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www.ildialogo.org GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE,di Michele Zarrella

GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

di Michele Zarrella

Oggi, si celebra la giornata internazionale contro la violenza sulle donne proclamata dall'ONU.

La celebrazione di qualcosa denota la necessità di porre l’attenzione su qualche problema. È quello che faremo oggi in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Iniziamo dalle forme di violenza antiche come la parità, la libertà, i diritti che in gran parte del mondo ancora non sono stati raggiunti dalle donne, o sono ignorati o peggio calpestati. E continuiamo con libertà, lavoro, stipendio, uso del corpo femminile, spesso utilizzato come merce da affiggere ovunque su tanti oggetti e su piccoli o giganteschi manifesti pubblicitari, o come attrattore di programmi televisivi insulsi e arroganti. Diventi la giornata odierna l’occasione per riflettere su quanto si è fatto e su quanto si deve fare per attenuare e si spera porre fine a queste violenze che derivano dalle disparità che ancora oggi esistono fra i due generi. Se volgiamo lo sguardo al passato è evidente che oggi le donne godono di maggiore libertà, ma spesso è una libertà di facciata e non sostanziale. Molti pregiudizi e alcune usanze continuano ad  imperversare e non vengono scalfiti. La prova sta nelle violenze perpetrate su di loro da chi professa di amarle…amarle tanto… fino a… ucciderle. Una aberrazione. Un contrasto. Un ossimoro. Una immensa bugia. Simile a quelle della Crociate quando i crociati urlavano: “In nome di Dio (io) ti ammazzo”. Ma quale Dio, immensa bontà e amore, può chiedere di ammazzare un proprio simile?  Oggi questi uomini che si macchiano di questi omicidi (e non femminicidi) dicendo “In nome dell’Amore che io provo per te, ti ammazzo” somigliano molto a quei crociati.  Ma quale Amore è questo, se non pura follia e deviazione cerebrale?

Occorre davvero cambiare prospettiva. Primo vero cambiamento è quello che avviene in se stessi: convincersi che la parità, l’uguaglianza e la libertà devono appartenere a qualsiasi essere umano. Se ciò avverrà in ognuno di noi, poi si potrà sperare che avvenga anche nelle stanze del potere, delle caste, della burocrazia, nelle chiese, nelle associazioni, ecc.  Si potrà  sperare in atti concreti come l’uguaglianza dei salari, gli aiuti alle famiglie, maggior numero di asili nido, orari flessibili... Atti concreti come intitolare a donne più piazze, strade, cinema, istituti, aule.

Senza trascurare il linguaggio. Si dice che il diavolo si nasconde nei dettagli. Forse è lì che bisogna lavorare di più. Anche nei dettagli bisogna usare l’uguaglianza, la meritocrazia e le regole. Già la parola “femminicidi” è un’invenzione maschilista e vuol distinguere un particolare tipo di omicidio, ma nel contempo lo ghettizza e lo colloca in una determinata situazione particolare quasi a sminuirla. Ma anche se fosse ad aumentarla sarebbe errata. Da che mondo è mondo un omicidio è un omicidio e non ha genere maschile o femminile, perché si ammazza l’umanità.  In questi giorni si è parlato tanto della ministra della giustizia Cancellieri. Alcuni giornalisti dicevano o scrivevano la ministra, altri il ministro. A mio avviso utilizzare il maschile riferendosi a una donna significa ancora una volta violenza. Ma vogliamo dare a Cesare quel che è di Cesare? Purtroppo è anche vero che proprio le donne spesso preferiscono il proprio titolo al maschile cedendo così il loro genere e la loro dignità. Tante donne preferiscono dire di loro stesse il parlamentare, il presidente, il direttore e pronunciarle al maschile. Ma si dovrebbe dire la parlamentare, la ministra, la direttrice, ecc.. Noi che siamo la culla della civiltà e della lingua non mettiamo in atto le regole della grammatica. In Germania come è arrivata una donna al potere hanno adeguato la parola Cancelliere al femminile e dicono tranquillamente la Cancelliera. Ma è così bello “La Direttrice“. Forse perché a me ricorda il periodo delle scuole elementari. Però alcune donne preferiscono dire: “Sono il direttore di ...”, “Sono il presidente di…”, “Sono il dirigente di….”, ecc. allora usiamo il femminile quando si parla di donne e il maschile quando si parla di uomini senza prevaricazione e senza soprusi. Questo modo di fare non è anch’esso violenza? Allora le prime a non maltrattarsi siano le donne stesse. Sì anche questo potrebbe essere un segnale forte a chi è prepotente e maschilista e non è un dettaglio perché ci ricorderà della donna e del rispetto che merita tutti i giorni dell’anno, ogni volta che lo leggeremo (al femminile), e non solo il 25 novembre.

Gesualdo, 25/11/2013

Michele Zarrella

zarmic@gmail.com

sito web: http://digilander.libero.it/prolocogesualdo/indice.html

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Lunedì 25 Novembre,2013 Ore: 11:56
 
 
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