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www.ildialogo.org Livello 7.,di Michele Zarrella

Livello 7.

Incidente catastrofico.


di Michele Zarrella

La scala INES (International Nuclear and radiological Event Scale) è una scala logaritmica e il salto da un livello al superiore equivale a un aumento dei danni di 10 volte (http://it.wikipedia.org/wiki/Scala_INES). Wikipedia definisce il livello 7 così: rilascio all’esterno di un impianto di grandi dimensioni di ingenti quantità di materiale radioattivo (maggiori di 10 x 1015 Bq equivalenti di iodio-131) in un’area molto vasta con conseguenti effetti acuti sulla salute della popolazione esposta e conseguenze gravi sull’ambiente.
Dopo un mese dal disastro di Fukushima il governo giapponese ha innalzato al livello 7 (il massimo previsto dalla scala INES) la classificazione dell’incidente. Fra le varie organizzazioni antinucleariste, Greenpeace l’aveva già chiesto tre settimane fa di innalzare il livello e di ampliare la zona di protezione/evacuazione nell’area di Koriyama. Ma la comunicazione nel caso di disastri nucleari è sempre reticente. Intanto la gente (circa un milione di persone) viene esposta alle radiazioni, non adotta le precauzioni del caso con gravi conseguenze per la salute.
La reticente informazione è inaccettabile: provoca ulteriori e peggiori danni che potrebbero essere evitati. Già è successo nel caso di Chernobyl. Per alcuni giorni il governo russo cercò di tenere nascosto l’incidente, provocando ulteriori danni alla popolazione (v. Chernobyl 25 anni dopo).
La diffusione e lo scambio di informazioni precise e rilevanti sono determinanti per la costruzione della fiducia. Oggi, invece, le informazioni sono del tipo: la radioattività è notevolmente inferiore a quella di Chernobyl. Oppure: il livello di radioattività non è preoccupante. Per determinare una quantità occorre un valore ed un’unità di misura. Per esempio 3 litri di latte, 2 chili di pane, ecc..Sia la TEPCO che il governo parlano con frasi generiche: “notevolmente inferiore” “non è preoccupante”. La gente, di fronte a queste informazioni è perplessa e impaurita, e ognuno associa a quegli avverbi la propria esperienza e la propria speranza dando a quelle frasi il significato più comodo: che non ha nulla da temere, che il governo li protegge, che la TEPCO si comporta onestamente e nel dubbio accetta la situazione di fatto. 
Ma che comunicazione è questa! Per indicare una grandezza occorrono un numero e un’unità di misura. E in questo caso il valore di riferimento o di soglia oltre il quale si è stabilito che i danni sono accettabili. La soglia, è di 1 mSv (un milli sievert) all’anno per la popolazione e di 20 mSv per gli operai delle centrali. La corretta informazione deve dire se sono stati superati questi valori e di quanto.
Altra informazione reticente è: Le centrali giapponesi erano vecchie e che le nuove saranno sicure. Ma pure quando successe il disastro di Chernobyl si disse: La centrale di Chernobyl era vecchia e che le nuove saranno sicure. Come pure quando si costruirono le centrali a Fukushima. Certamente si disse che le centrali erano sicure. Infine alcuni giornalisti scrivono: “Centrale impazzita”. Come se la centrale avesse una sua razionalità. Quasi a voler dire che l’uomo non poteva farci niente. Come se la colpa fosse della centrale e non dell’uomo che orgoglioso della sua onnipotenza continua imperterrito a voler costruire centrali nucleari affermando con ostinazione e testardaggine che le prossime saranno più sicure. Ma lo sa l’“homo tecnologicus” che non c’è niente di sicuro al mondo? Che noi siamo un granello di sabbia che vaga nell’immenso universo? Che di fronte ad un’eruzione vulcanica, un terremoto, uno tsunami, un ciclone siamo impotenti?
Allora, perché seguire strade pericolose se ne abbiamo altre che lo sono di meno?  Perché spingere l'acceleratore sull’atomo, che non sappiamo governare né stoccare, invece che sulle energie rinnovabili che sono abbondanti e distribuite su tutto il pianeta? Perché concentrare invece di distribuire? Tante piccole centrali e tante piccole reti sono molto più vantaggiose  rispetto alle enormi centrali e alle grandi reti. L’Homo sapiens non può anteporre il profitto di alcuni alla salute di tutti.
Gesualdo, 13 aprile 2011

 



Mercoledì 13 Aprile,2011 Ore: 13:58
 
 
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