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www.ildialogo.org Decentramento - Il nucleare e le contraddizioni del federalismo,di Michele Di Schiena

Decentramento - Il nucleare e le contraddizioni del federalismo

di Michele Di Schiena

Col decreto legislativo varato il 10 febbraio scorso dal Consiglio dei Ministri si va oramai a passo spedito verso il ritorno al nucleare con la riapertura delle polemiche e il riaccendersi di dissensi simili a quelli che nell'87 bloccarono il nucleare con un referendum abrogativo. Si dirà che il mutato interesse del Paese impone il nucleare e che i cittadini allora non erano informati come oggi in virtù di una "campagna nazionale di informazione" sui temi della sicurezza e della economicità di tale fonte. Un'operazione propagandistica prevista per legge, che evoca invero certe orchestrate campagne di non felice memoria, volte a condizionare psicologicamente la collettività. Con ogni probabilità assisteremo nuovamente ad un aspro scontro, con momenti di tensione e con decisioni politiche trasversali.
C'è però una questione politica poco chiara: il destino del cosiddetto federalismo. L'iniziativa del Governo in materia di produzione nucleare (legge del 23/07/2009 n. 99 che contiene la delega al Governo ed il D.Lgs. di recente approvazione) mette tutti di fronte alla scelta se riconoscere effettiva efficacia innovativa alla riforma del 2001 del titolo V della Costituzione o se si tratta invece di una semplice operazione di facciata. Infatti, l'art. 17 della Costituzione, come riscritto dalla riforma, attribuisce allo Stato la legislazione esclusiva in materie strettamente connesse alla sua natura unitaria mentre sulla legislazione 'concorrente' tra Stato e Regioni precisa che "spetta alle Regioni la potestà legislativa salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservati alla legislazione dello Stato", aggiungendo che alle Regioni spetta la potestà legislativa in riferimento ad ogni altra materia "non espressamente riservata alla legislazione dello Stato".
Per i non addetti ai lavori sembrerebbe che alle Regioni siano stati riconosciuti ampi poteri. Ma invece, in merito alla legislazione concorrente, che comprende materie determinanti per gli interessi locali (tutela della salute; protezione civile; governo del territorio; trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; ecc.), si è verificata una sempre più marcata inclinazione accentratrice del potere politico statuale, anche a causa di certe interpretazioni della normativa costituzionale da parte della giurisprudenza.
Quanto poi al ridimensionamento dei poteri regionali - previsti dal titolo V della Costituzione - ad opera di talune tendenze giurisprudenziali e dottrinarie, va rilevato che il problema centrale è quale valore si vuole assegnare, nei casi di legislazione concorrente, alla "intesa", considerata lo strumento più idoneo alla realizzazione del principio di leale collaborazione tra Enti interessati. Se cioè attribuire alla "intesa" la natura di una "paritaria codeterminazione del contenuto dell'atto" senza declassarla in una "mera attività consultiva non vincolante" o se, invece, considerarla caratterizzata da una preminente posizione dello Stato in quanto portatore di interessi nazionali. Ed è proprio su questo problema che alcuni orientamenti giuridici distinguono le "intese" in "deboli" (che in caso di non componibile disaccordo consentono ad una delle parti, ed in pratica allo Stato, di decidere unilateralmente) e "forti" (che prevedono la codecisione come necessaria per l'efficacia dell'atto ed implicano, in caso di insuperabile disaccordo, il possibile intervento ad arbitro della Corte Costituzionale). E lo fanno per addivenire ad uno slargamento oltre misura delle intese "deboli" considerando in pratica tali anche quelle non in tal modo definite dal legislatore.
Siamo quindi di fronte ad una situazione confusa e ad atteggiamenti contradditori da parte delle forze politiche e, in particolare, di quelle dell'attuale maggioranza per la sua componente 'localista' leghista. Vanno allora poste alcune domande. Di fronte ad un ridimensionamento dei poteri regionali nelle materie attribuite alla legislazione concorrente, cosa resta del tanto osannato federalismo e dell'accentuato regionalismo che avrebbe dovuto caratterizzare la riforma del 2001 voluta dal centro-sinistra? Il federalismo propugnato dalle destre non rischia forse di esaurirsi tutto nella sua dimensione fiscale favorendo economicamente le Regioni più forti e danneggiando quelle più deboli? Non è forse tempo che la politica pensi ad una rivisitazione del titolo V della Costituzione operando scelte che facciano chiarezza e riducano il dilagante ricorso dello Stato e delle Regioni alla Corte Costituzionale per dirimere i loro conflitti?
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* Magistrato, presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione
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da Adista n. 22 del 13/03/2010 - Segni Nuovi

Articolo tratto da
ADISTA
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Marted́ 09 Marzo,2010 Ore: 15:00
 
 
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