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www.ildialogo.org Non pił eretici, ma fratelli in Cristo,di Paolo Ricca

Non pił eretici, ma fratelli in Cristo

di Paolo Ricca

Adista Documenti n. 37 del 20/10/2012


Mi trovo oggi qui con voi a nome del piccolo protestantesimo italiano, e in particolare a nome della Chiesa valdese alla quale appartengo. Devo dire, tuttavia, che questo tipo di definizioni e delimitazioni – cattolici, protestanti, valdesi ecc. – diventano per me, col passare del tempo, sempre più strette, sempre più estranee. In altri termini, non credo siano particolarmente utili. Ritengo infatti che le nostre appartenenze trascendano tutte queste>

Mi sono a lungo interrogato su cosa dovessi dirvi oggi. Non è facile, perché io oggi dovrei cercare di farvi comprendere cosa ha significato il Concilio Vaticano II per noi che, in un certo senso, non siamo niente, e che tuttavia esistiamo in Italia da otto secoli come piccola comunità. Una piccola comunità che cerca, anche lei come le tante altre nate a partire dalla sequela di Gesù Cristo, di essere cristiana, cioè di avvicinarsi a poco a poco a quella che potrebbe essere una Chiesa cristiana. Bene, per farvi capire cos’è stato per noi il Concilio – per noi e per me personalmente, visto che l’ho vissuto da fuori e, in un certo senso, tramite gli osservatori delegati, anche da dentro – dovrei in sostanza raccontarvi qual è stata la nostra storia precedente il Vaticano II. Dovrei dilungarmi a contestualizzare il tutto, a spiegare qual è stato l’impulso sulla base del quale siamo nati, in cosa ci siamo differenziati dal cattolicesimo, come è evoluta la vita della nostra comunità e, in particolare, che tipo di rapporti abbiamo intrattenuto, nei secoli, con la Chiesa di Roma. Dovrei in sostanza mettermi a fare una ricostruzione storica dettagliata, ma ci vorrebbe molto tempo e non credo sia questa la sede adatta.

Allora ricorderò soltanto una cosa, in maniera telegrafica: per otto secoli noi in Italia siamo stati considerati degli eretici e degli scomunicati. Oltretutto, come valdesi, la scomunica della Chiesa di Roma ci ha colpito due volte: dapprima nel Medio Evo e, una seconda volta, quando abbiamo aderito alla Riforma protestante. Da questo punto di vista, potrei dire con una battuta, non ci siamo fatti mancare nulla.

Cos’è successo in seguito, con il Concilio Vaticano II? È successo che queste due categorie, eresia e scomunica, sono scomparse e noi siamo diventati, come per una mutazione genetica improvvisa, imprevista, ma comunque graditissima, fratelli separati. C’è ovviamente una differenza enorme fra le due nozioni, eretico e fratello separato: non puoi essere fratello di un eretico, perché altrimenti rischi di diventare eretico anche tu! Il Concilio ha avuto il coraggio e l’intelligenza di fare a meno di una categoria, quella di eresia, che tante volte era servita in passato a bloccare il confronto e la discussione, se non peggio. Non più eretici, dunque, ma fratelli.

L’esperienza storica del Vaticano II è stata quindi per noi un rivolgimento importantissimo, una rivoluzione copernicana. Abbiamo cominciato ad essere considerati non più come separati da Cristo, ma separati dalla sede apostolica. Non è affatto la stessa cosa. Essere separati da Cristo è un giudizio inappellabile, che non lascia speranze. Essere separati dalla sede apostolica è invece una forma di separazione molto più tollerabile. Significa essere separati solo dalla Chiesa, dalla sede romana. Questa è stata, come ho già detto, una rivoluzione, qualcosa che ha effettivamente cambiato tanto il rapporto del cattolicesimo verso di noi quanto, faticosamente, molto faticosamente, la nostra relazione con la Chiesa cattolica. Voi, questa comunità conciliare, siete quelli che avete contribuito di più a stabilire questo ponte tra la piccola, modesta realtà evangelica italiana e il cattolicesimo romano nel suo insieme. Avete contribuito a farlo e continuate ancora oggi a farlo.

Il Concilio, dunque, ci ha detto che non eravamo più né eretici, né scomunicati. Ma ha detto una cosa ancora più grande, che non era mai stata detta prima e che non è stata più ripetuta dopo. Una cosa impensabile, inaudita, cioè mai udita: le nostre Chiese sono, secondo il documento conciliare sull’ecumenismo, strumenti di salvezza. Noi eravamo sempre stati visti come strumenti di perdizione. Il Concilio ha invece detto con chiarezza che siamo anche noi strumenti di salvezza, di cui lo Spirito Santo non rifiuta di servirsi per compiere la sua opera. Anche questa è una novità straordinaria, formidabile che, ripeto, purtroppo non è stata più ripetuta successivamente. Ma il Concilio è davanti a noi, non dietro di noi.

* Teologo e pastore, professore emerito presso la Facoltà valdese di teologia di Roma

Articolo tratto da
ADISTA
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Sabato 20 Ottobre,2012 Ore: 15:45
 
 
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