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www.ildialogo.org IL SACRO NELLE SCULTURE LIGNEE DI ELVIS AYEMIOMO,di Sebastiano Saglimbeni

IL SACRO NELLE SCULTURE LIGNEE DI ELVIS AYEMIOMO

di Sebastiano Saglimbeni

“Nessuno può capire la solitudine di un negro”. Lo scriveva, fra tanto di eccelso e di amare denunce alla sopraffazione sociale, il poeta andaluso Federico García Lorca, che, in nome della negritudine, aveva espresso attenzioni di rara umanità. In un suo testo poetico della silloge Poeta a New York voleva “ che il vento forte della notte più fonda” portasse via dall’arco in cui è sepolto il bardo statunitense Walt Whitman fiori e lettere, e che un bambino negro annunciasse ai bianchi dell’oro l’avvento della spiga.
Questo ricorso a Lorca, per un artista negro, Elvis Ayemiomo, nato a Benin City, in Nigeria, il 2 febbraio1980, da una famiglia di scultori che gli hanno infuso il pregio della chirurgia al legno. Elvis ha compiuto studi ed ha conseguito un diploma nella Scuola d’Arte della sua città. La produzione delle sue sculture lignee, laddove è stata partecipata, in India, in Olanda e in Inghilterra, ha suscitato certi interessi di studi. Si diceva prima della solitudine del negro. Quella di Elvis, complice l’uscita dal proprio suolo, pertanto un esule, in cambio, gli ha potuto generare una consistente vitalità che si è tramutata in esiti d’arte che ora nel nostro Paese, dove ha ragione di esistere, propone, servendosi del mezzo di alberi caduti e mutili. Dai tronchi degli ulivi, ecco sculture indugianti ad una figurazione che sa di artigianale, ma che, seppure da tanto e da molto proposta, vale per la fatica estenuante del lavoratore e per l’ amore all’arte plastica. Elvis pure prova ad interrogare il fruitore con forme nuove, leggibili. Di pura fede cristiana, ad esempio, ha ricavato da un unico blocco di legno, un tronco di ulivo, una crocifissione che ha titolato “La vita” e che si conserva e dice di passione e pietas nella Chiesa di Marcellise, comunità della provincia di Verona. In questa scultura, il linguaggio ottenuto si contraddistingue, esula da quel figurale molto proposto, pedissequo, inteso, in special modo, dagli scultori che hanno adoperato il mezzo ligneo, antichissimo in tutte le civiltà. Con altre sculture, Elvis insiste sul tema della crocifissione e firma opere di effetto. A queste, si aggiunge l’opera, un blocco, dal quale comunicano i volti dell’Addolorata, del suo bambino e del suo sposo. Si può dire che fede cristiana e solitudine dello scultore sono motrice di altre espressioni plastiche dignitose che si leggono nei volti di umili scolpiti nel legno.
Questo artista, al quale si augura una continuità di proposte, che non ripetano il senso dell’ accattivante, mi ha fatto ricordare i nostri laboriosi contadini, che al legno caduto, per la siccità o per un male oscuro, hanno dato anima, senza alcun assillo per una resa ricercata. Nella crudezza - ci pare di osservare-, ottenuta dalla chirurgia al legno, può derivare un fascino scultoreo. E un fascino del genere paiono quelle opere per le quali Elvis è stato meno chirurgico al legno caduto di cui si è servito.
 Si può concludere, per adesso, con questa nota ricordando che la veronese Nadia Ferroni ci ha fatto conoscere Elvis. La donna, da gran tempo appassionata cultrice di varie tendenze artistiche, ha visto in uno “straniero” nel nostro Paese un poderoso lavoratore, atto a suscitare emozioni, con il mezzo arboreo, a chi ancora guarda all’arte, in luogo d’altro vacuo ed ignominioso.
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Martedì 31 Maggio,2016 Ore: 19:10
 
 
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