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www.ildialogo.org Maria Bonafede: “Grave preoccupazione per la situazione che vive il nostro paese”,a cura di Gaëlle Courtens

Sinodo metodista e valdese
Maria Bonafede: “Grave preoccupazione per la situazione che vive il nostro paese”

a cura di Gaëlle Courtens

INTERVISTA alla Moderatora della Tavola Valdese


Roma (NEV), 10 agosto 2010 - Si apre domenica 21 agosto il Sinodo delle chiese metodiste e valdesi, l’assemblea decisionale che ogni anno raccoglie circa 180 persone, tra pastori e laici eletti dalle comunità locali, che per sei giorni discuteranno della vita della loro comunità di fede e della testimonianza evangelica in Italia. In prossimità di questo appuntamento abbiamo rivolto alcune domande alla pastora Maria Bonafede, moderatora della Tavola valdese, l’organo esecutivo della chiesa.

Pastora Bonafede, il Sinodo dello scorso anno fu caratterizzato dalla discussione e quindi dalla decisione sulla benedizione delle coppie omosessuali. La decisione fu presa con un’ampia maggioranza ma anche sulla stampa evangelica è emersa qualche perplessità. Se ne parlerà in Sinodo?

La decisione dello scorso Sinodo, sollecitata da alcune comunità locali, è giunta dopo un serio dibattito interno che, com’è giusto, continua anche sulle pagine della nostra stampa oltre che in alcune chiese locali. Il Sinodo potrà ovviamente decidere di riprendere il tema. D’altra parte, anche se spesso sono questi i temi destinati a finire sulle pagine dei giornali, il Sinodo è l’organo di governo della nostra chiesa nel suo complesso, e non un convegno monotematico. La Tavola valdese, ad esempio, ha inteso porre una certa enfasi sul fatto che questo Sinodo cade nei 150 anni dell’Unità d’Italia e in un momento dei più difficili per il nostro paese. Personalmente auspico che i temi della nostra testimonianza e del nostro impegno nell’Italia di oggi siano ben presenti nell’agenda dei lavori.

Può fare qualche esempio?

Da anni ormai, sbarcano in Italia migliaia di emigrati, a volte profughi in senso stretto ma anche vittime della povertà, delle devastazioni ecologiche e delle carestie che per noi sono semplicemente degli “irregolari”. Siamo di fronte a una pressione migratoria che non possiamo ricondurre a un’emergenza particolare e occasionale perché questi flussi migratori sono la conseguenza di un’ingiustizia nel sistema delle relazioni economiche, e non ci sarà alcun muro in grado di contenerle. Nessuno ha la soluzione in tasca ma non possiamo illuderci di affrontare questa situazione incarcerando gli immigrati nei centri di identificazione o costruendo un ponte navale che li riporti sull’altra sponda del Mediterraneo. L’Italia è certamente più esposta di altri paesi europei, e proprio per questo ha il dovere di cercare e proporre soluzioni lungimiranti, capaci di arrivare al nodo del problema che è quello del sottosviluppo di ampie regioni del mondo di cui tutti noi, europei per primi, siamo corresponsabili.

E sul piano più strettamente nazionale?

Ovviamente siamo gravemente preoccupati per la situazione che vive il nostro paese e per lo spettacolo a volte deprimente offerto dalla nostra classe politica. Non siamo abituati a generalizzare e certo non iniziamo oggi, ma ci pare che la crisi di credibilità e la debolezza di visione attraversino tutti gli schieramenti politici. Siamo una chiesa e non intendiamo invadere terreni che non sono nostri ma la situazione impone a noi come a tante altre espressioni religiose, culturali e sociali di operare per il bene della città e della nostra comunità civile. Occorrono idee, professionalità, energie morali, volti nuovi… Il senso delle nostre celebrazioni dei 150 anni è tutto qui: un richiamo al passato per costruire il futuro di un paese democratico, laico e multietnico.

Laicità e pluralismo, due temi solitamente centrali nel dibattito sinodale.

Necessariamente centrali in un paese che fatica ad applicare le norme costituzionali sulle Intese con alcune confessioni religiose, che non ha una legge organica sulla libertà religiosa e che sta per approvare una legge sul testamento biologico tra le più arretrate dell’Occidente. Abbiamo certamente salutato con favore l’approvazione al Senato delle due Intese con ortodossi e apostolici e della revisione dell’Intesa con l’Unione cristiana evangelica battista d'Italia. Ora vedremo che cosa accadrà alla Camera ma certamente ci preoccupa il destino delle quattro Intese rimaste in sospeso, quelle con i mormoni, i testimoni di Geova, gli induisti ed i buddhisti.

I toni problematici e critici prevalgono su quelli fiduciosi.

Forse può apparire così ma il compito di un cristiano è quello di gettare il proprio sguardo sul prossimo sofferente, sul peccato che umilia e distrugge, sull’ingiustizia. La chiesa non è chiamata né all’ossequio né all’accondiscendenza nei confronti dei vari poteri né a celebrare se stessa o i risultati raggiunti. Tuttavia noi abbiamo fede e fiducia, e predichiamo che il male e la sofferenza non hanno l’ultima parola.

Una domanda personale. Se rieletta, lei si accingerà a svolgere il suo ultimo anno come moderatora. Possiamo iniziare un bilancio del suo mandato?

Il bilancio non sta a me. Posso solo dire che ho ricevuto più di quello che sono riuscita a dare, ma anche che ce l’ho messa tutta per pensare insieme agli altri, per conoscere la chiesa su tutto il territorio nazionale, per dar valore alle idee e alle persone. Gli incontri sono l’aspetto più bello del lavoro di moderatore: l’incontro con le chiese locali, il confronto sui loro problemi e le loro strategie. E in questi anni ho visto piccole chiese lottare per la loro sopravvivenza e grandi chiese consolidarsi e crescere. Le une e le altre sono preziosi luoghi di testimonianza in cui fratelli e sorelle trovano il senso della loro fede e percorrono il loro cammino spirituale. In una società che valuta tutto con dei numeri, le une e le altre sono un dono prezioso della grazia di Dio.

Poi c'è stato l’incontro con le chiese sorelle in Europa, in Sud America e negli USA, ma anche in Africa. Scoprire quanto la nostra piccola chiesa sia amata, sostenuta e interpellata fa del bene, e aiuta a capire anche che la nostra storia è la storia di una rete infinita di relazioni locali ed internazionali. A questo si aggiungono i molti incontri personali con le persone dentro e fuori la chiesa: i colleghi e le colleghe nei problemi che la vita e/o il ministero presenta, talvolta drammatici, altre volte difficili, sempre coinvolgenti. L’incontro anche con l’umanità varia e ricca che il mio ruolo mi ha imposto: giornalisti, persone di grande cultura e persone molto semplici, persone importanti e persone che sono diventate importanti per me e alle quali rimarrò legata comunque, anche dopo. Insomma, una grande ricchezza.



Giovedì 11 Agosto,2011 Ore: 16:50
 
 
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