Caro direttore,

in quest’Italia da rottamare, da denunciare, da ricominciare ad amare con l’impegno e la passione di chi desidera un Paese più libero e più giusto, di tanto in tanto si alza qualche voce  che mi spinge a pensare che il fango non ha ancora soffocato completamente le nostre coscienze.

Sono laico e proprio per questo amo e ammiro chi vive sinceramente e coerentemente  un’appartenenza religiosa che è ben altro rispetto al marciume vaticano.

Don Gallo è mio fratello. I parroci delle periferie urbane degradate che parlano di Cristo agli ultimi sono miei fratelli. Alcuni dei missionari in Africa sono miei fratelli.

Anche Ermanno Olmi è mio fratello. Un grande regista, un intellettuale, un cristiano che con il suo ultimo film presentato al Festival del cinema di Venezia ha reso una vera e propria testimonianza profetica.  

Riporto un ampio stralcio di un suo intervento. L’ho riletto spesso. Forse in Italia non tutto è perduto.

“Se non ci liberiamo dagli orpelli, anche di quelli considerati nobili, come possiamo pensare di entrare in relazione con gli altri? Saremo solo maschere, soltanto cartone. La Chiesa è una casa, e dovrebbe sempre scegliere di esserlo, senza domandare a chi accoglie come la pensi. Se non apriamo la casa agli altri, come possiamo intenderci? Gli orpelli, i conformismi culturali sono i più nocivi e subdoli di tutti. Vorrei suggerire ai cattolici di ricordarsi più spesso di essere anche cristiani. Il villaggio di cartone è un apologo, non un film realistico. Ogni presenza fisica porta il suo simbolo preciso. Tra i clandestini e gli immigrati non ci sono solo santi, ma vi abita il corpo fisico con le sue debolezze, la mente con le sue incertezze, coi suoi cedimenti. Solo mettendoci in ascolto con gli altri, aprendoci agli altri…potremo capire chi siamo veramente. La vera fede è quando il peggio dei nostri dubbi è superiore al peggio delle nostre convinzioni. Comodo metterci in una condizione in cui ci si affida, unicamente, ad ideologie o religioni antiche, è come se gli altri pensassero per noi. Io, continuo ad interrogarmi negli anni: Dio non risponde perché dobbiamo rispondere noi. Il mio film non fa che mettere in scena l’eterna lotta tra il bene e il male. Gesù Cristo è stato un grande religioso, ma il Tempio non è più la casa di Dio. Gesù disse: “Io in tre giorni la riedificherò”, ma si riferiva alla comunità umana, non ad una struttura di ornamenti. Continuerò a ripeterle, queste cose. Questo è il segno della mia forza, sarà piccola ma è la mia forza! Che cosa è più importante dell’accoglienza! Gesù Cristo dei Sacramenti? E’ troppo ambiguo affermare il valore del Simbolo. Il Simbolo deve rinviare all’utilità della carne, affinché acquisti valore. Come dice uno dei personaggi del film, “io non riesco a provare pietà per te, perché tu sei troppo lontano nel tempo”. Il personaggio ha davanti a sé un simulacro. A pensarci bene, quanta menzogna c’è nella pietà… Di fronte ad un Cristo di cartone, noi preghiamo. supplichiamo, invochiamo. Invece, è di fronte ai ragazzi perduti nel male della droga, ad esempio, che dovremmo inginocchiarci: Cristo ha parlato per loro, oltre due secoli fa. E soltanto questo è un modo per lodare Dio”. (Ermanno Olmi a Venezia)

Lunedì 19 Settembre,2011 Ore: 23:49