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www.ildialogo.org NOTE A MARGINE DEL DOCUMENTO, PER IL CONVEGNO DEL 15 SETTEMBRE 2012,di Federico La Sala

DOCUMENTO DEL NOSTRO GIORNALE PER IL CONVEGNO
“CHIESA DI TUTTI, CHIESA DEI POVERI”
DEL 15 SETTEMBRE 2012 A ROMA

NOTE A MARGINE DEL DOCUMENTO, PER IL CONVEGNO DEL 15 SETTEMBRE 2012

di Federico La Sala

NOTE A MARGINE DEL DOCUMENTO, PER IL CONVEGNO DEL 15 SETTEMBRE 2012:

1. LA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA HA ROTTO I PONTI CON IL MESSAGGIO EVANGELICO. A 50 anni dall'inizio del Concilio Vaticano II, bisogna prendere atto che il terribile è già accaduto: il "Lumen Gentium" è stato spento e, sulla cattedra di Pietro, siede il Vicario del Signore e Padrone Gesù ("Dominus Iesus": J. Ratzinger, 2000). Egli regna e governa in nome del suo Dio, Mammona ("Deus caritas est": Benedetto XVI, 2006).

2. DIO E' VALORE! Sul Vaticano, DAL 2006, sventola il "Logo" del Grande Mercante: "Deus caritas est" (Benedetto XVI, 2006)!!! Il papa teologo, ha gettato via la "pietra" su cui posava - in equilibrio instabile - l’intera Costruzione dela Chiesa cattolico-romana ("Deus charitas est": 1 Gv. 4.8).

3. TUTTO A "CARO-PREZZO" ("CARITAS"): QUESTO "IL VANGELO CHE ABBIAMO RICEVUTO". QUESTO E' IL NOSTRO VANGELO: PAROLA DI RATZINGER -BENEDETTO XVI, CARDINALI E VESCOVI TUTTI. IL "PANE QUOTIDIANO" DEL "PADRE NOSTRO", SI VENDE A "CARO PREZZO", MOLTO CARO (= "CARITAS")!!!

4. ULTIMA CENA ED ECONOMIA VATICANA. Benedetto XVI cambia la formula: «Il calice fu versato per molti», non «per tutti»!!!

5. IN PRINCIPIO ERA IL "LOGO"!!! SE UN PAPA TEOLOGO LANCIA IL "LOGO" DEL SUO DIO ("DEUS CARITAS EST") E TUTTI OBBEDISCONO, E NON VIENE RISPEDITO SUBITO A CASA, DA "MARIA E GIUSEPPE", PER IMPARARE UN PO’ DI CRISTIANESIMO, DI COSA VOGLIAMO PARLARE DI AFFARI E DI MERCATO?! EBBENE PARLIAMO DI AFFARI, DI MERCATO, DI "MAMMONA", "MAMMASANTISSIMA", E DI COME I PASTORI ... IMPARANO A MANGIARE LE PECORE E GLI AGNELLI, E A CONTINUANO A GOZZOVIGLIARE ALLA TAVOLA DEL LORO "DIO"!!! Avanti tutta, verso il III millennio avanti Cristo!!!

Federico La Sala


 Per gli altri articoli sul Concilio vedi qui



Mercoledì 12 Settembre,2012 Ore: 17:21
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 12/9/2012 19.21
Titolo:Indicazioni sulla buona-comunicazione (eu-angelo, ev-angelo) ...
«Il modello? Il dialogo misterioso nel sepolcro di Gesù»

di Carlo Maria Martini (Avvenire, 12 settembre 2012)

Solitamente si dà della comunicazione una definizione empirica: comunicare è «dire qualcosa a qualcuno». Dove quel «qualcosa» si può allargare a livello planetario, attraverso il grande mondo della rete che è andato ad aggiungersi ai mezzi di comunicazione classici. Anche quel «qualcuno» ha subìto una crescita sul piano globale, al punto che gli uditori o i fruitori del messaggio in tempo reale non si possono nemmeno più calcolare.

Questa concezione empirica, alla luce dell’odierno allargamento di prospettive, dove sempre più si comunica senza vedere il volto dell’altro, ha fatto emergere con chiarezza il problema maggiore della comunicazione, ossia il suo avvenire spesso solo esteriormente, mantenendosi sul piano delle nude informazioni, senza che colui che comunica e colui che riceve la comunicazione vi siano implicati più di tanto.

Per questo vorrei tentare di dare della comunicazione una descrizione «teologica», che parta cioè dal comunicarsi di Dio agli uomini, e lo vorrei fare enunciando qui alcune riflessioni che potrebbero servire per una nuova descrizione del fenomeno.

Nel sepolcro di Gesù, la notte di Pasqua, si compie il gesto di comunicazione più radicale di tutta la storia dell’umanità. Lo Spirito Santo, vivificando Gesù risorto, comunica al suo corpo la potenza stessa di Dio. Comunicandosi a Gesù, lo Spirito si comunica all’umanità intera e apre la via a ogni comunicazione autentica. Autentica perché comporta il dono di sé, superando così l’ambiguità della comunicazione umana in cui non si sa mai fino a che punto siano implicati soggetto e oggetto.

La comunicazione sarà dunque anzitutto quella che il Padre fa di sé a Gesù, poi quella che Dio fa a ogni uomo e donna, quindi quella che noi ci facciamo reciprocamente sul modello di questa comunicazione divina. Lo Spirito Santo, che riceviamo grazie alla morte e resurrezione di Gesù e che ci fa vivere a imitazione di Gesù stesso, presiede in noi allo spirito di comunicazione. Egli pone in noi caratteristiche, quali la dedizione e l’amore per l’altro, che ci richiamano quelle del Verbo incarnato. Di qui potremmo dedurre alcune conclusioni su ogni nostro rapporto comunicativo.

Primo. Ogni nostra comunicazione ha alla radice la grande comunicazione che Dio ha fatto al mondo del suo Figlio Gesù e dello Spirito Santo, attraverso la vita, morte e resurrezione di Gesù e la vita di Gesù stesso nella Chiesa. Si capisce perciò come i Libri sacri, che in sostanza parlano di questa comunicazione, siano opere di grande valore per la storia del pensiero umano. È vero che anche i libri di altre religioni possono essere ricchi di contenuto, ma questo è dovuto al fatto che sottostà a essi il dato fondamentale di Dio che si dona all’uomo.

Secondo. Ogni comunicazione deve tenere presente come fondante la grande comunicazione di Dio, capace di dare il ritmo e la misura giusti a ogni gesto comunicativo. Ne consegue che un gesto sarà tanto più comunicativo quanto non solo comunicherà informazioni, ma metterà in rapporto le persone. Ecco perché la comunicazione di una verità astratta, anche nella catechesi, appare carente rispetto alla piena comunicazione che si radica nel dono di Dio all’uomo.

Terzo. Ogni menzogna è un rifiuto di questa comunicazione. Quando ci affidiamo con coraggio all’imitazione di Gesù, sappiamo di essere anche veri e autentici. Quando ci distacchiamo da questo spirito, diveniamo opachi e non comunicanti.

Quarto. Anche la comunicazione nelle famiglie e nei gruppi dipende da questo modello. Essa non è soltanto trasmissione di ordini o proposta di regolamenti ma suppone una dedizione, un cuore che si dona e che quindi è capace di muovere il cuore degli altri.

Quinto. Anche la comunicazione nella Chiesa obbedisce a queste leggi. Essa non trasmette solo ordini e precetti, proibizioni o divieti. È scambio dei cuori nella grazia dello Spirito Santo. Perciò le sue caratteristiche sono la mutua fiducia, la parresia, la comprensione dell’altro, la misericordia
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 12/9/2012 19.52
Titolo:PER LA PACE. Lettera aperta al cardinale Martini (2005)
UN APPELLO PER LA PACE: UN NUOVO CONCILIO, SUBITO!

Caro Cardinale Martini

“Era””, “è ”: GESU’, IL SALoMONE, IL PESCE (“Ixthus”), sempre libero dalle reti del Pastore-Pescatore (del IV sec.)!

di Federico La Sala *

Karol Wojtyla, il grande Giovanni Paolo II è morto! E se è vero che “il mondo - come ha detto il nuovo papa - viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori”, è anche vero che nel IV secolo - con il ‘pallio’ ... di Roma, comincia “la grande politica” - muore il cristianesimo e nasce l’impero cattolico-romano. La religione ebraica diventa passato, archeologia, e la religione cattolico-romana diventa storia, presente e futuro. Contro ogni tentennamento, la “Dominus Jesus” non è stata scritta invano e la prima Omelia (24 aprile 2005) di Ratzinger - Benedetto XVI ha chiarito subito, senza mezzi termini, a tutti i fratelli e a tutte le sorelle, chi è il fratello maggiore (e chi sono - i fratelli maggiori)... chi è il nuovo Papa, e qual è la “nuova Gerusalemme”.

Per Ratzinger - BenedettoXVI non c’è nessun dubbio e nessun passo indietro da fare. Finalmente un passo avanti è stato fatto. Guardino pure i sudditi dell’Urbe, e dell’Orbi: il “distintivo” cattolico è qui! Ma Wojtyla? Giovanni Paolo II? La visita alla Sinagoga di Roma? Toaff? - La Sinagoga?! Toaff?! Gerusalemme?!: “Roma omnia vincit”, non Amor...! Rilegga l’Omelia (www.ildialogo.org/primopiano): la Chiesa cattolico-romana è viva, vince alla grande, im-mediaticamente! Rifletta almeno su questi “passaggi”:

"Cari amici! In questo momento non ho bisogno di presentare un programma di governo [...] Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia. Invece di esporre un programma io vorrei semplicemente cercare di commentare i due segni con cui viene rappresentata liturgicamente l’assunzione del Ministero Petrino; entrambi questi segni, del resto, rispecchiano anche esattamente ciò che viene proclamato nelle letture di oggi". "Il primo segno è il Pallio, tessuto in pura lana, che mi viene posto sulle spalle. Questo antichissimo segno, che i Vescovi di Roma portano fin dal IV secolo, può essere considerato come un’immagine del giogo di Cristo, che il Vescovo di questa città, il Servo dei Servi di Dio, prende sulle sue spalle. Il giogo di Dio è la volontà di Dio, che noi accogliamo. [...]

"E questa volontà non è per noi un peso esteriore, che ci opprime e ci toglie la libertà. Conoscere ciò che Dio vuole, conoscere qual è la via della vita - questa era la gioia di Israele, era il suo grande privilegio. Questa è anche la nostra gioia: la volontà di Dio non ci aliena, ci purifica magari in modo anche doloroso e così ci conduce a noi stessi. [...] In realtà il simbolismo del Pallio è ancora più concreto: la lana d’agnello intende rappresentare la pecorella perduta o anche quella malata e quella debole, che il pastore mette sulle sue spalle e conduce alle acque della vita. La parabola della pecorella smarrita, che il pastore cerca nel deserto, era per i Padri della Chiesa un’immagine del mistero di Cristo e della Chiesa.[...]. Così il Pallio diventa il simbolo della missione del pastore, di cui parlano la seconda lettura ed il Vangelo. La santa inquietudine di Cristo deve animare il pastore [...]. I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi”.

In verità, Nietzsche, uno dei tre grandi - con Marx e Freud - maestri del sospetto che stimava Gesù, ma nient’affatto il cattolicesimo - definito da lui, un platonismo per il popolo, l’aveva già detto - e anche in modo più profetico: “il deserto avanza. Guai a chi nasconde il deserto dentro di sé!” (Così parlò Zarathustra).

Cosa pensare? Che fare, intanto? Aspetterò. Sì! Aspetterò! Per amore di tutta la Terra e “per amore di Gerusalemme non mi darò pace, finché non sorga come stella la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come una lampada. Allora tutti i popoli vedranno la tua giustizia, tutti i re la tua gloria”(Isaia).

Federico La Sala

*www.ildialogo.org, Mercoledì, 27 aprile 2005
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 13/9/2012 09.00
Titolo:DISOBBEDIRE. La trasgressione in questo caso è responsabilità ....
Disobbedire

di Jacques Noyer (vescovo emerito di Amiens)

in “www.temoignagechretien.fr” del 9 settembre 2012 *

«Signor parroco, vorremmo vederla. Stiamo per sposarci, ma io sono divorziato...» Mi è stato riferito recentemente che un prete sentendo queste parole ha richiuso la porta della casa parrocchiale affermando: «Sono desolato ma non posso far nulla per voi!». Ecco un funzionario come si deve! È questa l’obbedienza?

Senza dubbio molti altri avrebbero fatto entrare la coppia e l’avrebbero ascoltata. Alcuni, con molto garbo, avrebbero concluso con le stesse parole: non posso far nulla per voi. Altri avrebbero cercato di rispondere entrando maggiormente nel merito della richiesta di queste persone abitate dal desiderio di situare il loro amore e il loro progetto di vita sotto lo sguardo del loro Dio o almeno sotto lo sguardo della loro famiglia e dei loro amici cristiani. Molti pastori riterranno loro compito vedere queste persone con lo sguardo di Cristo.

Non possono immaginare che colui che si è fermato a parlare con la Samaritana rifiuti di prestare attenzione alla loro richiesta. In quel dialogo, il pastore si impegna con le proprie convinzioni, ma con la preoccupazione di accogliere la sete profonda dei suoi interlocutori. Non ci sono risposte prefabbricate. Con maggiore o minore audacia, proporrà il cammino che ritiene il migliore per il caso singolare che ha davanti.

Potrà ritenere che l’applicazione pura e semplice delle norme ferirà l’attesa confusa che si trova di fronte. Sa che al di là di Gerusalemme e del Garizim, c’è un Dio d’amore che si adora in spirito e verità. Non ci si può rifiutare di superare la linea gialla quando si tratta di evitare di schiacciare qualcuno. La trasgressione in questo caso non è disobbedienza. È responsabilità.

La situazione ecclesiale che si è creata attorno all’ «appello alla disobbedienza» dei preti austriaci diventa non controllabile. Questa provocazione è molto rischiosa. Vogliamo una reazione intollerante capace di generare drammatiche lacerazioni nella nostra Chiesa? L’inerzia del Vaticano, diffusa da una gerarchia impaurita, avrà, una volta di più, ragione di un modo di sentire di alcuni lasciandolo marcire senza risposte? A mio avviso sarebbe stato meglio un «appello alla obbedienza» all’audacia del vangelo.

La Chiesa non può addormentarsi nelle sue certezze e nelle sue abitudini. Non ha il diritto di sacralizzare un momento della storia per rifiutare di amare il presente. I preti non hanno il diritto di far tacere gli appelli del loro animo di pastori per un’obbedienza formale alla legge. I vescovi non possono giustificare la loro inerzia per la paura di una reazione della Curia.

Il Papa ha sufficientemente ricordato la grandezza del Concilio, perché nessuno si dimentichi delle proprie responsabilità nella missione del popolo di Dio. Abbiamo troppo sofferto per un’obbedienza intesa come una semplice rinuncia all’iniziativa e all’inventiva. Credo che l’obbedienza al Padre di Gesù Cristo è contraria ad una sottomissione cieca al diritto canonico.

Desidererei ascoltare a tutti i livelli della Chiesa il fremito dello Spirito Santo che fa nuove tutte le cose. Mi piacerebbe che ordinare un prete non fosse rinchiuderlo nel ruolo di esecutore di ordini, ma dargli fiducia. Mi piacerebbe che affidare una diocesi ad un vescovo consistesse nel chiedergli pareri e proposte e non invece nell’esigere un giuramento di fedeltà. Mi piacerebbe poter fare ascoltare fino ai vertici le invocazioni di questo popolo che cerca acqua fresca e rifiuta l’acqua stagnante delle cisterne vaticane.

La Volontà del Padre che manda il suo Figlio e ci invita all’avventura del Regno non è un regolamento ma una creazione, un concepimento, una risurrezione. Che la Tua volontà sia fatta, diciamo! Ma non è un abbandono. Come un’eco, ascoltiamo il Padre ridirci che non ha bisogno di schiavi sottomessi, ma di figli liberi alla cui iniziativa affida la responsabilità del suo progetto d’amore

* Fonte: Incontri di "Fine Settimana".
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 16/9/2012 10.38
Titolo:UNA CHIESA NUOVA E' POSSIBILE ...
Affollata assemblea di gruppi ecclesiali, riviste, associazioni a 50 anni dall’inizio del Concilio *

di Roberto Monteforte (l’Unità, 16 settembre 2012)

Far vivere il Concilio Vaticano II. Dargli applicazione e con gioia, guardando con speranza al futuro. Perché la sua piena ricezione è ancora lontana.

Di questo si è discusso ieri a Roma nell’affollatissima assemblea tenutasi al teatro dell’Istituto Massimo di Roma. «Chiesa di tutti, Chiesa dei poveri» è il titolo dell’appuntamento autoconvocato e autofinanziato a 50 anni dall’inizio del Concilio cui hanno aderito oltre 104 sigle di associazioni, gruppi ecclesiali, movimenti, riviste e organizzazioni tutte attente all’esigenza che non si disperda o si depotenzi l’insegnamento del Concilio Vaticano II. Sono stati oltre settecento i partecipanti giunti da tutta Italia. Segno di quanto forte ed estesa sia la domanda per una Chiesa che sappia dialogare con fiducia e speranza con il mondo contemporaneo avendo il coraggio di cambiare se stessa.

L’incontro si è aperto con un ricordo del cardinale Carlo Maria Martini e al suo coraggio profetico. Teologi, storici, studiosi e uomini di Chiesa hanno approfondito i nodi posti dal Concilio alla Chiesa a partire dalla sua ermeneutica. Alla polemica su rottura o continuità con la tradizione della Chiesa.

«È una disputa da abbandonare perché non coglie il nodo rappresentato dal Concilio. Perché il cambiamento era già in corso nella Chiesa. Perché la dottrina cambia sempre e cambiamo i significati. Perché se la Chiesa è sempre la stessa, la Tradizione vivente è in continua evoluzione per rendere “presente” e continuamente aggiornato nella nuova condizione storica ciò che è stato tramandato» lo afferma il teologo padre Carlo Molari. «La pluralità delle dottrine presenti nella Chiesa ed anche le rotture sono importanti per il suo sviluppo». C’è ancora bisogno che la Chiesa sappia «raccordarsi con la modernità».

Lo storico Giovanni Turbanti ha inquadrato il contesto storico, sociale, politico ed economico che ha portato alla sua convocazione. La biblista Rosanna Virgili sottolinea la «festosità liberatoria dell’annuncio cristiano e l’apporto fondamentale dato dalle donne. «Dio parla alle donne - afferma - che sono depositarie di una fede che non esclude. Perché non ci sono più lontani quando si può comunicare e si è abbattuta l’inimicizia fatta di leggi che distinguevano e discriminavano creando inimicizia».

Mentre Cettina Militello ha affrontato il nodo «delle prospettive future nella speranza di un vero aggiornamento». «Bisogna passare dall’ermeneutica conciliare all’attuazione del Concilio. All’attuazione di quanto faticosamente elaborato dai padri conciliari» ha affermato. Sottolinea l’importanza dell’«aggiornamento» della Chiesa. Invita a riflettere sulla speranza di un «vero rinnovamento» della Chiesa, di una sua autentica profezia rispetto alla mutazione culturale in atto. Ne indica gli ambiti: «il piano della Liturgia, dell’autocoscienza di chiesa, dell’acquisizione sempre maggiore della parola di Dio, del dialogo Chiesa con il mondo». Va pure perseguita l’istanza ecumenica, e interreligiosa, l’istanza «dialogica». Sottolinea i limiti della partecipazione attiva, della sinodalità, dell’ ascolto e del dialogo, necessari per attuare quella trasformazione strutturale della Chiesa voluta dai padri conciliari, per il suo ritorno a uno stile evangelico di compartecipazione e effettiva comunione.

Interviene da «testimone» l’allora giovanissimo abate benedettino della Basilica di San paolo, Giovanni Battista Franzoni. Parla della scelta per i «poveri» e del coraggio di Paolo VI. Porta la sua testimonianza il teologo valdese Paolo Ricca. Soprattutto recuperando appieno il ruolo del «Popolo di Dio», dei laici nella Chiesa, successori dei «discepoli». Lo sottolinea Raniero La Valle che conclude i lavori. «Perché - fa notare - non c’è solo la successione apostolica da Pietro sino ai nostri vescovi e al Papa. C’è anche una successione laicale, non meno importante dell’altra che è giunta sino a noi». Senza questa «non vi sarebbe il Popolo di Dio e neanche la Chiesa degli apostoli».

Sottolinea come la forza del Concilio Vaticano II sia stata il fare l’ermeneutica di tutti i concili precedenti. Per questo «non lo si può accantonare ». Sta anche in questo la ragione e la forza dell’assemblea convocata ieri.

La Valle annuncia l’impegno a raccogliere quella domanda che interpella ancora. Chiede una nuova politica, una nuova giustizia, una nuova economia. Che chiede una Chiesa dei poveri e con i poveri. Richiama i compiti nuovi che il Concilio affida e riconosce ai laici. «Sulla riforma della chiesa e delle sue strutture il Concilio è rimasto ai nastri partenza. La Chiesa anticonciliare ha bloccato la collegialità e ha rafforzato i vincoli di dipendenza gerarchica» ma una Chiesa nuova è possibile. Vi è una storia da trasmettere. Un impegno che, assicura La Valle, non si fermerà con questa assemblea. Vi sarà un sito per mettere in rete riflessioni e iniziative e per partecipare alle iniziative delle singole Chiese e a quelle internazionali che culmineranno nel 2015 all’anniversario delle conclusioni del Concilio. Vi sarà un «coordinamento leggero» per far incontrare sforzi diversi e rendere possibile quel «Il Concilio è nelle vostre mani» soprattutto le mani dei poveri invocato dallo stesso Raniero La Valle.

* Titolo redazionale

* Fonte: Incontri di "Fine Settimanana"
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 17/9/2012 18.41
Titolo:SONNO DOGMATICO PROFONDO, NONSTANTE RANIERO LA VALLE ....
AVERE IL CORAGGIO di dire ai nostri giovani-vecchi "cattolici" e alle nostre giovani-vecchie "cattoliche" che sono tutte sovrane, tutti sovrani!!! Un nodo ancora non sciolto....


"Sulla riforma della chiesa e delle sue strutture il Concilio è rimasto ai nastri partenza. La Chiesa anticonciliare ha bloccato la collegialità e ha rafforzato i vincoli di dipendenza gerarchica» ma una Chiesa nuova è possibile" (Raniero la valle)

MA QUALE CHIESA DI QUALE DIO?!

"DEUS CHARITAS EST" (1 Gv. 4.8)

O

"DEUS CARITAS EST" (Benedetto XVI, 2006)?!


"Di quale Dio parliamo quando parliamo di Dio, e di quale Dio parlano quando parlano di Dio? La domanda è cruciale. Infatti non è per niente chiaro, non è sempre lo stesso, e sovente non è un Dio innocuo" (Raniero La Valle, "Se questo è un Dio", pag. 9)

NONOSTANTE LA PRESENZA DI RANIERO LA VALLE, L'AFFOLLATA ASSEMBLEA NON HA RISPOSTO!!!


ASPETTIAMO!


SIAMO SOLO A 50 ANNI DALL'INIZIO DEL CONCILIO VATICANO II ....

Federico La Sala
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 18/9/2012 08.14
Titolo:Non c’erano autorità né religiose né laiche. Nessun prete con la veste; alcune s...
Chiesa di tutti, chiesa dei poveri

di Giancarla Codrignani (17 settembre 2012) *

Anche gli amici che non erano a Roma, ma fanno parte di quel popolo di Dio che sente il disagio critico di una transizione necessaria (ma ricusata) della sua Chiesa e, forse, non aveva avuto notizia di questa convocazione, dovrebbero essere grati a Vittorio Bellavite, Emma Cavallaro, Giovanni Cereti, Franco Ferrari, Raniero La Valle, Alessandro Maggi, Enrico Peyretti e Fabrizio Truini, che hanno collaborato per costruire un’agorà comunitaria di credenti nel forte convincimento che il Concilio Vaticano II portò nella storia della Chiesa cattolica un rinnovamento irrinunciabile.

Hanno aderito 99 associazioni grandi e piccole (e le più grandi hanno fatto un passo indietro per non prevaricare) e 28 riviste, concordi nel promuovere a Roma l’evento "Chiesa di tutti, Chiesa dei poveri" rievocando simbolicamente il radiomessaggio di Giovanni XXIII l’undici settembre 1962, quando invitò i fedeli a costruire la "primavera della Chiesa", della "Chiesa dei poveri".

Nessun’intenzione di "commemorare" il Concilio Vaticano II, ma una rinnovata volontà di cercare nuove vie alla sua troppo rinviata attuazione.

Lo ha detto Cettina Militello nella forma più intensa: siamo tutti responsabili della mancata attuazione di una riforma della Chiesa cattolica, non più rinviabile soprattutto perché non si tratta di alterare la tradizione, ma di metterla in novità per evitarne la cristallizzazione in atto. Nessuna contestazione, dunque, ma una fedeltà coraggiosa che vuole una chiesa dei poveri e per i poveri, una chiesa secondo il Vangelo.

Carlo Molari ha approfondito la necessità di una "tradizione vivente", e di una ricerca dell’azione dello Spirito nella nuova situazione storica, individuando nel post-concilio la grande carenza di una Chiesa che non è "dei poveri per i poveri". Che si tratti di esigenze di cambiamenti urgenti lo ha testimoniato p. Felice Scalia con un sofferto e duro intervento sulla situazione della Compagnia di Gesù, in crisi "numerica e di coscienza". Ovvii i richiami a tutta la problematica in questione, dalla liturgia alla collegialità, dall’ecumenismo (evocato da Paolo Ricca) alla presenza delle donne, dalle parole del card. Martini alla rievocazione di Paolo VI fatta da dom Giovanni Franzoni, dalla discriminazione degli omosessuali credenti al valore del concilio "pastorale".

Non c’erano autorità né religiose né laiche. Nessun prete con la veste; alcune suore sì. Le donne hanno più coraggio. Ma tutti dobbiamo andare avanti.

*Fonte: Incontri di "Fine settimana".

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Concilio Vaticano II 50 anni dopo

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