- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (317) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org LETTERA APERTA AI PARLAMENTARI ITALIANI ED EUROPEI: “LA VERITA’ VA GRIDATA DAI TETTI”,

LETTERA APERTA AI PARLAMENTARI ITALIANI ED EUROPEI: “LA VERITA’ VA GRIDATA DAI TETTI”

UNO STESSO FILO LEGA LE MORTI IN MARE DELL’11 OTTOBRE 2013 E QUELLE DEL 6 NOVEMBRE 2017: UNA POLITICA DI RESPINGIMENTO AFFIDATA ALL’ITALIA. CHIEDIAMO AI NOSTRI RAPPRESENTANTI DI AUDIRE I TESTIMONI DI QUELLE STRAGI E DI METTERE FINE ALLA SCELTA DISUMANA DEI RESPINGIMENTI IN LIBIA.


Gentili Membri del Parlamento europeo e della Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni,

 
siamo associazioni, Ong, singoli attivisti della società civile italiana ed europea che si rivolgono a voi in quanto rappresentanti della sola istituzione democratica dell'UE – il Parlamento – deputato a rappresentare i cittadini.
Gentili Onorevoli del Parlamento italiano,
siamo associazioni, Ong, singoli attivisti della società civile italiana ed europea che si rivolgono a voi perché assumiate la responsabilità che vi compete su decisioni gravide di conseguenze per il diritto internazionale e la democrazia, assunte a livello governativo in assenza di confronto e votazione nella sola sede istituzionale che rappresenta i cittadini.
CHIEDIAMO che l’attivista italiano testimone del comportamento criminale tenuto lo scorso 6 novembre dalla guardia costiera libica – finanziata con fondi UE gestiti dall'Italia e addestrata da personale dell'UE – sia audito con urgenza dal Parlamento italiano e dal Parlamento europeo riunito in sessione plenaria, o dalla sua competente Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni.
 
Cinque profughi sono annegati, tra questi un bambino di quattro anni, e almeno altri trentacinque risultano dispersi. Il materiale video pubblicato dalla Ong tedesca Sea-Watchi mostra con chiarezza che la Guardia costiera libica, lungi dall’aver condotto un’operazione di search and rescue, ha agito in modo aggressivo e scoordinato per riportare i profughi in Libia, impedendo alla Ong e alle unità italiane e francesi presenti sulla scena del naufragio di procedere nelle operazioni di soccorso, già coordinate dal MRCC di Roma.
La motovedetta libica, afferma l’attivista Gennaro Giudetti, ha «agganciato il gommone dei migranti, in quel momento bucato e quindi con decine di persone in mare, alcuni con il salvagente, molti altri senza nulla. […] Abbiamo dovuto farci largo tra persone che erano già annegate, per riuscire a raggiungere quelli che invece erano ancora in vita, per recuperarli. La situazione era abominevole: abbiamo tirato a bordo i superstiti con le braccia».ii
I quarantasette migranti recuperati in mare dall’equipaggio libico sono stati ammassati sul ponte e frustati per impedir loro di tuffarsi in mare e raggiungere i familiari a bordo dei gommoni della Sea-Watch3, che aveva intanto salvato cinquantanove persone. La motovedetta si è poi allontanata a tutta velocità, incurante del fatto che un naufrago fosse aggrappato a una cima sporgente da una paratia. La guardia costiera libica non si è fermata al disperato e ripetuto avvertimento dell’elicottero della Marina militare italiana, distintamente udibile sulle frequenze radio registrate dalla Sea-Watch 3.iii
«È stato terribile, abbiamo visto l'uomo gridare verso la moglie e poi buttarsi in acqua», ha detto Giudetti, «si è aggrappato alla cima che i libici usavano per far salire a bordo i naufraghi, ma a quel punto la motovedetta ha fatto un balzo in avanti trascinandolo via e non siamo riusciti a salvarlo. I libici sono stati violenti e incauti, picchiavano i migranti con funi e mazze e – per incredibile che possa sembrare – ci tiravano patate contro, per renderci più difficili i soccorsi».iv
Un comportamento criminale, che viola le leggi internazionali e la legge del mare, rispondente alla volontà dei governi italiani e dell’Unione europea di bloccare l’arrivo dei profughi delegando alla Libia quella che altrimenti sarebbe una palese prassi di refoulement, proibita dalla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo.
CHIEDIAMO che il governo italiano sia chiamato a rendere conto davanti al Parlamento europeo circa l’accordo stretto tra Italia e Tripoli lo scorso 2 febbraio,v alla luce del decreto con cui il ministero degli Esteri italiano ha conferito 2,5 milioni di euro al ministero dell'Interno per la rimessa in efficienza di quattro motovedette da consegnare alle autorità libiche. Tali fondi provengono dallo stanziamento di 200 milioni effettuato dal Parlamento italiano per il Fondo Africa destinato alla cooperazione,vi motivo per cui l’Associazione Studi Giuridici per l’Immigrazione (ASGI) ha notificato un ricorso al Tribunale Amministrativo del Lazio contro il Ministero degli affari Esteri e del Ministero dell’interno.vii
Siamo preoccupati dal fatto che non vi sia alcun controllo sul reale utilizzo dei fondi UE in Libia. Questa preoccupazione sembra confermata dalla risposta data dalla Commissione europea all’interrogazione scritta presentata lo scorso 5 settembre da ventuno parlamentari europei con riferimento alla denuncia dell'Associated Press, secondo cui i fondi versati dall’Italia al governo di Tripoli finirebbero alle milizie coinvolte nel traffico di esseri umani. I deputati chiedevano quali garanzie vi fossero che «il considerevole sostegno al governo libico, anche attraverso il Fondo fiduciario di emergenza per l'Africa e con un progetto con una dotazione finanziaria pari a 46 milioni di euro», non finisse nelle mani dei trafficanti di uomini.viii
La risposta della Commissione è un groviglio di frasi ipotetiche che trovano sintesi in un paradosso: non ci sono controlli, ma se dai controlli dovesse risultare qualcosa, allora i programmi dell’UE verrebbero sospesi.ix
CHIEDIAMO al governo italiano, come cittadini dell’Unione, una risposta all’altezza della gravità dei fatti – quella che non ha avuto nemmeno il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, quando lo scorso 28 settembre ha chiesto chiarimenti in merito alla natura dell’accordo con la Libia e ai respingimenti di cui esso è causa.x La risposta del ministro dell’Interno Marco Minniti, infatti, è stata che non è l’Italia a respingere le persone, ma la Libia.xi Una risposta «sostanzialmente vuota e certamente irrispettosa a fronte della conoscenza delle reali politiche di delega, aiuto e supporto dell’Italia alla Libia ed al contemporaneo ostacolo posto alle attività di ricerca e salvataggio in mare da parte delle Ong operanti nel Mediterraneo centrale».xii
Il governo italiano e quello dell’Unione non possono non conoscere il rapporto del gruppo di esperti sulla Libia del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSMIL), che già un anno fa elencava «esecuzioni, torture, deprivazione di cibo, acqua e servizi igienici», e dichiarava che «i trafficanti di esseri umani, il Dipartimento di contrasto all’immigrazione illegale libico e le guardia costiera libica sono direttamente coinvolti nelle violazioni dei diritti umani».
Secondo l’UNSMIL, «le intercettazioni di imbarcazioni di migranti da parte della guardia costiera libica hanno implicato azioni che possono costituire omicidi arbitrari».xiii
CHIEDIAMO ai nostri rappresentanti nelle istituzioni italiane ed europee di valutare, alla luce dell’autorevole serie di denunce della gravità della situazione in Libia,xiv le affermazioni fatte da rappresentanti del governo italiano e della Commissione europea sulla bontà dell’accordo con la Libia e il suo finanziamento.xv
CHIEDIAMO ai nostri rappresentanti nelle istituzioni italiane ed europee di agire per ottenere verità e giustizia sul filo rosso che lega le morti in mare dell’11 ottobre 2013 a quelle del 6 novembre 2017. Uno stesso accordo di respingimento continua a uccidere, oltre ai profughi nel Mar Mediterraneo, la democrazia nei nostri Parlamenti. Questo accordo – interrotto solo dall’operazione Mare nostrum e, alla sua dismissione, dall’entrata in azione delle Ong nelle operazioni di ricerca e soccorso – mostra ora in piena luce il suo volto criminale.
Per questo riteniamo un atto politico e umano non rinviabile l’ascolto della testimonianza del naufragio dei bambini dell’11 ottobre 2013 – portata da chi ha ricostruito l’infamante vicenda, il giornalista Fabrizio Gatti, e, se opportuno, i legali dei medici siriani che hanno perso i figli nel naufragioxvi – e l’ascolto della testimonianza dell’eccidio del 6 novembre 2017, portata dall’attivista per i diritti umani Gennaro Giudetti. Come lui, siamo convinti che la verità vada «gridata dai tetti», perché non ci sommerga.
20 novembre 2017
Osservatorio Carta di Milano - La solidarietà non è reato
ADIF - Associazione Diritti e Frontiere
Hayat Onlus
Associazione per i Diritti Umani
Associazione Costituzione Beni Comuni
Associazione K-Alma
Campagna LasciateCIEntrare
Fondazione Casa della carità di Milano “Mario Abriani”
Maurizio Acerbo, segretario Rifondazione comunista (PRC)
Vittorio Agnoletto, medico
Alessandra Ballerini, avvocato
Daniele Biella, giornalista
Stefano Bleggi, Progetto Melting Pot Europa
Paolo Cacciari, giornalista e scrittore
Enrico Calamai, ex console italiano a Buenos Aires
Annalisa Camilli, giornalista
Eleonora Camilli, giornalista
Valerio Cataldi, giornalista
Stefano Corradino, giornalista, direttore Articolo21
Giuseppe De Marzo, responsabile nazionale di Libera per le Politiche sociali
Emilio Drudi, giornalista
Erri De Luca, scrittore
Anna Falcone, avvocato
Francesca Fornario, giornalista e scrittrice
Stefano Galieni, responsabile migrazione PRC
Riccardo Gatti, capomissione Proactiva Open Arms
Beppe Giulietti, giornalista
Patrizio Gonnella, presidente Antigone e Cild
Maurizio Gressi, segretario del Presidente delegazione parlamentare italiana
presso Iniziativa Centro Europea (InCE) al Senato
Gabriella Guido, portavoce Campagna LasciateCIEntrare
Antonio Mazzeo, giornalista
Emilio Molinari, Comitato italiano per un contratto mondiale sull'acqua
Tomaso Montanari, presidente Libertà e Giustizia
Stefano Pasta, giornalista, Sant’Egidio
Riccardo Petrella, economista politico
Nancy Porsia, giornalista
Paola Regina, avvocato
Annamaria Rivera, antropologa, attivista e studiosa antirazzista
Ilaria Sesana, giornalista
Fulvio Vassallo Paleologo, avvocato, presidente Adif
Valeria Verdolini,
Guido Viale, sociologo
Padre Alex Zanotelli, missionario comboniano
Giacomo Zandonini, giornalista
Padre Mussie Zerai, presidente Agenzia Habeshia
>iii Trascrizione della registrazione:
00:01:13 Libyan coastguard, this is Italian Navy helicopter, people are jumping in the water. Stop your engine and please cooperate with Sea-Watch. Please, cooperate with Sea-Watch!
00:01:33 [...] This is Italian Navy helicopter, channel 16, we want you to stop now, NOW, NOW! Lybian coastguard, lybian coastguard, you have one person on the right side, please stop your engine! Stop your engine!
00:02:03 Stop your engine now! Stop your engine! You have [...] on right side, please, stop!
00:02:17 Stop! Stop! Stop! Stop your engine, stop your engine now. Stop your engine now, please!
>vii L’avvocato Giulia Crescini spiega: «Abbiamo chiesto un accesso agli atti e abbiamo visto che uno dei decreti del ministero parla di 2,5 milioni di euro per il trasporto e la sistemazione delle motovedette, soldi che rientrano quindi nel  finanziamento dell’apparato militare libico». asgi.it.
>viii Interrogazione di Elly Schlein alla Commissione europea, 5 settembre 2017, europarl.europa.eu.
>xiii United Nations Support Mission in Libya (UNMSIL) and Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights (OHCHR), Detained and dehumanized, 13 dicembre 2016; si veda anche S/2017/466 (final report of the Panel of Experts on Libya established pursuant to resolution 1973).
>xiv ● 8 maggio 2017, il procuratore della Corte penale internazionale Fatou Bensouda riferisce al Consiglio di sicurezza dell’ONU sulle violazioni dei diritti umani in Libia, dicendosi «profondamente allarmata dai rapporti secondo cui migliaia di migranti vulnerabili, compresi donne e bambini, vengono detenuti in centri spesso in condizioni inumane». webtv.un.org.
● 18 maggio 2017, l’Ong tedesca Sea-Watch denuncia alla Corte penale internazionale dell’Aja il tentato speronamento in acque internazionali da parte della guardia costiera libica mentre la sua nave si apprestava a eseguire un salvataggio, aveva aperto il fuoco ad altezza d’uomo contro un peschereccio carico di migranti e aveva riportato i migranti in Libia, violando il principio di non-refoulement, sea-watch.org.
● 1° giugno 2017, il gruppo di esperti sulla Libia del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite pubblica un rapporto che parla di «esecuzioni, torture, deprivazione di cibo, acqua e servizi igienici», e dichiara che «i trafficanti di esseri umani, il Dipartimento di contrasto all’immigrazione illegale libico e le guardia costiera libica sono direttamente coinvolti nelle violazioni dei diritti umani». Letter dated 1 June 2017 from the Panel of Experts on Libya established pursuant to resolution 1973 (2011) addressed to the President of the Security Council, §104.
● 19 giugno 2017, Human Rights Watch afferma che «le forze libiche hanno esibito un atteggiamento irresponsabile, tale da mettere in pericolo le persone a cui venivano in aiuto, e per questo motivo l’Italia e altri Paesi dell’Unione europea non dovrebbero cedere il controllo delle operazioni di soccorso in acque internazionali alle forze libiche». Judith Sunderland, Ue: delegare i soccorsi alla Libia significa mettere vite a repentaglio, hrw.org.
● 20 giugno 2017, il rappresentante speciale dell’ONU in Libia, Martin Kobler, afferma davanti alla Commissione affari esteri (AFET) del Parlamento europeo: «Sconsiglio di continuare la formazione della guardia costiera libica in assenza di un vigile controllo internazionale. […] Su Youtube potete vede tutto, comprese le guardie costiere libiche che respingono le persone e le gettano in acqua perché anneghino, oppure le riportano sulle spiagge. L’Unione europea dovrebbe cominciare a riflettere su come evitare le violazioni commesse da coloro che essa stessa sta formando». Martin Kobler, L’UE doit arrêter de former les garde-côtes libyens!,
● 21 giugno 2017, Amnesty International lancia un monito alle istituzioni europee: «L’UE sta consentendo alla guardia costiera libica di riportare migranti e rifugiati sulla terraferma in un Paese dove le detenzioni illegali, la tortura e lo stupro sono la regola. Mentre rafforza l’operatività della guardia costiera libica, l’Unione chiude gli occhi di fronte ai gravi rischi insiti in questa cooperazione», amnesty.it.
● 28 giugno 2017, l’Upper Tribunal di Londra sentenzia che non è possibile effettuare rimpatri in Libia in considerazione del livello di violenza nel Paese, tale da mettere a rischio la vita o l’incolumità delle persone.
Upper Tribunal (Immigration and Asylum Chamber), The Immigration Acts. «The violence in Libya has reached such a high level that substantial grounds are shown for believing that a returning civilian would, solely on account of his presence on the territory of that country or region, face a real risk of being subject to a threat to his life or person», statewatch.org.
● 15 agosto 2017, Agnès Callamard, relatrice speciale dell’OHCHR sulle esecuzioni extra-giudiziarie, sommarie o arbitrarie, pubblica un rapporto in cui si legge che «alcuni Stati fanno affidamento su una politica di extraterritorialità per fermare i migranti prima che giungano sul loro territorio ed entrino nel loro controllo o giurisdizione [con riferimento al vertice informale sul Mediterraneo centrale tenutosi a Tallin il 6 luglio 2017]. Tali politiche possono includere assistenza, finanziamento e addestramento di agenzie di altri Paesi per l’arresto, la detenzione, il processo, il soccorso o lo sbarco e il rimpatrio di rifugiati e migranti. Queste politiche sollevano serie preoccupazioni quando le agenzie o gli Stati riceventi siano ritenuti responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, compresa la violazione del diritto alla vita».
Unlawful death of refugees and migrants. Note by the Secretary General, 15 agosto 2017, undocs.org, § 36, p. 17.
● 14 novembre 2017, l’Alto commissario Onu per i diritti umani Zeid Ra’ad Al Hussein dichiara «disumana la politica dell’Unione europea di assistere le autorità libiche nell’intercettare i migranti nel Mediterraneo e riportarli nelle terrificanti prigioni in Libia. La sofferenza dei migranti detenuti in Libia è un oltraggio alla coscienza dell’umanità», ohchr.org.
● Il 17 novembre 2017 l’Avvenire pubblica la notizia di un «coordinamento comune italo-libico sul fronte delle operazioni SAR», cartadiroma.waypress.eu.
>xv ● Il 28 giugno 2017, l’Alto rappresentante Federica Mogherini, in risposta a un’interrogazione parlamentare, ha reiterato a nome della Commissione europea il sostegno, anche finanziario, alla guardia costiera libica, con un ossimoro che la strage del 6 novembre rende inaccettabile: «L'UE finanzia la formazione della guardia costiera libica e sostiene una gestione della migrazione basata sui diritti in Libia», europarl.europa.eu.
● L’8 novembre 2017, a due giorni dalla strage al largo della Libia, il prefetto italiano Mario Morcone, capo di Gabinetto del ministero dell’Interno e consigliere del ministro Minniti, ha affermato: «Io non seguo le stupidaggini che dice Amnesty International, né il responsabile dei diritti umani europeo [il commissario dei Diritti umani del Consiglio d’Europa, ndr]. L’Italia non ha mai rispedito nessuno in Libia. Noi abbiamo solo consentito che la Guardia costiera libica salvasse le persone e le riportasse in Libia, ma lo ha fatto la Guardia costiera libica, non lo hanno fatto le navi italiane». redattoresociale.it.
Alla richiesta di accesso agli atti sul numero di respingimenti in ciascun Paese, da maggio 2016 a maggio 2017, presentata dall’Associazione ADIF, è stato risposto che i respingimenti dall’Italia alla Libia sono stati 60, rispondenti a cittadini libici (di cui 5 donne e 55 uomini).
>xvi Nel documentario Un unico destino, pubblicato il 14 ottobre 2017, il giornalista italiano Fabrizio Gatti ha ricostruito il naufragio del 13 ottobre 2013, nel quale morirono 268 profughi siriani in fuga dalla guerra, tra cui 60 bambini, a bordo di un barcone crivellato di colpi da un’unità libica: un massacro causato dalla volontaria omissione di soccorso della Marina italiana, il cui pattugliatore Libra, che si trovava a 45’ dalla scena del naufragio, è intervenuto più di cinque ore dopo la richiesta di aiuto, incalzato e costretto dalla Marina maltese. espresso.repubblica.it.
Il 13 novembre 2017, dopo numerose richieste di archiviazione, il Giudice per le indagini preliminari di Roma ha stabilito che il comandante della sala operativa della Marina militare italiana e il collega della Guardia costiera debbano essere processati per omissione di atti di ufficio e omicidio colposo, accogliendo gran parte delle richieste dei familiari delle vittime, rappresentati dagli avvocati Alessandra Ballerini, Emiliano Benzi e Arturo Salerni. espresso.repubblica.it;
4



Mercoledì 22 Novembre,2017 Ore: 23:55
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Appelli

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info