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www.ildialogo.org L’Homo sapiens e le conferenze annuali: Durban, Cancun, Copenaghen...,di Michele Zarrella

Otto domande, otto risposte l’otto del mese
L’Homo sapiens e le conferenze annuali: Durban, Cancun, Copenaghen...

Una specie che imbroglia se stessa


di Michele Zarrella

 La conferenza di Durban, e quelle precedenti, vogliono stabilire le strategie per mitigare e possibilmente invertire il fenomeno del riscaldamento globale?
Sì è questo lo scopo. Ma fin ad ora, dal protocollo di Kyoto in poi, si sono tenute tante conferenze e tanti proclami altisonanti seguiti poi da azioni deboli che invece dovrebbero essere risolute e decisive nella riduzione di immissione di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera. Questo significa evitare dei rischi gravissimi che, per una specie “sapiente”, non ha alcun senso correre. È accertato che l’immissione di CO2 nell’atmosfera si traduce in aumento della temperatura e, di conseguenza, in variazioni dei fenomeni atmosferici sempre più violenti che saremo (ma già in parte siamo) costretti a subire e a cui l’Homo sapiens oppone solo proclami altisonanti seguiti da pochi fatti.
È preoccupato rispetto alla conferenza di Durban?
Da decenni si fanno conferenze e si sottoscrivono impegni. Da decenni è noto che il clima sta cambiando a causa delle attività umane basate sullo sfruttamento delle fonti fossili che immettono CO2 nell’atmosfera. Il 31-12-2012 segna la fine del primo periodo del protocollo di Kyoto ed è la data entro cui le nazioni dovrebbero dire: “Abbiamo onorato i nostri impegni ora proseguiamo verso i nuovi obiettivi”. Ma sulla scorta delle passate esperienze e delle delusioni delle precedenti conferenze come quelle di Copenaghen e Cancun, temo che gli obiettivi non verranno raggiunti. Se non si passa dai trattati alla loro applicazione con azioni decisive e urgenti la conferenza di Durban potrebbe diventare il canto del cigno del protocollo di Kyoto.
Quali sono gli scenari futuri?
Gli scenari dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change ) oscillano in funzione della crescita della CO2 fra oltre 500 parti per milione di volume (ppmv) se continueremo a produrre energia da fonti fossili, a 250 ppmv entro il 2050 se produrremo energia da fonti che non immettono COcome le fonti rinnovabili. Se si avverasse la prima ipotesi si avrebbe un aumento della temperatura, fino a sei gradi, che indurrebbe un disastro climatico quasi sicuramente insopportabile per la nostra specie. La seconda ipotesi presuppone che l’umanità abbia la volontà di non sprecare l’energia di migliorare l’efficienza delle attuali tecnologie e di esercitare il libero arbitrio nella scelta delle sue fonti energetiche. In tale caso manteremmo la situazione climatica del 1990 considerato anno base del protocollo di Kyoto.
Nel lontano 1997 fu firmato il protocollo di Kyoto fu un segnale di una nuova coscienza ambientalista?
Tante speranze furono poste sul protocollo di Kyoto. Eravamo convinti che una nuova coscienza ambientalista impegnasse le istituzioni e l’umanità sulla riduzione delle emissioni di gas serra mettendo in atto quanto sottoscritto. Ma gli impegni non vengono onorati da tutti i Paesi e i cambiamenti climatici sono la realtà che oggi siamo costretti a subire. L’umanità ha continuato imperterrita come di consueto prestando attenzione a quanto propinano le multinazionali dell’inquinamento.
 Insomma la natura con le sue tempeste ci dimostra di non poter essere domata dai protocolli.
I segnali dei cambiamenti climatici ci sono, forti e chiari. L'Homo sapiens lo dimentica. E' giusto ricordarlo. Gli scienziati ce lo dicono che bisogna ridurre le immissioni di gas serra nell’atmosfera, ma l'Homo sapiens è capace anche di ingannare se stesso convincendosi e convincendo gli altri che tutto va bene, immolando il proprio futuro sull’altare del profitto di pochi. Imbrogliare gli altri è una tecnica usata da molti furbetti e da tempi remoti. Imbrogliare se stessi è cosa diversa e non ha nulla di sapiens.
L’immagine classica dei cambiamenti climatici è rappresentata da un orso bianco che non trova più la sua banchisa. Oggi si può ritenere ancora valida?
Certamente le calotte polari sono l’ambiente sentinella per eccellenza. Sono i luoghi dove prima si avvertono i cambiamenti. In Antartide si è riusciti a studiare, con una perforazione di 3.270 metri di ghiaccio, la storia climatica fino a 800.000 anni fa, stabilendo inequivocabilmente la concatenazione fra temperatura e concentrazione di CO2. Però oggi i cambiamenti climatici non sono più una esclusiva delle calotte polari. I ghiacciai montani si sciolgono, la temperatura degli oceani aumenta, i fenomeni climatici si estremizzano, l’acidità dei mari aumenta. Assistiamo ad altri fenomeni come la desertificazioni di intere regioni, alluvioni in altre, cicloni, tempeste, esondazioni, sempre più estreme e distruttive. È chiaro che oggi i cambiamenti climatici non interessano più solo gli sventurati orsi polari ma tutte le specie viventi sul pianeta, compresa la nostra.
Allora i cambiamenti climatici dipendono dalla immissione di COnell’atmosfera?
Il clima dipende dalla proporzione esistente fra le tre forme dell’acqua: solida, liquida e gassosa, considerando costante la forzante climatica del sole, ed altre forzanti. Se aumenta la CO2 nell’atmosfera aumenta anche la temperatura. E una variazione della temperatura modifica proporzionalmente la quantità di ognuna delle tre forme dell’acqua modificandone l’equilibrio e di conseguenza il clima. Per questo non dobbiamo più immettere CO2 nell'atmaosfera.
Esistono le tecnologie necessarie per mettere in atto queste azioni decisive?
Si già esistono. Sono quelle tecnologie che sfruttano le fonti rinnovabili: vento, sole, fiumi, geotermia, onde del mare, scarti di biomasse, rifiuti, ecc. Tecnologie che sono in evoluzione con rendimenti anno dopo anno sempre maggiori e che generano milioni di posti di lavoro.
Gesualdo, 8 dicembre 2011
Michele Zarrella
Per contatti
 


Giovedì 08 Dicembre,2011 Ore: 08:54
 
 
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