazione giusta, diverso approccio al pb del male; la discontinuità esalta la fedeltà

21 la storia delle decisioni, i testi sono un prodotto della storia. Dopo Trento la curia secretò la documentazione sui lavori, riservata alla sola “Congregazione del concilio” l'interpretazione autentica; archivi accessibili solo con Leone XIII (Storia dei concili, di Jedin); invece i documenti del Vat II messi subito da Paolo VI a disposizione, più documenti non ufficiali, diari, lettere, opere scritte durante le discussioni conciliari. Il concilio va compreso nella sua storia intera, non nei soli testi.

23-24 quali cambiamenti? Derivati dai movimenti e rinnovamenti precedenti. Giov. XXIII pensa concilio diverso da continuazione del Vat I, cioè «nuova Pentecoste», decisione tutta sua, comunicata ai cardinali (in silenzio stupito) senza richiesta di un parere

25 «precisare e distinguere ciò che è principio sacro e Vangelo eterno e ciò che è mutevolezza dei tempi»; «stiamo entrando in un'epoca .... universale»; far nostra la raccomandazione di Gesù di «saper distinguere i segni dei tempi .. scorgere, in mezzo a tante tenebre, indizi non pochi che fanno bene sperare». Queste motivazioni nella Gaudet Mater Ecclesia (11 ottobre): tradurre la sostanza viva del vangelo nelle mutate circostanze dei tempi.

25-26 non dà uno scopo determinato, non è discutere di un punto della dottrina, «per questo non occorreva un concilio», ma, dall'adesione a tutto l'inegnamento dei concili, «un balzo innanzi verso una penetrazione dottrinale e una formazione delle coscienze». Quindi carattere “pastorale” del concilio, non l'applicazione pratica della dottrina, ma una dimensione costituiva della dottrina; per Giov XXIII la dottrina deve essere attenta al linguaggio mutevole per poter trasmettere la «sostanza viva» del vangelo; proprio una nuova traduzione del vangelo mantiene la continuità

28 i vescovi dovettero assimilare questo carattere “pastorale” del concilio: non rivolto al passato per ristabilire la forma originaria (ri-forma) [in realtà c'è anche questo nella dinamica avviata dal concilio, ndr], ma rivolto al presente «rivestimento storico» della sostanza viva del vangelo. In coerenza con ciò, rifiuto di ogni condanna, che la chiesa ha sempre fatto verso gli errori, «ora, tuttavia, la sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che della severità … mostrando la validità della sua dottrina piuttosto che rinnovando condanne». Vescovi fedeli a questa consegna, ma molti invocavano condanna del comunismo [però c'è - unica condanna – quella della guerra totale, nella GS; ndr]

29 1) scopo pastorale 2) scopo ecumenico; su di ciò, tensione con la curia; papa Giovanni nell'annuncio: «rinnovato invito ai fedeli delle chiese separate [così il manoscritto originale; nella raccolta ufficiale “chiese” diventerà “comunità” !! ] a partecipare con noi a questo convito di grazie e di fraternità». Ai parroci di Roma parlerà di concilio di unione, ma questa frase scompare dal testo ufficiale. Ai vescovi e al clero veneto nell'aprile 1959, sul “calendario” ecumenico dice: «... riunione perfetta di tanti fratelli separati con l'antica Madre comune»

30-32 attori del concilio fuori dall'aula: l'opinione pubblica, i teologi prima emarginati,

32-33 una particolare libertà dei vescovi: i testi delle commissioni preparatorie, distribuiti nell'estate 1962, non corrispondevano allo scopo “pastorale”. Il caso scoppia sulle “fonti della rivelazione”. Trento non aveva parlato di “due fonti” ma questa era l'interpretazione antiprotestante insegnata nelle scuole.

35 il 60% respinse il testo. Non bastava, occorrevano i 2/3. ma il papa superò il regolamento e rinviò il testo a una commissione mista (teologia e ecumenismo), presieduta da Bea. 36 Da quel momento il concilio scoprì la propria libertà nel superare l'insegnamento standardizzato dall'autoritarismo romano

 

II – La parola di Dio 37

«Nuova Pentecoste» l'espressione migliore per dire il parlare a tutti nella lingua dei tempi nuovi. Ma anche fine di un'epoca (èra costantiniana; cristianità; tandem potere civile ed ecclesiastico)

38 Per Ruggieri il “prima” che cambia non è la storia del cristianesimo dalle origini ma solo da Trento in qua.

39 allora, in funzione antiprotestante (sola Scriptura), si insiste su tradizione apostolica “di mano in mano”, e diffidenza della Bibbia, proibita ai fedeli, interpretata solo tramite insegnamento del magistero. Ma Trento non aveva parlato di “due fonti”.

41 dallo schema rifiutato nel nov. 62, la Dei Verbum fu approvata 18 nov. 1965. Aggira pb delle “due fonti” leggendo meglio Trento: profeti, vangelo, apostoli. La chiesa «attinge la certezza di tuto ciò che è stato rivelato non dalla sola Scrittura» ma anche dalla Tradizione «in mutua relazione con la Scrittura» (DV 9). La Scrittura cresce [con chi la legge (Gregorio Magno)], [con lo studio, l'esperienza sipituale dei fedeli, l'insegnamento DV 8]

 

1. nuovo concetto di rivelazione

42-43 nuovo concetto di rivelazione: per Trento solo rivelazione oggettiva ed esterna, contro interpretazione privata; per Vat I, una rivelazione naturale alla ragione e una soprannaturale (senza riferimento a Gesù Cristo !!).

43-44 Vat II sposta la prospettiva: abbandona modello teoretico-istruttivo e adotta modello comunicazione interpersonale di amore (DV 2). perciò nell'amicizia con Dio c'è vera rivelazione. Ruggieri: «qui c'è tutta la carica esplosiva del concilio»: a) attenzione al mistero di ogni esistenza umana, come in Mt 25 quelli che danno da mangiare a Gesù nel bisognoso, senza conoscerlo: ecco «chi sono quelli a cui Dio si rivela»

45 b) storicamente si dà rivelazione solo nella fede. La fede di tutti quanti sono accolti nell'amicizia di Dio è la “storia della rivelazione”; per i cristiani è anzitutto nella persona di Gesù in cui la parola di Dio si identifica, si incarna

45-46-47 DV1: comincia con l'accusativo, che precede il soggetto, per evidenziare il primo Soggetto: «La Parola di Dio religiosamente accogliendo … il concilio obbedisce...». Storicità della comunicazione di Dio agli uomini, con vertice in Gesù, il cui racconto è fissato nel II secolo nei testi “canonici”. Pb: quale valore di altri testi non canonici ?

 

2. La Tradizione che vive

47-50 subentra Tradizione “reale” che vive nalla chiesa stessa (tracce in Newman): DV 8 = «uno dei testi più pregnanti del concilio» (Ruggieri; cfr Gregorio Magno, vedi sopra). Perplessità dei protestanti (riduce Scrittura?) e conservatori (modernismo!). Testo corretto per non includere tutto (Scrittura = rosario!). Ma importante: l'insieme della chiesa (tutti coi loro carismi) e non solo la gerarchia cresce nella comprensione del vangelo; scompare «l'odiosa separazione» docenti-discenti, comandanti-obbedienti; Tradizione non è solo l'insegnamento, ma la vita cristiana tutta.

50 pericolo di affogare il vangelo nell'esperienza soggettiva? Lo Spirito promesso da Gesù garantisce la chiesa. Però il concilio non ha affrontato il pb del discernere tra le tradizioni compresenti nella chiesa.

 

3. Criteri dell'esegesi biblica

50-53 Il concilio affrontò il pb dell'esegesi storico-critica. a) Dio non disdegna di abbassarsi al livello degli autori umani; b) non comunica verità scientifiche, ma per la nostra salvezza (DV11): l'ispirazione non riguarda la lettera (racconto del peccato di Adamo ed Eva) ma il messaggio: nonostante il peccato Dio ama e promette salvezza; c) leggere un autore biblico comprendendolo meglio di quanto lui comprenda se stesso e Dio abbia comunicato attraverso di lui (istanza a lungo tacitata in passato)

 

4. Centralità della Scrittura

54 DV capitolo finale (n. 25) insieme a Segretariato unità Xni: ruolo centrale nella vita di tutti i Xni, 302 anni dopo Trento si chiudeva un'epoca

 

III – La storia 55

1. La storia vissuta è luogo teologico

55-56 l'aspetto più innovativo del concilio: l'attenzione alla storia. Non solo accade nella storia, ma avverte mutamento epocale. Papa Giovanni vede segni dei tempi di speranza, anche nella Pacem in terris: a) ascesa economico-sociale delle classi lavoratrici; b) ingresso della donna nella vita pubblica; c) non più popoli dominatori e popoli dominati; d) bisogno di pace duratura con strumenti istituzionali adeguati .

In quel passaggio epocale il vangelo alimenta la «formazione delle coscienze»: «non è il vangelo che cambia ma siamo noi che iniziamo a comprenderlo meglio»

57 quale novità nell'attenzione alla storia? Anche nel Lateranense V (1512-17 anno delle tesi di Lutero!), concilio inutile, proposta inascoltata (1513) dei camaldolesi Giustiniani e Querini, di “ri-forma”: liberare il papato dalla politica; porre fine alla tassazione curiale; riformare gli studi ecclesiastici, combattere la superstizione popolare

58-59-60 in quel concilio, discorso di apertura di Egidio da Viterbo: le cose sacre cambino gli uomini, non viceversa. Giov XXIII non mette affatto in discussione la dottrina tradizionale, la forma originaria, ma aggiunge dimensione verso il futuro, non solo il passato; il «deposito della fede» come nutrimento vivo, Bibbia ascoltata nella vita. Lungi dai «profeti di sventura», «nel presente momento storico la Provvidenza ci sta conducendo a un nuovo ordine di rapporti umani … verso il compimento di disegni superiori e inattesi». Non era ottimismo facile, ma fede in Cristo «sempre splendente al centro della storia». Invece di cercare salvezza nel passato medievale (come il magistero cattolico della Restaurazione: da Gregorio XVI, 1832, Mirari vos al Vat I, fino quasi a Pio XII), Giovanni XXIII vede positivi segni dei tempi

 

2. I segni dei tempi

61-62 era espressione protestante con senso escatologico. Mazzolari la usa in senso messianico: “adesso” riconoscere le tracce della venuta di Dio. Chenu nel 1937: il teologo ha «santa curiosità sulla storia»: espansione missionaria, pluralismo delle civiltà, grandezza dell'Oriente cristiano, fermento sociale delle masse popolari. Ma “segni dei tempi” entra nella teologia cattolica il 25 dicembre 1961, bolla di indizione del concilio, Humanae salutis, accoglie la «raccomandazione di Gesù di saper distinguere i segni dei tempi (Mt 16,4)», perciò «ci sembra di scorgere, in mezzo a tante tenebre, indizi non pochi che fanno bene sperare sulle sorti della chiesa e dell'umanità». Il concilio riprende 4 volte l'espressione.

 

3. La discussione conciliare

63 messaggio a tutti gli uomini e ai popoli 20 ottobre 1962 (steso da Chenu, in contrapposizione agli schemi preparatori curiali, astratti e teorici, non pastorali, non evangelizzazione di un mondo nuovo; lettera di Chenu a K, Rahner); 6 dic. 62 Lercaro: volgersi all'oggi come a «l'ora dei poveri».

64-65 della teologia dei segni dei tempi si discute nella sottocommissione per la GS: una teologia mai chiarita dal concilio. Ma in quella sottocomm. un testo di Bernhard Haering precisa che «il tempo è un segno e una voce, per la chiesa e per gli uomini, in quanto implica una presenza di Dio, oppure sfortunatamente, una sua assenza, nonché una invocazione più o meno consapevole dell'uomo a Dio e un a voce più o meno manifesta di Dio all'uomo». Ma non si arrivò a chiarificazione tra significato sociologico e teologico (Daniélou). Chenu sottolinea: «preparazione alla grazia presente nella voce dei tempi. È una preparazione evangelica, una potentia oboedentialis gratiae. … Il segno storico è un avvenimento compiuto dall'uomo che, oltre al suo contenuto oggettivo immediato, esprime un'altra realtà: l'attesa della grazia». Perché non fosse facile ottimismo, Chenu conservava tutto il rigore evangelico nel giudizio sul mondo moderno e sulla c.d. teologia del progresso.

È chiaro il principio che la prassi ecclesiale deve lasciarsi interpellare dai problemi che agitano l'umanità (GS 4; anche PO 9, AA 14, UR 4)

 

4. L'inizio di un inizio

67 K. Rahner: concilio avvia nuova epoca nella storia della chiesa, ricca di possibilità da sviluppare; la chiesa «ha proclamato, anche se solo inizialmente e non chiaramente, il passaggio dalla chiesa occidentale alla chiesa universale», come accadde finora un'unica volta «quando da chiesa dei giudei è diventata chiesa dei pagani». È ipotesi diversa dal dibattito rottura-continuità. Tra quelle due chiese non ci fu rottura, grazie alla potenza creativa della fede di Paolo.

68-69 Domanda Rahner: la chiesa possiede ancora, dopo il tempo apostolico, quella potenza creativa? Evento del concilio determina una «transizione epocale». Un tale dinamismo esige una «interpretazione accrescitiva» (Dossetti): non solo attuazione fedele, ma interpretazione evolutiva; per interpretarne lo spirito si verifica un accrescimento della portata letterale

69-70 «La chiesa non ignora quanto essa abbia ricevuto dalla storia e dallo sviluppo del genere umano» (GS 44): è il nuovo atteggiamento nei cfr della storia. Perciò non è vero che Codice di Diritto canonico (1983) e Catechismo (1992) sono l'interpretazione del concilio: da questo dipendono e questo li sopravanza. Ecclesiologia conciliare non ben traducibile in linguaggio canonistico. Sicché non basta più epikeia-equità (adattamento della legge al caso concreto per applicarne lo spirito mutando la lettera), perché la storia ha un ruolo positivo, occorre lettura in profondità di ciò che accade.

71 I vescovi non furono in grado di trarre tutte le conseguenze, per il ritardo con cui il pensiero storico era entrato nella chiesa. P. es.: ovazione per Lercaro su i poveri asse centrale della chiesa (nel primo periodo del concilio), ma quando nel nov. 1964 parlò di chiesa culturalmente povera, libera da un dato sistema filosofico e teologico, restò incompreso.

72 Col riconoscimento della storia il concilio ha posto un inizio. Non accodarsi ai vincitori del momento, ma ritrovare la libertà di Gesù che mangia coi pubblicani e peccatori, per mostrare la vicinanza del Padre. Porsi in sintonia con l'avventura umana in ogni epoca.

 

IV - La chiesa 73

      1. La chiesa sperimentata 73

Il messaggio principale del Vat II non è sulla chiesa, ma sul mistero della presenza di Dio sopra e dentro la chiesa (Paolo VI discorso di chiusura) 74 Il concilio ricentra la fede cristiana su Dio Padre di Gesù, sulla sua Parola e sulla sua presenza nella storia umana

74-76 La teologia del Novecento progressivamente supera la concezione rigida della chiesa come istituzione autosufficiente (Bellarmino: è come la repubblica di Venezia, il regno di Francia, l'impero romano), verso la concezione di chiesa comunità spirituale, di fede. Fonti bibliche: Gesù non ha fondato la chiesa, ma predicato il regno di Dio; la chiesa è sorta dopo, creata dallo Spirito del Risorto, perché il Cristo continuasse ad essere annunciato in attesa del regno di Dio da lui proclamato

Il movimento liturgico ha messo in crisi la concezione giuridica della chiesa, verso concezione spirituale ed esperienziale

 

      1. La chiesa come evento liturgico 76

Il documento liturgico fu il più recepito, più vicino alla sensibilità dei vescovi per liturgia partecipata dal popolo cristiano. 78 La celebrazione litutgica costituisce la chiesa. Perciò ogni singola chiesa celebrando appartiene all'intera chiesa, la manifesta e la coinvolge (p. 81). 79 La riforma, con partecipazione attiva dei fedeli, avvenne già durante il concilio. Portata rivoluzionaria di questa visione.

 

3. Una chiesa di chiese 80

Fine del secolare centralismo ecclesiastico. I vescovi non sono prefetti rappresentanti del potere centrale, ma presiedono una chiesa eucaristica e vi portano “tutta” la chiesa, che è “chiesa di chiese”. 81 Nemmeno la chiesa romana è unità a sé stante rispetto alle chiese locali. L'unica chiesa è immanente nelle singole chiese, nel legame della fede e carità e ospitalità vicendevole: il vescovo era eletto dal clero locale, approvato dal popolo e consacrato dai vescovi delle chiese vicine (ricorso al vescovo di Roma in caso di conflitti).

82 Oggi altre condizioni dal primo millennio, ma il concilio ha ristabilito la logica della comunione tra chiese sorelle che deve inventare forme adeguate odierne.

4. Il governo della chiesa 82

Vita delle chiese originarie coordinata da uno o più responsabili. Varietà di situazioni. Apostoli si sanno responsabili delle chiese che hanno fondato. 83 Vescovo unico alla metà del II secolo, governa insieme al presbiterio. Episcopato più monarchico nel III secolo. Vescovi sentono responsabilità anche delle altre chiese: si celebrano sinodi su questioni di ortodossia e disciplina. 84 Dal primo medioevo vescovi di fatto scelti dal sovrano. Dall'XI secolo i papi cercano il controllo sulla scelta dei vescovi. Fino oltre la Rivoluzione Francese si mescolano diritti vari nella nomina dei vescovi. Codice diritto canonico 1917: solo il papa ha diritto ultimo di nomina. Grave la perdita di consapevolezza del legame del vescovo con la propria chiesa. Problema senza soluzione anche al conc. di Trento.

85 Nel Vaticano II la minoranza vuole mantenere governo monarchico del papa; maggioranza vuole ritrovare tradizione antica. Paradosso: i tradizionalsiti vogliono tradizione recente, i novatori tradizione antica. 85-86 Bettazzi utilizzando studi di Alberigo mostra che la teologia romana ha conservato sacramentalità della consacrazione episcopale che immette il vescovo nel “collegio” col compito di governare anche la chiesa universale. Commissione teologica preoccupata di difendere il primato del papa. 87 Dossetti (perito di Lercaro) propne 4 quesiti approvati a maggioranza schiacciante: è la seconda svolta del concilio. Segretario del concilio, Felici, propone a Paolo VI, che l'approva, una “Nota esplicativa preliminare” al cap. III della LG. 88. Questa Nota mai discussa e mai approvata dall'assemblea. Allegata agli atti, non è atto formale del concilio; denota la paura che ha finora bloccato l'effettività della collegialità

 

5. Verso l'unità delle chiese 88

88-90 Movimento ecumenico, nato in ambito protestante condannato da PioXI 1928, vietato ai cattolici; unica unità il ritorno all'unica vera chiesa. Ma il movimento prende piede anche tra i cattolici. Giovanni XXIII nella sua esperienza internazionale aveva maturato forte sensibilità ecumenica. Sottolinea ciò che unisce non ciò che divide. Intese il concilio finalizzato all'unità dei cristiani. 91 Segretariato per l'unità dei cristiani, card. Bea.

91-93 In LG 8: «l'unica chiesa di Cristo … sussiste nella chiesa cattolica». Le parole corsive sostituirono nei lavori la precedente forma «è la ...». Nelle altre chiese «si trovano molteplici elementi di santificazione e verità che, quali doni propri della chiesa di Cristo, spingono verso l'unità cattolica». Il linguaggio imperfetto non è debole ma vero, denota la situazione in movimento.

94-95 Unitatis redintegratio, n. 4: opera ecumenica segno dei tempi, impulso della grazia. In 36 anni dal 1928, non più fermi a 2Gv10 (non ricevetelo in casa e non salutatelo), gli “eretici” sono ricevuti come ascoltatori nella basilica di san Pietro.

 

6. La gerarchia delle verità 95

96 vescovo Pangrazio distingue verità in ordine al fine da quelle in ordine ai mezzi (sacramenti, struttura gerarchica, ...): queste cesseranno. Le verità primarie manifestano l'unità già esistente fra i cristiani

97-98 Rahner e Fries nel 1983 (in Unione delle chiese. Possibilità reale): i tempi sono maturi per effettiva unità, comunione di altare e pulpito; vescovo di Roma come “concreto garante” non di diritto divino. Quel libro è rifiutato da parte cattolica e luterana. Acordo luterano-cattolico 1999 su dottrina giustificazione rimasto senza risultato pratico. “L'inizio dell'inizio” ha avuto battuta di arresto. Prevale delusione se non scetticismo. Chiese meno interessate al “vincolo” già esistente. Ma il filo caduto a terra può essere raccolto.

 

V – Gli altri 100

      1. La pace delle grandi narrazioni 100

100 Non solo verso gli altri cristiani, ma verso gli altri in quanto tali, il concilio ha cambiato lo sguardo della chiesa. La diversità riconosciuta come costitutiva del volto dell'altro non è ignorata (né combattuta né solo tollerata) ma accolta come diversità.

101-102 Grandi narrazioni fondative: ebraica, cristiana, islamica, vedica, buddista, india, ... modernità occidentale. Gesù invita a credere non in un dio generico, ma nel suo vangelo: il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino (Mc 1,15). il Padre è buono coi giusti e con gli ingiusti, il Figlio annuncia la sua miericordia e libera dal male. La narrazione di Gesù crea differenza con/dentro la narrazione abramitica. Dramma di Gesù: il suo popolo respinge come nemica la sua variazione narrativa. Dalla variante rabbinica tradizionale alla variante “messianica” di Gesù. Paolo: Dio non rinnega le promesse fatte al popolo ebraico, ma ora il vangelo è accolto dai lontani e la misericordia è per tutti. Inimicizia iniziale ebrei-cristiani, poi lunga e violenta cristiani-ebrei. Poi violenza vicendevole con la narrazione islamica.

103 Concilio ha voluto raccogliere semi di amicizia mai cessati nella storia del cristianesimo: con ebrei, islamici, con l'occidente moderno dell'autonomia umana atea.

 

      1. I nostri ftatelli maggiori 103

103-104 primi passi di Giovanni XXIII.

104-108 Nostra aetate (dichiarazione sulle religioni non cristiane) n. 4. Incontra resistenze, timore reazione governi arabi. Allora si decide di parlare anche delle altre religioni, specialmente dell'islam. Dibattito aspro sull'accusa di deicidio agli ebrei, il nodo più ostico, se mutare o no l'insegnamento tradizionale. La minoranza conciliare non desiste. Il testo finale rinuncia all'accusa dei deicidio: «autorità ebraiche e seguaci si sono adoperati per la morte di Cristo» ma ciò non è imputabile a tutti gli ebrei né di allora né di oggi. È l'inizio di una nuova storia coi «nostri fratelli maggiori».

 

3. Assisi 1986 108

108-112 Sviluppo della Nostra Aetate, incontro di preghiera, non di teologia, delle varie religioni: non un colloquio ma incontro religioso fra le religioni. Hanno pregato per la pace in unità di tempo e spazio, ogni religione a suo modo, per iniziativa del vescovo di Roma Giov. Paolo II. Gesto unico finora. Fu la testimonianza che la propria verità era capace di accogliere l'altro. Comunicazione nella differenza., in ciò che c'è di più intimo, la preghiera, pur con differenti preghiere. Preghiera non senza l'altro, ma con l'altro. Celebrata in comune, liturgicamente, la differenza religiosa come prassi di pace.

Inadeguate al gesto di Assisi le varie teologie del dialogo interreligioso: non quella inclusivista né quella pluralista. Assisi 1986 è qualcosa di più e di diverso da ogni teologia. Fu possibile perché il concilio sentì la necessità di rivedere il proprio rapporto con le altre grandi tradizioni religiose. Non rinuncia ad annunciare Cristo «via, verità e vita» (Gv 14,6), ma «nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni», che «riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini». Inizio molto timido, ma inizio: ha prodotto l'atto più grande di Giov. Paolo II, punto di non ritorno: Assisi 1986.

 

      1. La pace con la grande narrazione della modernità 112

112-115 La dichiarazione sulla libertà religiosa, Dignitatis Humanae, ebbe un iter accidentato. La prima più genuina tradizione evangelica affermava il primato della coscienza, perché la fede è dono e grazia. Poi venne l'èra costantiniana, la christianitas: presunta coincidenza tra chiesa e società, il sovrano diventa “difensore” delle fede anche con le armi [e imponeva la fede ai popoli conquistati]. Le “guerre di religione” seguite alla riforma luterana convincono pesnatori politici e governi ad affermare l'incompetenza dello stato in questioni religiose e la separazione tra chiesa e stato. La libertà moderna è condannata dalla chiesa dell'Ottocento (Sillabo di Pio IX): trova inaccettabile che la convivenza civile prescinda da Dio! Rischio che la libertà di coscienza penetrasse anche nella chiesa stessa. La filosofia politica di Maritain e il gesuita americano Murray offrono le basi per il testo finale: «La persona umana ha il diritto alla libertà religiosa (…) deve essere immune da coercizione» da parte di chiunque; «in materia religiosa nessuno sia forzato ... né impedito ...»; «Questo diritto … deve essere riconosciuto e sancito come diritto civile nell'ordinamento giuridico della società». Dichiarazione approvata l'ultimo giorno, 7 dicembre 1965. Nella chiesa era vvenuto un mutamento di paradigma.

[Ricordo una conferenza del card. Bea: il diritto appartiene non alla verità contro l'errore, ma alla persona umana nella sua ricerca della verità]

 

Conclusione - Una nuova stagione della chiesa 116

116-119 Minoranza testarda e astuta si costituisce in lobby. Scisma guidato dal vescovo Lefebvre: concilio inaccettabile perché contrasta magistero da Gregorio XVI a Pio XII [come se fosse la tradizione intera].

Si oppongono a: collegialità episcopale, dichiarazioni sulla libertà religiosa e sulle religioni non cristiane, nuova liturgia. Hanno ragione nel riconoscere che il concilio ha introdotto un nuovo paradigma. Karl Rahner lo qualifica «inizio di un inizio». Rahner si chiede se la chiesa possegga ancora le potenze creative del tempo apostolico. Ruggieri: è impossibile avere una risposta.

Nella nuova stagione della chiesa molte cose sono mutate. La più importante è la preghiera dei cristiani. È mutato poi: il ruolo della Scrittura; l'atteggiamento verso i cristiani non cattolici, e verso gli appartenenti alle altre religioni; verso la democrazia e i diritti umani; cresciuta la responsabilità dei cristiani comuni nella gestione delle parrocchie, ecc.

L'affermazione dottrinale più importante è la sacramentalità dell'episcopato e la collegialità dei vescovi nel governo della chiesa, ma questo è un inizio bloccato sul nascere, anche se l'impazienza cresce: i papi promettono, ma non fanno.

Solo la storia concreta mostrerà se la chiesa ha ancora le energie della “chiesa nascente”. Rahner, ponendo questo interrogativo, forse si chiedeva se la chiesa oggi ha il coraggio degli apostoli che andarono ai pagani senza richiedere altro che la fede in Gesù Messia. Di questo si tratta oggi. Popoli nuovi entrano nella chiesa: sono ormai una massa superiore alla vecchia chiesa. La vecchia chiesa occidentale abbandoni il suo passato glorioso, ma anche pieno di contraddizioni, e le proprie certezze. Dica come Pietro allo storpio: «Non ho né oro né argento, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Messia, cammina!» (Atti 3,6).




Luned́ 22 Ottobre,2012 Ore: 16:55
 
 
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