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ISSN 2420-997X

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www.ildialogo.org Abruzzo Film Festival 2010,

Abruzzo Film Festival 2010

Spoltore (PE) dal 3 – 7 Agosto 2010


Associazione di Volontariato e Solidarietà

AIUTIAMOLI A VIVERE
(Passage to the South)
              
Aiutiamoli a Vivere
Spoltore Amica – CODICI – Società Operaia
PRESENTANO
Abruzzo Film Festival 2010
“Cinema di Guerra e… Altro”
 
3 – 7  Agosto 2010
Spoltore – P.zza G. D’Albenzio
 
PALESTINA
 
 
Raffaele CIRIELLO
 
Se non diremo cose che a qualcuno spiaceranno,
non diremo mai la verità ” 
 
Iscritta con L.R. 37/93 Abruzzo - al DA5/88 del Registro Regionale delle OO. VV.
Aiutiamoli a Vivere – Via degli Oleandri, 6 - 65010 Spoltore (PE) Italy – C.F. 91058130682
Ag. CA.RI.PE.  Spoltore - cod. IBAN: IT 83 H 06245 77430 000000137481
Tel / Fax +39.085.4470661 - Mobile +39.334.9313476 - +39.328.0874950
www.passagetothesouth.org – e-mail: yuro.doc@inwind.it
PROGRAMMA
 
·        Martedì 3 agosto, Ore 21.00
Incontro con l’Associazione Antimafia “CODICI
Dott. Giovanni D'Andrea
con “SASSO IN BOCCA”
 
·        Mercoledì 4 agosto. Ore 21.00
Fulvio GRIMALDI(Giornalista-Documentarista)
ConAraba fenice, il tuo nomeè Gaza
 
·        Giovedì 5 agosto, Ore 21.00
Incontro Mario CIANCARELLA (ex Ufficiale Aeronautica Militare)  
Ustica: “il trionfodel depistaggio di Stato
condocumenti e filmati originali
               
·        Venerdì 6 agosto, Ore 21.00
Alfredo TRADARDI
International Solidarity Movement - Italia (ISM-Italia)
conTo Shoot an Elephant”
 Presenterà le serate del 3-4-5-6 agosto
Luciano MARTOCCHIA
 
·        Sabato 7 agosto, Ore 21.00
Serata dedicata a Raffale CIRIELLO
 
Presenterà le serata
Celeste ACQUAFREDDA (Giornalista RAI)
 
Video dell’assassinio di Raffaele CIRIELLO
Incontro conla Sig.ra Paola NAVILLI moglie di Raffaele Ciriello
Amedeo RICUCCI – Giornalista RAI
Jamal Jadallah – Giornalista Dir. Ufficio italiano di  corrispondenza Agenzia stampa palestinese WAFA
Natalia MARRA – Pres. Consulta Freelance Ass. Stampa Romana
Dott. Giampiero Di FLORIO, PM presso il Tribunale di Pescara
Dott. Angelo BOZZA, Giudice minorile Tribunale di Pescata
 
Consegneranno le targhe “Riconoscimento alla Dignità”
Il Dott. Nicola TRIFUOGGI (Proc. capo della Repubblica di Pescara)
Il Dott. Maurizio RADICHETTI (Sindaco di Pescina)
 
 Aiutiamoli a Vivere -   www.passagetothesouth.org
 
ØA tutti gli spettatori come sempre, sarà offerto un bicchiere di vino bianco Doc  freddo (anche 2) assolutamente gratuito come l’ingresso.
ØIn caso di maltempo le serate si svolgeranno presso il piccolo teatro della Soc. Operaia
 
 
Assegnati a:
            Dott. Giampiero Di FLORIO, PM presso il Tribunale di Pescara
Dott. Angelo BOZZA, Giudice minorile Tribunale di Pescara
Fulvio GRIMALDI, Giornalista - Documentarista
Mario CIANCARELLA,  Ex Ufficiale Aeronautica Militare
Alfredo TRADARDI, International Solidarity Movement - Italia (ISM-Italia)
Signora Paola NAVILLI, moglie di Raffaele Ciriello
Amedeo RICUCCI, Giornalista RAI
Natalia MARRA, Pres. Consulta Freelance Ass. Stampa Romana
 
RAFFAELE CIRIELLO
 
Le suo origini lucane sono da ricondurre al paese di Ginestra (PZ) dove è nato, paese abbandonato a soli due anni quando con la famiglia si trasferì a Milano. Laureato in medicina cominciò a fare il fotografo nei primi anni Novanta.
Raffaele Ciriello era un fotografo freelance specializzato nei reportage di attualità. Aveva esordito con la fotografia sportiva, seguendo le edizioni 1991 e 1992 della Parigi- Dakar.
Lì tra le sabbie del Sahara aveva trasformato la passione in un autentico lavoro.
E lì aveva scoperto l'Africa, la sua travolgente vitalità e le sue tragedie.
E' del 1993 la prima grande occasione di avvicinarsi al fotoreportage di attualità: Raffaele è nella Somalia devastata dalla siccità e dalla guerra civile, con i militari italiani della missione “Restore Hope”. In Somalia riceve il suo battesimo del fuoco.
Lì, compagno dell'ultimo viaggio, ritrae insieme gli inviati della Rai Ilaria Alpi e Miran Hrovatin poco prima della barbara uccisione.
Lì assiste all'inferno del check- point Pasta. Postcards from Hell - Cartoline dall' Inferno- nome che dà al sito internet che raccoglie il suo lavoro -sono le immagini che scatterà d'ora in poi, e per tutti i nove anni successivi, nei luoghi dove si combatte e si muore, con un riguardo speciale per le popolazioni subiscono i conflitti. In Rwanda, in Sierra Leone, nella ex-Jugoslavia, in Albania, in Kossovo, in Eritrea, in Iran, in Cecenia, in Afganistan. I suoi reportage dalle zone calde del mondo trovano spazio sui maggiori giornali di tutto il mondo, dal Corriere della Sera al New York Times.
L'Afganistan era il suo “inferno” preferito.
Quello ribelle dei mujaheddin e del Comandante Massoud, eroe della resistenza contro i russi. Proprio il leggendario Leone del Panshir è protagonista di un incisivo documentario girato da Raffaele e trasmesso dalla Rai nel 2001.
Vi ci si reca lungamente, più volte , anche con Maria Grazia Cutuli, l'inviata del Corriere della Sera uccisa in Afganistan nel novembre 2001, tante volte compagna di viaggio dall'Africa ai Balcani al Rwanda.
 
Qui va dopo il crollo delle Torri gemelle, coprendo per il Corriere della Sera il versante nord dell'avanzata verso Kabul. Nel febbraio 2002 decide di tornare in Palestina, dove era già stato nel ‘94. Sente come una lacuna professionale non esserci ancora tornato dopo l'inizio della Seconda Intifada.
Vuole scattare altre immagini a Gaza, Hebron, Ramallah, per aggiornare il suo sito internet. Porta con sé anche una piccola telecamera digitale, la sua ultima passione.
E' con quella telecamera che Raffaele Ciriello, a 42 anni, il 13 marzo 2002 filma a Ramallah il suo ultimo reportage, la sua morte in diretta.
Quella ripresa apre oggi il sito da lui ideato, un commuovente omaggio al suo impegno di professionista dell'immagine caduto sul campo.
Il 13 marzo 2002, moriva a Ramallah il fotoreporter italiano Raffaele Ciriello.
Io, purtroppo, ero accanto a lui. Ad ucciderlo, come documentano le immagini che lui stesso ebbe la sfortuna di realizzare in punto di morte - e che sono consultabili da tutti sul sito web http://www.ciriello.com - è stata una raffica di mitra partita da un blindato israeliano che gli si è improvvisamente parato contro, mentre Raffaele stava svolgendo il suo lavoro: filmare e fotografare,
come faceva da più di dieci anni. La stessa perizia balistica, disposta dalla procura di Milano, ha stabilito che ad uccidere Raffaele sono stati dei proiettili calibro 7,62 Nato, del tipo in dotazione all'esercito israeliano. Giova ricordare che i proiettili che hanno falciato Raffaele non sono in dotazione alla polizia palestinese, né risulta che siano dotati di mitragliatrici i gruppi armati palestinesi che sostengono l'Intifada.
Ufficialmente, non si sa ancora né perché, né chi l'ha ucciso Raffaele. Nulla si sa infatti dell'inchiesta interna avviata dall'esercito israeliano sui fatti di Ramallah del 13 marzo. E nessuna risposta è arrivata dalle autorità israeliane alla richiesta di collaborazione avanzata in giugno dalla procura di Milano, che chiedeva di identificare e poter interrogare, in qualità di persone «informate sui fatti», i soldati componenti l'equipaggio del blindato che si vede nel video di Raffaele. E' anzi molto probabile che l'inchiesta italiana venga alla fine archiviata, perché il rifiuto israeliano sta vanificando il lavoro dei magistrati.
Ad aggravare la beffa, sono intervenuti poi due altri episodi. A fine giugno, i soldati israeliani hanno fatto a pezzi e rimosso la lapide che era stata posta all'incrocio di Ramallah, dove Raffaele è stato ucciso. E a fine agosto un portavoce dell'esercito, anticipando in qualche modo le conclusione dell'inchiesta interna dell'Idf (Israely Defence Forces), ha dichiarato che non ci sono «né prove, né conoscenza che alcuna unità delle forze armate israeliane abbia aperto il fuoco in direzione del fotografo italiano». Una dichiarazione sconcertante, che nega l'evidenza dei fatti, filmati dallo stesso Raffaele prima di crollare a terra, ucciso. Nell'ultimo fotogramma del suo video, infatti, si nota chiaramente la scia bianca della raffica che parte dal blindato israeliano e lo colpisce a morte. Ci vuole insomma un bella faccia tosta per sostenere che la verità è un'altra.
 
Ma tant'è è bastata questa falsa ricostruzione del portavoce dell'esercito israeliano per autorizzare diversi mass media italiani - Tg1 e Tg2 in testa - a «riaprire il caso» ed a rimettere in dubbio le responsabilità israeliane in quello che improvvisamente è diventato «un incidente». Salvo poi lasciar cadere la notizia, evitando qualsiasi inchiesta approfondita sui fatti.
Questo comportamento è francamente inammissibile. Non era infatti mai successo che la morte tragica di un giornalista italiano venisse dimenticata così in fretta.
Per non urtare la «sensibilità» degli israeliani, si è preferito chiudere un occhio e tacere, per un intero anno, accontentandosi della loro versione palesemente falsa, invece che indagare, scrivere e protestare, com'era doveroso. E non è tutto.
Anche il governo italiano ha fatto la sua parte in questa vergognosa commedia. Non era mai successo che le nostre autorità adottassero un così basso profilo nei confronti di un Paese amico, Israele, per chieder conto - come sarebbe legittimo - dell'uccisione di un cittadino italiano.
Non a caso, nessuno da Palazzo Chigi o dalla Farnesina ha mai replicato alle dichiarazioni dell'ambasciatore israeliano Ehud Gold, secondo cui il caso Ciriello «ormai è chiuso». Né mai è stata sollecitata una maggiore collaborazione da parte del governo di Tel Aviv, così come ad esempio viene sollecitata, costantemente e vigorosamente, la collaborazione delle autorità afghane nell'inchiesta sulla morte di Maria Grazia Cutuli. Insomma, viene il sospetto che Israele goda di una speciale «impunità» e che le eventuali sbavature del suo esercito, l'uso cioè eccessivo oppure illegittimo della forza, non possano essere né criticate né tantomeno perseguite penalmente.
 
Prova ne è l'ultimo bilancio di Reporters Sans Frontieres:. dal settembre 2000, data d'inizio della seconda Intifada, nei territori occupati sono stati uccisi 3 giornalisti e più di 60 sono stati feriti, vittime quasi sempre del fuoco israeliano; ma in nessun caso ci sono state sanzioni o provvedimenti per i soldati di Tsahal che avevano aperto il fuoco. Tutto ciò aggiunge al dolore per la perdita di Raffaele un'amarezza profonda, che è cresciuta giorno dopo giorno, mese dopo mese. E che mi spinge oggi a scrivere, non solo per onorare la memoria di un collega e di un amico, ma anche per chiedere che sia finalmente ristabilita la verità, tutta la verità, su quanto è accaduto a Ramallah il 13 marzo 2002.
E' ora di spezzare l'ignobile cortina di silenzio che avvolge questo «caso».
Ed è tempo soprattutto di fare giustizia.


Marted́ 27 Luglio,2010 Ore: 15:32
 
 
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