Ad iniziare dall’avvento del futurismo, che nel 1909 sanciva dalle pagine del “Figaro” francese, firmate da Filippo Tommaso Marinetti, i principi di una opposizione ai canoni dell’arte, pareva, ad esempio, che il linguaggio della ritrattistica e il suo fascino storico dovessero esaurirsi del tutto. Invece, si sono intensificati linguaggio e fascino con una fioritura di artisti, sostenitori del genere figurativo. Pertanto, minimamente influente l’esplosione del nuovo e del nuovissimo. Di recente, Nadia Ferroni, un’attenta alle proposte d’arte ed autrice di prose e poesia, mi ha motivato alla conoscenza della pittrice Cecilia Sergi, una laureata in Arti Visive e dello Spettacolo e una diplomata all’Accademia di Belle Arti. Questa pittrice, fervida di umori, ha creduto di divulgare un suo sofferto e singolare campionario di ritrattistica, in acrilico e olio su tela, con qualche acquatinta su carta, comprendente immagini umane di questo nostro tempo del benessere e del malessere. Trattasi di venticinque immagini o - espresso con la lingua dei padri latini – personae (maschere), al maschile e al femminile, riprodotte limpidamente in un catalogo diffuso in proprio. Maschere, va detto, non prive di una godibiledotazione psicologica e che destano letture e riflessioni. In alcune pagine del catalogo, dal titolo PORTFOLIO/CECILIASERGI si leggono della stessa pittrice chiare note esplicative riguardanti i ritratti.

Una nota del ritratto “Oggi sposi” recita: “Le vittime del serial killer portano tracce tangibili del male, e ciò non soltanto perché vengono uccise in modo cruento e apparentemente assurdo, ma perché sui loro corpi si consumano gli ultimi stadi dell’irreversibilità del gesto”. Questa proposizione come premessa. Del ritratto “Oggi sposi”, la nostra pittrice spiega che “è un dittico raffigurante il volto di Ted Bundy, l’omicida americano da cui coniarono il termine ‘seriale’, e della sua dodicesima vittima, Melissa Smith”. E, proseguendo, commenta: “Un uomo e una donna che potrebbero all’apparenza sembrare una coppia, sono in realtà un carnefice e la sua vittima. L’idea di intitolare il dittico in questo modo non è scaturita da una volontà di mera provocazione, ma dalle mie reazioni inconsce dell’addentrarsi nella patologia”. Un altro ritratto dittico del campionario s’intitola “Attori”. Cecilia Sergi, che sicuramente conosce un po’ di storia del cinema, ripropone, come altri artisti, il caratteristico e famosissimo volto di Charlie Chaplin al quale unisce quello di Buster Keaton. L’uno esordì dapprima nel cinema muto e, dopo, in quello sonoro, l’altro “si dedicò soltanto al cinema muto”. La pittrice ricorda che gli artisti “si evitarono per decidere di lavorare insieme solo in un film, Luci della ribalta”.

Infine, le maschere di Cecilia Sergi, eloquenti, si possono leggere classiche, se classicità è ciò che continua e non ciò che comincia o s’improvvisa; se è quella nobiltà intellettuale che discende dal passato, cioè dall’antico, e dall’antico ritiene non gli echi, ma la sostanza vitale. Maschere che esprimono i diversi segni dell’essere umano, vessato in questa nostra epoca tragica, compresa l’inquietudine della pittrice, che prova, in nome dell’espressione, ad esistere e a contribuire alla divulgazione di questa nostra ultima vita culturale. Con la ritrattistica.

Domenica 22 Aprile,2012 Ore: 14:26