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www.ildialogo.org Decalogo per il referendum,di Michele Zarrella

OTTO DOMANDE OTTO RISPOSTE L'OTTO DEL MESE
Decalogo per il referendum

È il momento di agire


di Michele Zarrella

Il quesito referendario cosa dice?

Il referendum, o meglio quello che rimasto dei sei quesiti referendari, chiede agli italiani se è possibile estrarre le fonti fossili oltre la scadenza naturale del contratto fino all’esaurimento completo del giacimento che si trova entro le 12 miglia dalla costa. Su questo si dovranno esprimere gli italiani. Delle 195 piattaforme sparse nel nostro mare stiamo parlando di 92, soprattutto sulle coste dell’Emilia Romagna, Marche a Abruzzo, che si trovano entro 20 km circa dalla costa. Le riserve certe di petrolio nei mari italiani equivalgono a 7-8 settimane di consumi nazionali e potremmo estrarre gas per soddisfare i consumi di 6 mesi [fonte: Greenpeace].

Le estrazioni delle fonti fossili miglioreranno i nostri problemi energetici?

Il problema energetico è un problema complesso che “abbraccia” tutte le attività umane: dalla tazzina di caffè al viaggio in aereo. E la sua soluzione lo è altrettanto. Ma estrarre ulteriormente dalle viscere della Terra fonti fossili aggraverà la situazione climatica e non risolverà i nostri problemi energetici. Occorre una politica energetica che preveda un mix di fonti. E gli scienziati ci dicono che non è possibile usufruire oltre il quinto dei giacimenti già in funzione se vogliamo contenere l’aumento della temperatura entro i “famosi” 2 °C dall’era industriale prefissati dai governanti a Parigi. Le esigenze energetiche dell’umanità sono in aumento e occorre sopperire ad esse con l’inventiva, la capacità e l’intelligenza dell’uomo. Per brevità li raggruppiamo in tre azioni: eliminazione degli sprechi, efficienza, fonti alternative. Alcuni dicono che il petrolio porta ricchezza. È sapiente pensare di diventare ricchi, ricchi, ricchissimi e perdere l’equilibrio della biosfera che ha consentito l’affermarsi della nostra specie su questo pianeta? È sapiente pensare di diventare ricchi, ricchi, ricchissimi e non lasciare un pianeta vivibile ai nostri nipoti? La politica energetica italiana e quella mondiale non possono più puntare sulle fonti fossili. Una politica del genere la si dovrebbe definire “una politica fossile”, antica, sedimentata, stratificata, miope perché non guarda al futuro. Occorre invertire la rotta verso le tecnologie che trasformano energia dalle fonti che non emettono anidride carbonica. Credo fermamente che per un approccio realistico e serio al problema energetico sia inevitabile partire prima di tutto dal nostro modello di vita.

Stiamo mettendo a rischio la vita del mare per un piccola quantità di petrolio e di gas?

Anche se le imprese italiane costituiscono il meglio che la tecnologia mondiale può offrire in questo ambito garantendo un basso rischio di disastri questi non si possono escludere. La statistica dice: la probabilità non è negativa. Ogni processo industriale prevede dei rischi. Anche la fornitura dell’acqua nelle nostre case presenta rischi. Vedi Viterbo, Altolazio, ecc. Solo che ci sono dei livelli di rischi accettabili e altri no. Una eventuale perdita di petrolio, aggravato dal fatto che il Mar Mediterraneo è chiuso, metterebbe a rischio grave le nostre coste, la fauna e le attività umane come il turismo e la pesca. Un disastro che abbiamo già vissuto nel Golfo del Messico. La BP si è accordata per un risarcimento record al governo di 20 miliardi di dollari. Quello ai privati è ancora da definire. Ma non sono certo i soldi che ridaranno la vita a chi l’ha persa ma anche, attenzione, a chi è stato negato di venire al mondo. Perché, quando determiniamo i danni, non valutiamo la perdita di chi non avrà più la possibilità di nascere: larve, uova, embrioni e fecondità – anche quella umana –  perduta.

Qual è la ricchezza del nostro paese ?

La nostra ricchezza è:

il Sole -  il mare - il panorama  - la cultura - il turismo - i monumenti - le tradizioni - l’acqua - l’aria - i prodotti enogastronomici … Questa è la vera ricchezza del nostro Paese.

Chi ci guadagna?

Per estrarre petrolio e gas le compagnie devono versare al governo i “diritti”, cioè delle percentuali su quanto si estrae. Per trivellare i mari italiani si pagano il 7% per il petrolio e il 10% per il gas del valore di quanto si estrae, fatto salvo un quantitivo minimo garantito: i primi 80 milioni di mc di gas e le prime 50 mila tonnellate di petrolio (art. 19 del DL 25/11/1996 n. 625). Il resto va ai petrolieri. Il problema è che dove qualcuno guadagna qualche altro perde. E nel continuare a utilizzare le fonti fossili ci perde l’ambiente - vedi Basilicata, per restare all'attualità - , la salute dei cittadini e la speranza di vita futura. La combustione delle fonti fossili sta mettendo a rischio la vita della nostra specie su questo pianeta. Oltre agli scienziati e qualche governante ce lo dicono anche gli uomini di chiesa (Papa Francesco, Bartolomeo I, ecc.). Sia chiaro che guadagno non significa benessere.

Allora dobbiamo dire basta fonti fossili

Il riscaldamento globale è causato soprattutto dall’anidride carbonica (CO2) e la sua concentrazione un secolo fa ha superato le 300 parti per milioni (ppm) cosa che non aveva mai fatto in 425 000 anni [fonte, James Hansen, TEMPESTE, p.60]. Inoltre ha un andamento esponenziale, cioè aumenta sempre più e sempre più velocemente. Il 31 marzo 2016 abbiamo raggiunto le 404,96 ppm [fonte, https://www.co2.earth/22-co2-now]. Secondo lo scienziato James Hansen dovremmo riportare tale concentrazione a 350 ppm per sentirci al sicuro. Vogliamo ascoltare quanto dicono gli scienziati? A cavallo della conferenza di Parigi, il presidente Obama ha detto “Siamo l’ultima generazione che può porre rimedi al riscaldamento globale”.  Ma voglio citare anche Papa Francesco che nella sua LAUDATO SI’, al n. 55, ha scritto: «Se qualcuno osservasse dall’esterno la società planetaria, si stupirebbe di fronte ad un simile comportamento che a volte sembra suicida». E qui ritorna il discorso di una politica che sottoscrive l’accordo a Parigi e nel proprio Paese autorizza ancora l’estrazione delle fonti fossili è una politica non coerente la si possiamo definire “una politica fossile”, che va cambiata.

L’accordo di Parigi possiamo semplificarlo in: un accordo per salvare il pianeta?

I governanti di 195 Paesi, che rappresentano il 93% delle emissioni globali, hanno sottoscritto l’accordo di Parigi. In esso si sancisce il riconoscimento da parte di tutti – cosa che non era mai avvenuto nelle precedenti venti conferenze sul clima – che il riscaldamento globale deve essere necessariamente contenuto al di sotto di 2 °C dall'epoca industriale, ritenuto dagli scienziati il limite accettabile dalla specie Homo sapiens. L’accordo dice che fino al 2030 non dobbiamo aumentare l’immissione di CO2 e dopo dobbiamo diminuirla fino ad azzerarla entro il 2100. Sia chiaro che a Parigi non ci si è accordati per salvare il pianeta come spesso si semplifica e si è scritto. A Parigi ci si è accordati per salvare la nostra specie. Il pianeta continuerà a ruotare su se stesso e a correre intorno al Sole per altri 5 miliardi di anni – quando il Sole morirà –. Se dovesse scomparire l’Homo sapiens per il pianeta sarà come una piccola deglutizione come lo fu quando scomparvero i dinosauri. Allora accadde per una causa esterna. Questa volta saremmo noi stessi la causa del nostro male. E ci siamo autodefiniti - molto presuntuosamente - Homo sapiens.

I campanelli d’allarme più forti quali sono?

Se non vogliamo dare ascolto agli scienziati, ai religiosi e a tanti governanti non possiamo ignorare i forti campanelli d’allarme che ci vengono dalle manifestazioni climatiche estreme sempre più frequenti e sempre più violente. Dopo tali disastri i governanti hanno fatto le medesime dichiarazioni:

"Faremo di tutto per aiutare le persone colpite dal tornado,…”, Questa fu la dichiarazione di George Bush dopo il tornado Katrina che travolse New Orleans nell’agosto del 2005.

«L'intero paese è con voi, non sarete soli. Faremo ogni cosa per fronteggiare l'emergenzaQuesta fu la dichiarazione di Barack Obama dopo il tornado che travolse Oklahoma City nel maggio 2013.

Simile dichiarazione la fece la Cancelliera Angela Merkel, dopo l’alluvione del giugno 2013: “… fidatevi, faremo tutto il possibile per aiutarvi”.

Simile ancora a quella del presidente del consiglio Enrico Letta dopo l’alluvione in Sardegna (novembre 2013): Ora ci deve essere "l'impegno totale dell'intera comunità nazionale”.

Tutte frasi ragionevoli e umanamente condivisibili. Però dalle tragedie bisogna imparare e prendere provvedimenti altrimenti tali dichiarazioni resteranno solo parole vane che i governanti di turno dovranno ripetere ancor più spesso e più drammaticamente. E a Parigi è stata riconosciuta questa situazione e posto un punto fermo che va rispettato.

Diamo ascolto ai campanelli d’allarme del clima:ghiacciai, calotte polari e permafrost che si stanno sciogliendo; alluvioni, tornado e siccità sempre più frequenti; livello del mare che si innalza; atolli, isole e città costiere che spariranno; pressione demografica in aumento con centinaia di mi-lio-ni di profughi climatici – e non le decine di mi-glia-ia di profughi di guerre che già tanti problemi creano –; temperatura e acidificazione degli oceani che aumenta; aumento di alcune specie e sparizione di altre; ecc. ecc. in una spirale che si autoalimenta.

 I posti di lavoro, la ricchezza, l’economia, lo sviluppo.

I posti di lavoro non si perdono ma si trasformano. Il lavoro, in fisica, è energia e l'energia né si crea né si distrugge, si trasforma. Un po’ come i vasi comunicanti il liquido si sposta da un vaso all’altro ma la quantità totale di liquido resta la stessa. Insistere sulle fonti fossili significa insistere su un politica fossile che non guarda al futuro. Accumulare ricchezza (per i soliti pochi) ma poi perdere il pianeta – la casa in abitiamo –  che senso ha? L’economia. Il PIL non misura la sicurezza, però misura la serratura nuova che andate a comprare per sostituirla dopo un furto. Il Pil non misura il benessere e la salute dei cittadini. Per la salvaguardia della salute e dell'ambiente la politica fossile ha delegato la magistratura come sta succedendo in Basilicata. Lo sviluppo. Occorre intendersi su cosa significa sviluppo.  Possiamo chiamare sviluppo l’ILVA di Taranto, l’Isochimica di Avellino? L’inquinamento di aria, acqua e suolo in Basilicata? Che sviluppo è far emigrare i giovani e lasciare ai nostri nipoti territori e poi, allargando la visione, addirittura un pianeta invivibile?

Invito a partecipare al referendum

Il più fondamentale dei diritti umani è la vita. I governanti del mondo siano coerenti con quanto sottoscritto a Parigi. Gli accordi restano cosa vana se non si traducono in azioni. Ma ognuno di noi sappia che giorno per giorno, in tutti i nostri comportamenti inquiniamo. Per ridurre l’inquinamento dobbiamo agire. Come? 1. Eliminare gli sprechi (lo spreco è moralmente e eticamente inaccettabile; se fossi un religioso direi che è peccato). 2. Essere più efficienti. 3. Utilizzare le energie alternative. Agire significa anche andare a votare. Per avere un futuro migliore bisogna agire su di esso e non subirlo. Il 17 aprile possiamo agire esprimendo la nostra opinione su un quesito tecnico specifico ma dalla valenza universale: la salute della nostra specie su questo pianeta. Scegliamo di lasciare ai nostri nipoti un mondo vivibile. La storia sta bussando alla nostra porta. Il 17 aprile 2016 partecipiamo al referendum. È un nostro diritto-dovere scegliere e partecipare alla costruzione del futuro della nostra specie su questo pianeta.

Gesualdo, 8 aprile 2016

Michele Zarrella

Per contatti

zarmic@gmail.com

sito web: digilander.libero.it

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Venerdì 08 Aprile,2016 Ore: 08:02
 
 
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