- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (369) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org Poesie e riflessioni su l'Aquila,di Cristina Spennati

Abruzzo - Lettere
Poesie e riflessioni su l'Aquila

di Cristina Spennati

Sono finita per caso sul vostro giornale , non ne conoscevo l'esistenza, ho letto belle cose, ho visto che alle volte le parole mandano messaggi importanti, ed ho deciso di affidarvi il mio messaggio. Non so se mi prenderete in considerazione, ma io in fondo, non ho nulla da perdere, ci voglio provare. Mi chiamo Cristina Spennati e sono aquilana, da troppo tempo vedo intorno a me tanta indifferenza, vedo che la vita riprende per alcuni, e vedo che per me invece non si riesce a sbloccare quel senso di angosciante agonia che mi prende, ogni volta che torno nella mia città. Io non posso fare a meno di andare a passeggiare tra quei vicoli, su quei san pietrini, tra quei palazzi che mi hanno vista crescere, che mi hanno fatta innamorare della pace, della vita semplice, del caos nelle ore di punta, che si respirava in centro prima del 6 aprile. Ora cammino e respiro un caotico silenzio intorno a me, vedo ferite aperte, vedo gente che armata di macchinette fotografiche, vengono qui per avere un ricordo della gita, nella città distrutta, e mi viene da piangere, e vorrei gridare, urlare al mondo il mio dolore, vorrei che questo senso di impotenza mi abbandonasse almeno un attimo, e che potessi anche solo per poco rivedere il futuro come lo immaginavo prima. Mi piacerebbe che i turisti sentissero il dolore che ho dentro, così da trasmetterlo a chi fuori dal territorio abruzzese, non sa e non ha idea del male che ci affligge, del senso di vuoto che (almeno per me è così) abbiamo dentro. Qualche giorno fa, ero alla processione a Collemaggio, e una vecchia signora turista, mentre noi pregavamo ci è passata davanti dicendo un po' stizzita: "e ringraziate Berlusconi piuttosto che vi ha fatto le case", ecco in quel momento io ho capito che la gente vede solo ciò che vuol vedere, devo dire che ho fatto una grande fatica per non piangere, ho pensato che questo incubo non ha fine. Vorrei che la gente come quella, la situazione che viviamo, potesse vederla con gli occhi del cuore, ma evidentemente è più facile criticare piuttosto che cercare di capire l'altrui sofferenza..... per fortuna di gente così non ne gira molta e i tanti che sono venuti ed hanno visto in che condizioni giace questo piccolo angolo di mondo, sono rimasti stupiti e attoniti nel riscontrare che ciò che i tg hanno riportato non sono che la minima parte del dramma che qui si sta vivendo , ciò che è arrivato dai TG sono le lamentele per i tempi lunghi, le lamentele per le case piccole, le lamentele per questo e quello, insomma le sciocchezze praticamente, ciò che non è chiaro al resto del mio popolo, è che qui la vita per alcuni, si è fermata al 6 aprile, e che, se anche si è tornati a vivere, si sopravvive, perché il male è radicato dentro e difficilmente andrà via, sino a che ci sarà la consapevolezza della incertezza per il futuro, per i nostri figli, per la nostra città, per il lavoro e per tutto il resto. Non so se sono stata chiara nell'esprimere ciò che sento, però credo che le mie poesie forse arriveranno a far capire il mio senso di angoscia, ve ne mando alcune significative, sperando che raggiungano lo scopo. Sto facendo la mia battaglia di sensibilizzazione, con il solo scopo di smuovere le acque che ormai sembrano stagnare, non so se mai ci riuscirò, ma almeno ci avrò provato. Per chiudere vorrei chiedere ai vostri lettori, visto che è tempo di vacanze, fate una capatina a l'Aquila se potete e fatevi portavoce del dolore che scaturisce dalle ferite di questi palazzi dimenticati. 

Grazie infinite per l'opportunità. 

Cristina Spennati


L'Aquila mia

E tornano alla mente

le mie giornate andate

i miei passeggi in centro

quando ero una bambina.

Le grandi colonne dei portici,

la piazza con il duomo,

la grande basilica, dove io ho voluto dire il mio si,

ed ogni altro stralcio della mia vita vissuta,

in quella città magica da me tanto amata.

La vita era qui un sogno

vi era una gran pace tutt'intorno

che quasi surreale accompagnava

le mie giornate di ragazza.

Ora sarebbe bello immaginare

questa pace di poterla riavere.

Dopo questo sisma maledetto

il mio cuore ora spera,

di riaverla al più presto la mia città, cosi come era.

Di andare di nuovo in centro a passeggio,

solo per il piacere di respirare affondo la mia città,

la vita, la pace, la gioia, la tranquillità,

che scaturisce da questi vecchi palazzi e monumenti,

dalle fontane, scroscianti di acque fresche in tutti i momenti,

anche nel più afoso dei giorni l'acqua qui vi scorre ghiaccia,

che quando va fra i denti quasi li spacca.

E i parchi, e il verde che qui regna sovrano,

e poi il Castello, così tanto bello, e ancora e ancor di più,

c'è Collemaggio e le Cannelle,

c'è S. Giusta  e l'Animesante ,

c'è S.Biagio e Santa Maria Paganica,

e poi S.Pietro e Santa Maria Di Farfa,

e c'è ancora ancor di più, ci son le porte,

Porta Napoli, Porta Leone, Porta Castello e Porta Bazzano,

e poi c'è lei la mia bella e grande Fontana Luminosa

e lei, che accoglie chi la mia città vuol visitare,

con grande dolcezza, tutti lascia passare,

e si diverte, quando i bambini giocano con le sue biglie ,

quando vede nei loro occhi, grande meraviglie,

e si rattrista, quando poi li vede andare via,

con gli occhi rossi di pianto ininterrotto,

perchè le grandi biglie, non le possono portare via.

Mai dimenticherò le vasche in centro,

quando con le mie amiche, andavo a divertirmi,

quando la mattina a piedi andavo a scuola,

quando me la godevo la mia città, a ogni ora,

al mattino, pomeriggio o anche di sera,

quando andavamo a prendere il gelato,

io coi bambini e con mio marito.

Mio Dio, ti prego, fa che ritorni come era,

non ci ridare una città straniera.

Una città che non sia quella,

che ha accompagnato, ogni momento mio vissuto.

Io prego Dio e chi governa,

di rendermi, L'Aquila mia così come era,

perché è per lei, che il cuore mio ora soffre,

pulsa e batte forte, al sol pensiero,

che per L'Aquila mia, ci sia la morte,

o l'indifferenza, di chi per lei è straniero.

Aprile 2009


Indifferenza

Altezzosi palazzi

feriti,

dai loro animi un grido s’infrange

è una struggente richiesta di aiuto

quella che ogni volta che percorro il corso

semi vuoto,

io odo.

 La mia anima

Soffre,

nel vedere i pianti disperati

di muri di cemento

di palazzi antichi

di pietre centenarie

infranti.

La loro voce, risuona nell’eco dell’indifferenza

e tutto intorno tace,

ma io ho sentito,

io ho notato,

e con loro ho pianto stasera.

Non muore la speranza

di vederli di nuovo sorridere

di vedere di nuovo in loro la vita

ma ora tutto intorno è morte,

e stringe

intorno al collo, sempre più forte

e soffoca quei pochi brandelli di vita

che ancora restano

e questo filo d’indifferenza

ora più di prima uccide.

 Alla mia città 12-02-2011


Collemaggio 

 Immagini cupe

Di ferro e cemento

Di troppi brutti ricordi

Immagini a volte sfocate

Si affacciano ora hai miei occhi

Ma mai così nitide sono state

Immagine di Collemaggio

Facciata apparentemente intatta

Ma poi all’ingresso si mostra

 La sua dolente ferita

Ogni angolo parla di lutto

Ogni ferro che in lei è stato messo

Ha mostrato hai miei occhi il dolore

Per la troppa sofferta ferita

Per un angolo della mia città

Che vorrebbe tornare alla vita.

E non passa il momento del pianto

Ora arriva il momento del grido

E tu senti una morsa nel cuore

E non vuoi più che possa tornare

Quell’angoscia in te vive di nuovo

E ti grida che è inutile adesso

E la rabbia così tanto repressa

Torna a dire che vuole vedere

Li la vita di nuovo gioire

Terremoto hai distrutto la vita

Hai mostrato a noi che siamo nulla

Hai inferto con grande crudeltà

Nel mio cuore una grande ferita

Ora lascia che torniamo a cantare

Ora toglici i tuoi artigli di dosso

Fa in modo che qui torni la gioia

E tu vai e non fare il gradasso

Vai e cedi di nuovo alla vita

Fa che infine vinca sulla morte

E restituisca ad ognuno di noi

La tranquillità e la bellezza

Della nostra stupenda città

Vai via ora e non tornare indietro

Che di male ne hai fatto già troppo

Vai via e ri dacci una vita

Perché qui, per noi, non è finita.

Febbraio 2011


Un mucchio di macerie

Eccomi, sono qui

ora, apri gli occhi, vedi sono tornata

ancora una volta.

Guardami.

Li vedi i miei occhi velati di pianto?

sono per te le mie lacrime

lo sai, io ti amo più del mondo intero

tu sei la mia città, da una vita, e questa è una realtà.

Ho passato i miei anni migliori qui,

con te che osservavi attenta,

ora, sono io che vengo per osservare,

ogni tua ferita, ogni piccola crepa.

Hai tanto male, lo so,

vorrei fare qualche cosa di più,

ma non so cosa fare,

posso solo venirti a trovare

e versare le mie lacrime per te,

che sei per me così importante,

ma non posso fare proprio niente

è questo ora il mio presente

e mi sento impotente.

Ieri sera, eri quasi deserta,

io, morivo di freddo,

ma sono venuta lo stesso,

ti ho vista triste, ti ho gridato ti amo,

l’Aquila mia, non piangere,

prima o poi torneremo.

Non darla vinta a questi disgraziati,

che se ne fregano dei terremotati,

loro non sanno quanto noi ti amiamo,

per loro, sei solo un mucchio di macerie

per noi, sei il sangue, che più non scorre nelle vene.

Ti voglio bene, non lo dimenticare

non vedo l’ora di poter di nuovo passeggiare

sulle tue piazze che mi hanno fatta innamorare,

e finalmente ridere e gioire,

vedendo la mia città,

e non un mucchio di macerie.

Alla mia città 15-02-2011


32 secondi maledetti

Il cancello aperto a chi visita i defunti

sprona a entrare in questo mondo sacro

le tombe sono piene di colori

adornate con tanti bei fiori.

Il luogo di culto,

il luogo dei pensieri,

il luogo dei ricordi e del pianto,

oggi, come ieri,

e come sempre

ormai dal 6 Aprile.

Dal giorno che le anime dei tanti

hanno lasciato spazio ai nostri pianti

dal giorno che forse incompetenza e indifferenza

sono stato il mix della demenza

che ha stroncato la vita a tanta gente

che chiusa in trappola non ha potuto fare niente.

Hanno perito sotto le macerie

giovani, vecchi ed anche bambini

e se anche ora riposano, tra gli angeli nel cielo

qui in terra, c’è la rabbia che governa

per queste vite che non hanno ancora,

giustizia fatta,

per la morte assurda,

per la vita spenta,

per i sogni infranti,

e i desideri rotti,

in soli 32 secondi maledetti.

Se solo l’allarme fosse stato dato,

forse qualcuno si sarebbe salvato,    

i bimbi con i propri genitori,

e gli studenti, avrebbero dormito fuori.

Avrebbe trovato la morte forse qualche anziano

che non si sarebbe esposto al freddo e al gelo,

invece così la morte

ha preso tante, troppe vite.

Ma quelle maledette rassicurazioni

da dove son venute?

chi le ha tirate fuori?

Angeli in cielo

ora guardano in terra

e chiedono giustizia,

almeno quella.

Visto che i sogni non li potranno realizzare,

fate che in pace, almeno, possano riposare,

e che la loro morte serva finalmente,

ad aprire gli occhi chiusi della gente.

Ricostruire così

non serve a niente

se non, ha far morire ancora,

gente innocente.

Aprile 2011


 


Scatoloni di cemento

Enormi scatole

Riempite di gingilli e dalle tinte accese

Per attirare l’attenzione della gente

Si vende tutto oggi anche l’aria

In questi grandi mostri di cemento

Sono sparsi ormai qui sul territorio

Han preso il posto della mia città

Io ero bambina

Quando uscivo e andavo in centro con la mamma

Era una festa

Era una cosa stupenda

Vedevo la fontana luminosa

E sul mio viso appariva il sorriso

E poi lungo il corso

I negozi, la gente,

i profumi dei cornetti e del caffè

mi riempivano l’anima e la mente

ed io stavo infinitamente bene

Oggi i ragazzi vanno all’Aquilone

Stipati in queste scatole di cemento

Fumano e bevono e fanno giro tondo

In quello che ora è il loro mondo

Non cielo azzurro sulle loro teste

Ne alberi ne prati ne portici stupendi

Solo cemento e tante  luci accecanti

Con la musica e la calca tra la gente

Che quando escono sono rincoglionito

Tra il caos, il fumo e a volte anche qualche cazzotto

 Finisce così un giorno veramente brutto

Non c’è magia in queste uscite pomeridiane

Non c’è la mia città che col suo fascino

A fatto innamorare tanta gente

Quanti giovani amori ha visto sbocciare

Quante lacrime ha dovuto asciugare

Quanta poesia

I primi baci tra questi vicoli

Con la paura che ti potessero vedere

Le prime vere sofferenze poi,

le avete dimenticate? i lacrimoni

Nascosti spesso dentro qualche portone

Per pudore e vergogna della gente

Cose di altri tempi

Ora, non c’è più niente

Rivoglio il mio passato, tenetevi il presente.

A me così non piace

Lo trovo indecente

20 maggio 2011

   


Il mio mondo

 Accorrete gente accorrete al richiamo

L’Aquila ha bisogno di aiuto

Ha le ali spezzate è ferita

Ma la gente questo non lo comprende

Crede che in questa città stupenda

Ora sia tornata la vita

Ma se solo si potesse farla vedere

 Il pianto dell’Aquila

Si alzerebbe in volo per farsi sentire

Chi è venuto ha capito ed ha condiviso con noi

Questo è dolore

Non ci sono parole nel vedere la vita ferma al 6 aprile

Non ci sono silenzi come questo

Che possano far tremare il cuore di dolore

 Ci sono troppe lacrime

Trattenute dal senso di pudore

Coperte con gli occhiali scuri

Per non mostrare debolezza al mondo

Come se piangere fosse un indecenza

Come se queste lacrime fossero da nascondere

E perché mai mi dovrei vergognare

Di piangere per la mia città ferita

È lei che mi ha cresciuta per tanti anni

È lei che mi sostiene anche adesso

Perché è da lei che vado quando posso

e mi consola,

voi non ci crederete

sapere che non l’ho lasciata sola

Adesso ognuno pensa un po’ a se stesso

E alla mia città nessuno pensa

Ma non c’è vita senza di lei per noi

È come esser figli di nessuno

Dov’è la madre che ci ha tirato su

In ogni angolo, in ogni metro quadro

Di questa terra io ho lasciato il cuore

E mi riapproprio di orgoglio e di senso di appartenenza

Ogni qual volta

Seppur ferita dentro

Cammino per le strade tanto amate

Con gli occhi rossi

E le lacrime stipate

Che a casa poi inevitabilmente

Scioglieranno il nodo che mi prende

E mi impedisce quasi di respirare

Perché il mio mondo

(e questo sembra chiaro)

È anche la mia città che non c’è più

18 maggio 2011



Marted́ 19 Luglio,2011 Ore: 16:02
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Dalla parte dei terremotati dell'Abruzzo

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info