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www.ildialogo.org FASTI E NEFASTI DELLA MAGGIORANZA,di Gloria Capuano

FASTI E NEFASTI DELLA MAGGIORANZA

di Gloria Capuano

Titolo altisonante che fa pregustare un articolo di grande spessore storico. Purtroppo sono io a scriverlo che sono lontanissima dall’avere questo spessore anche minimo di competenza storica. Però so dell’esistenza di tanti accadimenti storici dei quali dovrei avere nozione ed è già qualcosa. Ma tornando al titolo, mi pare di buon senso ridimensionarlo in:

L’AMBIGUO DESTINO DELL’ESSERE MAGGIORANZA

Come titolo lo trovo interessante, ma non sono sicura d’aver raggiunto lo scopo prefisso, d’aver cioè ridimensionato la presunta persistente implicita aspettativa politica, dunque storica.

Mi sale il ricordo di un gioco televisivo di successo “Il braccio e la mente”. Non mi attardo a spiegare come si svolgesse, è sufficiente dire che a competere erano due figure di partecipanti, per l’appunto uno colto e uno muscolare. Il Giornalismo di Pace fonde in una unica persona entrambe le due funzioni, ma nel suo retroterra sono ben distinti i ruoli del ricercatore e quello dell’operatore sul campo.

Tornando di nuovo al titolo, opto per un successivo ridimensionamento:

CHIACCHIERE DA BAR SULL’ESSERE MAGGIORANZA

Ora mi pare di esserci, mi urge però puntualizzare che non vi è ombra di squalifica dei frequentatori dei bar, anzi nel mosaico democratico essi costituiscono la testimonianza del realismo quotidiano, che purtroppo nell’agenda parlamentare sopravanza e di molto le teorizzazioni sul destino dell’umanità, che anzi a me pare esservi del tutto assenti.

L’impulso iniziale era quello di comunicare a modo mio ai miei concittadini il perché della crudeltà delle tante forme di sacrifici imposte dall’odierno Governo detto tecnico soprattutto proprio alle fasce sociali meno abbienti. La risposta è perché costituiscono la maggioranza, anche se non è questo l’unico motivo, ma forse il primo come valenza sì. Ecco che la maggioranza in questo caso “vince”in negativo perché se fossero colpite le fasce fortemente privilegiate - senza ovviamente superare il massimo consentito di tassazione - non si otterrebbe eguale risultato quanto all’apporto che giungerebbe alle casse dello Stato.

Del resto senza tuffarmi in ulteriori spiegazioni constatiamo quotidianamente che esiste un gran movimento di denaro in opere benefiche semplicemente sollecitando l’utenza televisiva ad offrire un euro per esse. Di solito si raggiungono cifre ragguardevoli grazie per l’appunto alla consistenza numerica della gente volgarmente detta, dai giornalisti comuni, gente comune, con buona pace del popolo sovrano.

Altro esempio è quello della produzione dei beni. E’ vero che si sente un continuo riferimento alla necessità d’incrementare la ricerca per sopravanzare nel mercato i nostri emergenti competitori - fortissimi perché privi di regole cui doversi attenere - ma non sempre si tratta di scoprire chissà quale avanzamento scientifico e tecnologico. Molte sono le imprese che prosperano puntando su piccoli ritrovati di basso costo alla portata della maggioranza dei consumatori. Un esempio mi viene dagli imprenditori che hanno sortito grande successo di vendite ad esempio adoperando l’aria. Quindi ecco il gelato leggero pieno d’aria, il formaggio light soffice e cremoso, lo yogurth anch’esso gonfiato e alleggerito e altri prodotti così trattati. Il maggior profitto dell’imprenditore è dovuto appunto al prezzo “conveniente” del prodotto destinato ai consumatori più numerosi, quelli con minore potere di acquisto. Anche in tal caso la maggioranza non ne guadagna affatto perché il prodotto dal punto di vista nutrizionale è più povero.

Un altro tipo di maggioranza era quella di cui erano composti gli eserciti; grazie a questa maggioranza priva del diritto d’obiezione di coscienza era possibile fare guerre. Ora c’è la variante che si tratterebbe non di una maggioranza obbligata, ma di una notevole consistenza numerica volontaria, motivata in qualche misura da una triste assurda commistione tra patriottismo e succedaneo occupazionale ben remunerato. Anche in questo caso questa però relativa maggioranza non aveva e non ha ragione di sentirsi premiata salvo nel caso di difesa dei propri territori o di motivi di cui però non sempre c’è plenaria certezza.

Un tempo i governi contavano su una maggioranza di gente letteralmente alla fame. Quella gente che Napoleone chiamava carne da cannone e che ce la metteva tutta per vincere ed occupare essendogli stata data facoltà di saccheggio, e s’intuisce a cos’altro mirassero oltre ai beni quegli uomini del tutto privi dei più elementari canoni di rispetto umano. Ma anche oggi non mi pare che le cose siano cambiate: in più di mezzo mondo ci si uccide per questioni di fame o d’interessi economici. Dunque la maggioranza non garantisce affatto eventuali privilegi o garanzie, niente fasti, quindi anzi decisamente l’inverso.

Ed ecco che il giornalismo di Pace prevede uno studio della storia secondo i perdenti, a sostituzione o in parallelo a un storia che se non vado errata, indica forse per consuetudine con grande enfasi le grandi qualità di un condottiero ma solo se vincitore o fino a quando ha dimostrato di esserlo.

Anche la prostituzione è fenomeno che fiorisce su un criterio di maggioranza, la richiesta è massiccia, in questo caso però anche l’offerta. Qui sembrerebbe che le maggioranze si eguaglino, in realtà non è sempre o dappertutto così. In alcune zone del mondo dove la fame è regola endemica, l’offerta costituisce una maggioranza enorme, senza ovviamente trarne alcun vantaggio, anzi l’offerta si accontenta di pochi spiccioli. Questo tipo di maggioranza – una delle più tristi - presenta varianti quanto mai complesse a seconda delle diverse civiltà. Limitandomi all’Occidente - ma senza entrare nella complessità del problema - si tratta di una società ipocrita, che drasticamente distinguendo tra domanda e offerta, marchia d’infamia solo l’offerta. In questo caso il criterio di maggioranza non esiste, le due parti contraenti si equivalgono, divergono sul piano etico. Condivido la celebre battuta di una suora - mi pare di ricordare spagnola - che chiese ai moralisti “Chi è più da condannare, chi pecca per la paga o chi paga per peccare?”

Qui mi fermo, anche se l’enumerazione potrebbe continuare forse senza limiti, basti pensare al mondo del lavoro e a quello tragico dello sfruttamento dei bambini; ma quanto ci siamo detti è sufficiente per porsi le domande che mi stanno a cuore: “Quando l’idea di maggioranza s’identifica con il criterio del bene?”e “Quando la maggioranza domina e quando è dominata?”

E’ di sicuro sconvolgente la stura di risposte a questi quesiti. Tutte le ideologie, tutto il pensiero, tutti i comportamenti si presenterebbero quali titolari della giusta risposta. Io do per scontato che tutti avrebbero ragioni da vendere e prove storiche da esibire.

Con questi presupposti chiunque al mio posto si sentirebbe in grande imbarazzo a sostenere la mia risposta come quella elettiva, quella più verosimile, più attendibile. Quindi anch’io lo sono, in grande imbarazzo, ed in maggior misura nell’affermare: il vuoto di una Comunicazione di Pace.

Ho omesso di menzionare la risposta più ovvia di un Occidentale e cioè la maggioranza s’identificherebbe con il bene nei sistemi democratici. Ne siamo sicuri?

E’ sufficiente per smentirlo l’esempio di Hitler che fu eletto regolarmente nei seggi elettorali dalla maggioranza dei cittadini? Che cosa non funzionò, sarebbe stato possibile il contrario?

Io mi sento di dire che sarebbe stato possibile il contrario, ma non certo per merito del popolo. Il popolo era stato oramai soggiogato dal carisma di Hitler.

A questo punto, titolata a spiegare come ciò sia potuto accadere è, o dovrebbe (ma non so se potrebbe non essendo ancora scienza esatta), essere la psichiatria, la psicologia sociale e tutte le materie che indagano sui rapporti tra le moltitudini e il potere di qualsiasi tipo.

La mia convinzione è invece che quel che non ha funzionato è l’informazione, quando ancora era in grado di esprimersi con una certa libertà, dopo sarebbe stato, e infatti è stato, troppo tardi. Il giornalismo si è comportato - così a me sembra – come del tutto assente o discorde al suo interno, suppongo in parte stregato anch’esso dal carisma di Hitler.

La patologia a largo spettro e la politica formano un’accoppiata inseparabile e fanno del destino dell’uomo una variabile incontrollabile.

La politica poi, considerata un’arte all’ennesima potenza, mi pare basarsi più sulla capacità di un singolo individuo di convincere la gente non sempre grazie alla bontà delle idee e dei progetti, ma grazie appunto all’insieme che caratterizza la personalità del candidato.

In sostanza considero il dato carismatico quanto di più antidemocratico e pericoloso si possa concepire, giacché non esprime soltanto aspiranti a governare di cui è certo l’equilibrio psicofisico e il sincero intento di adoperarsi per il bene della collettività, ma anzi esattamente l’opposto. Così può accadere che personalità patologiche, ma dotate di grande spessore caratterologico, di forte tensione nervosa, possano esprimere programmi deliranti, tuttavia pervasi di radiose certezze alle quali è difficile resistere. Non dubiterei su un forte carisma di un Lucifero, non soltanto di Cristo (chiedo scusa per l’azzardo dell’accostamento).

Il carisma insomma dovrebbe essere bandito dall’agone politico, mentre le maggioranze dovrebbero pesare sul destino di una comunità solo se dispongono della lucida volontà di non soccombere all’impatto con una forza trascinante tipica di chi si sente illuminato e votato a guidare collettività, le quali purtroppo altro non chiedono che di potersi fidare di un capo come di un padre da amare. Un esempio attuale mi pare essere qui da noi il capo dimissionario della Lega (non si pensi a un giudizio quale che sia). E un Governo tecnico ha i requisiti per esorcizzare il carisma? Un timbro di voce robotico e il monotonale spartito tra vocalità e pause regolarmente scandite sembrerebbero garantirlo…ma non ne sarei certa.

Per essere determinante e pesare davvero sul suo destino di popolo, la maggioranza oltre che non essersi fatta dominare da un carismatico, dovrebbe essere portatrice di un’istanza alla quale fosse a ragione categorico attenersi senza eccezioni e cedimenti di sorta.

Immagino la lista delle istanze che si candiderebbero assai lunga, riguardando anche tutte le battaglie per la difesa dei diritti umani. Pur nutrendo per ciascuna il massimo rispetto e la massima considerazione e per molte di esse sincera condivisione, mi chiedo “sono in errore nell’affermare che l’istanza che più è in grado di sostenere il suo carattere prioritario è quella di esigere come primo diritto umano la Pace nel mondo”?

L’obbiezione della quale abbiamo già parlato sul carattere utopistico di questo diritto che si usa considerare del tutto estraneo alla realtà, oggi non ha più motivo di essere. Pur senza addentrarmi qui nell’argomento mi pare sufficiente come motivo l’affermare con evidenza che la realtà ci è sfuggita letteralmente di mano. Ho più che l’impressione che sia totalmente da ricreare in quanto la società mondiale può essere considerata alla stregua di un esperimento fallito e immersa in una bancarotta etica difficilmente recuperabile.

Da ogni parte si sente e si legge che il mondo si è rapidamente radicalmente trasformato, ma a me non risulta chiaro come e chi siano gli artefici di questo cambiamento e neppure in che cosa sia consistito. Effettivamente un segnale lo trovo anche in tante parole usate con insistenza ma che mi sembrano aver perduto l’originale significato. Ne prendiamo una a caso tra le più importanti: il lavoro. Il lavoro come diritto. Intanto, quale?, quali lavori possono essere considerati un diritto o non piuttosto un castigo? A me non sembra lecito parlare di diritti se non si stabilisce prima di quale lavoro si tratti e come esso è realmente svolto e da chi. Senza questa iniziale chiarezza potrei azzardare che il primo diritto nella fattispecie dovrebbe essere viceversa quello che liberasse l’uomo da una fatica che non lo gratificasse affatto, un lavoro che non mortificasse le aspirazioni e la dignità dell’ uomo e non quello che abbrutisce o che mette a dura prova la salute o la coscienza e perfino la vita di chi lo esegue. Ma, è ovvio, c’è la non indifferente questione che per lavoro la maggioranza intende quella tal prestazione che permette alla persona di trarre una remunerazione in grado di sopperire alla sua sussistenza. Ebbene anche questo paradigma non mi pare reggere più. I colossi della finanza hanno dimostrato che il lavoro non è più indispensabile per produrre guadagno, basta saper pilotare con un criterio estremamente dinamico e soprattutto cinico ingenti somme di denaro per realizzare guadagni stratosferici senza di esso. E chi mai aveva previsto in tempo utile per porvi riparo che avremmo assistito al divorzio tra la finanza e l’economia reale? Che ne facciamo dei testi ufficiali di Economia?

E allora in omaggio alla coerenza in tema di realtà, anzi che parlare di diritto al lavoro, sarebbe più onesto dire che ogni essere umano avrebbe il diritto di poter contare su quanto gli è indispensabile per vivere non dico negli agi, ma secondo le più elementari necessità, dignitosamente con o senza un civile lavoro.

Non credo proprio che si tratterebbe d’inaugurare una società amante e praticante l’ozio, è nella natura umana cercare di trarre da sé il talento, la predisposizione per una qualsiasi forma di creatività. Sono convinta che la gran parte degli esseri umani percorra il tragitto dell’intera sua vita senza avere l’occasione di esprimere le sue potenzialità.

Si tratterebbe di rimodellare la società non da zero ma grazie alla consapevolezza di tutti gli errori fin qui commessi. Errori che potrebbero portarci all’estinzione. Spero proprio di esagerare e mi chiedo “Avrebbero potuto i dinosauri evitare di estinguersi? E noi umani possiamo evitare di diventare definitivamente una maggioranza di schiavi al servizio di chi adopera freddamente l’intelligenza?”

Non mi stanco di ripetere che l’essere intelligenti non è da collegarsi con il criterio di superiorità, ma piuttosto con quello di una maggiore idoneità a poter fare una cernita sul suo buon uso e non il contrario. Ho chiaramente più volte affermato che rigetto l’intelligenza non attestata sull’imperativo categorico etico.

Cambiando settore, fantastico nel chiedermi se Galileo, Copernico e Keplero fossero consapevoli di aver gettato le premesse della bomba atomica. La scienza ha diritto di non sottostare a nessuna regola etica? Sappiamo che cosa ne pensava Giordano Bruno? Confesso la mia ignoranza ma temo di essere tutt’altro che sola, il che mi porta a concludere che le maggioranze non contano assolutamente nulla al cospetto di coloro che gestiscono un potere che in tanti diversi ambiti segnano il destino dell’umanità.

Ma anche dato per superato lo scoglio d’aver stabilito quale dovrebbe essere il primo diritto dell’uomo è buona indispensabile regola andare al COME renderlo reale.

Ebbene, andiamo per gradi. Le tante divagazioni fin qui espresse, quanto mai fantasiose o forse non poi troppo, mi rafforzano nella convinzione che il mezzo idoneo a sostenere il diritto alla Pace come il primo diritto dell’uomo è quello di trasformare le maggioranze da umanità dominata ad umanità dominatrice. Non è di buon senso chiedersi quale sia un mezzo idoneo a tentare questa metamorfosi se non una Comunicazione capillare che lentamente pervada senza clamore ogni angolo del mondo?

Perché ho tanta fiducia nella particolare Comunicazione che peroro? Perché mi pare indiscutibile che la Comunicazione ha - uso deliberatamene l’indicativo - un potere enorme oggi del tutto inutilizzato e/o assai male utilizzato.

Con i mezzi quasi miracolistici di cui disponiamo, mezzi che ci hanno consentito di guardarci l’un l’altro come fossimo vicini di casa, la Comunicazione non può continuare a seguire i vecchi canoni del giornalismo, quello cioè di raccontare i fatti (quali? e da quale parte?) e dirsi o esserne incauti, troppo spesso faziosi, testimoni.

Oggi il Giornalismo può scavalcare del tutto questo vecchiume - lavorando non nei teatri di guerra ma dove la guerra sonnecchia in attesa del suo turno - ed essere testimone denunciante realtà incompatibili con i criteri più elementari del rispetto umano. Ma non deve avere soltanto il ruolo di testimone, ma soprattutto di affettuoso suggeritore in grado di cavare dal petto di ogni essere umano la sua più profonda, fin qui inespressa aspirazione, quella della Pace nel mondo. Ma stabilito che l’uomo ha diritto alla Pace, come primo lavoro l’uomo sociale deve agire su se stesso per superare i vecchi schemi di confronto basato sulla forza, sia essa somatica o tecnologica o economica o culturale, e di trasformare gradualmente la competitività in collaborazione. Per questa azione è necessario prepararsi liberandosi dalla camicia di forza dell’assuefazione, meglio dire della rassegnazione, alla ineluttabilità della guerra o di qualsiasi forma di scontro per prevalere, in ossequio ad una biologia forse essa sì irrimediabilmente violenta, almeno ai nostri occhi.

In quanto tempo un giornalismo con un compito così gravoso, tanto da non apparire credibile, può portare a tangibili risultati? Risposta: si calcoli che siamo vissuti fino ad oggi secondo una civiltà che ha sempre risolto in extremis i suoi problemi con la guerra a causa del diverso livello e tipologia del modo di essere e di pensare, quindi di vivere, ognuno lontano dall’altro. Non solo ma se riflettiamo altresì che in questa civiltà di guerra - con intervalli che altro non sono che tregue tra una guerra e l’altra - l’intelligenza umana ha costruito una cultura mastodontica dove lo spazio per una cultura di Pace non è mai stato preso in esame, è forse agevole arguire che molto più tempo occorrerà per trasformare una cultura che viceversa iniziò dal nulla o dal mistero, per poi stratificarsi evolvendosi secondo schemi difformi, soffrendo però sempre il grave disagio tra le aspirazioni e le emergenze quotidiane.

Il difetto di base a me pare essere quello prima accennato, quello di un cattivo e settoriale uso di quella particolare intelligenza che ci poneva a torto e a ragione al di sopra del resto del creato.

E se poi ci soffermiamo sul dato fondamentale che la cultura originaria si è formata sulla base di una biologia nella quale l’uomo appare una specie equivalente ma per l’appunto molto più differenziata dagli altri esseri viventi sì da considerarli a suo libero uso e consumo, si comprendono le enormi difficoltà di una seconda cultura, diametralmente opposta. Una cultura cioè dove l’uomo sappia individuare nella sua maggiore differenziazione la possibilità, il dovere e il piacere di assumere su di sé una maggiore responsabilità sul diritto alla vita di tutti gli esseri viventi, se stesso compreso.

Quindi tanto lavoro da compiere da parte degli operatori di pace in una irrorazione certosina di sentimenti e di convinzioni anche inespressi quasi subliminali tuttavia di chiaro significato, intrisi di una superiore dignità umana.

Parole? Ma i fatti seguono sempre le parole; è vero però che le possono anche smentire, ma in questo caso, che la Pace sia l’unico e assoluto criterio di giudizio che può giustificare, meglio spiegare come l’uomo possa ritenersi superiore a tutte le specie viventi, non come privilegio ma come debito, non solo risponde al più comune buon senso ma è in cima al pensiero intimo e alle coscienze di tutti gli esseri umani.

Il mio Progetto consiste in una azione concreta, come è possibile conoscere leggendo il Manifesto del Giornalismo di Pace e tra non molto lo schema della sua operatività.

A suo sostegno chiarisco che non dipendo da nessuna ideologia almeno consapevolmente, che non escludo, anzi mi auguro, che di iniziative giornalistiche all’insegna della Pace ne nascano sempre di più - sempre che siano autentiche e non al servizio di alcunché - che non chiedo la testa di nessuno, che non mi sento indispensabile, e infine che sinceramente auspico a succedermi prima possibile altri più capaci, più preparati di me e ancora più fortemente motivati perché più ricchi di umanità. Non solo ma provvisti di esercitato talento per capire e tradurre i misconosciuti dimenticati veri sentimenti vicendevoli della specie umana, che può dimostrare la sua sedicente superiorità su tutto il creato – lo ripeto - sull’unico banco di prova ad essa riservato in esclusiva, quello di creare una società armoniosamente feconda di spontaneo convincimento di Pace.

Del resto pur nello sfacelo generalizzato attuale nel quale ci sembra di poter solo soccombere, vedo segnali inequivocabili che dimostrano la possibilità di una rinascita. La società vibra sempre con più forza anche numerica d’iniziative che puntano a un protagonismo ora della spiritualità, ora delle diverse religiosità, ora a una rieducazione mentale secondo diversi codici comportamentali, ora a ben differenti rapporti con la natura, ora a dottrine esoteriche, ora a una amorosa collaborativa reciprocità e così via nell’enumerazione.

Ciò vuol dire che i tempi sono maturi per dare inizio a questo Progetto che propone una Comunicazione speciale perché esclusivamente votata alla Pace, dunque solo in tal senso operante pur tra prevedibili tremende difficoltà.

Roma,19/ 04/ 2012 prima stesura



Luned́ 07 Maggio,2012 Ore: 14:43
 
 
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ASPI - Associazione Progetto Informazione per un GIORNALISMO di PACE

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