Betelgeuse e Arturo in quadratura segnano il cielo di aprile. La prima volge al tramonto presto, mentre la seconda brilla tutta la notte fino alla fine dell’estate. Il cielo cambia. I cambiamenti sono una cosa naturale. Ma l’uomo sembra non accorgersene, preso dalla sua immutabile corsa al consumo, fino a consumare anche il suo stesso pianeta.

Polaris, la Stella Polare, la sanno individuare tutti, ma l’Orsa Minore no, a causa dell’inquinamento luminoso che ci sta “rubando” il cielo. Allora bisogna partire dall’Orsa Maggiore o Grande Mestolo, o Grande Carro (perché si può immaginare un carro, cioè il trapezio, tirato da tre buoi). Un insieme di circa venti stelle di cui sette sono ben visibili e costituiscono l’indicatore più noto nel nostro firmamento.

Congiungendo le ultime due ruote del Carro (Merak e Dubhe) e proseguendo per circa 5 volte la distanza delle suddette ruote si incrocia la Polare. A nord di Dubhe, la stella più luminosa del Carro si possono scorgere con un piccolo telescopio M81 e M82. Seguendo la curva descritta dai tre buoi, verso oriente, si giunge ad Arturo, la quarta stella più luminosa del firmamento. Arturo è la stella più brillante della costellazione del Pastore (Boote). Il bue centrale è quello che gli arabi chiamano Al Sadak, “la prova”. Alcor e Mizar, il cavallo e il cavaliere. Si narra che chiunque avesse voluto diventare cavaliere doveva guardare Mizar e dire se vedeva due o una stella. Solo chi ne vedeva due dava prova di avere una buona vista e quindi avrebbe potuto diventare cavaliere.

L’Orsa Minore è minacciosamente avvolta dal Drago, ma la cucciola è ben protetta dalla madre.

La fantasia con cui gli antichi Babilonesi e poi Arabi, Egizi e Greci hanno dato i nomi alle costellazioni e alle stelle è sorprendente. Vedere un orso nel cielo o un leone, un toro o una vergine … beh occorre molta fantasia. Ma tant’è, e ancora oggi, 12 delle 13 costellazioni dello zodiaco sono quelle individuate dai Babilonesi circa 4000 anni avanti Cristo.

Buona osservazione