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Il pericolo egiziano

Bruno Gambardella

 L’opinione pubblica italiana, anche quella  più attenta e sensibile al tema della democrazia e del rispetto dei diritti civili, negli ultimi mesi è stata “distratta” dalla grande mobilitazione referendaria e, Libia a parte, poco si è interessata a quanto sta accadendo di fronte a casa nostra, nell’Africa mediterranea che vive un momento di transizione molto delicato.

Mentre in Tunisia si combatte contro una crisi economica e sociale spaventosa, mentre l’Algeria e il Marocco appaiono stabili ma sono in un equilibrio molto precario, notizie preoccupanti giungono dall’Egitto. Alcuni osservatori internazionali cominciano seriamente a chiedersi se la così  detta “Primavera araba”, la conquista della democrazia e la liberazione da un regime corrotto e dispotico, non sia stato solo un fuoco di paglia, un gattopardesco “cambiare tutto perché nulla cambi”.

A dire il vero la prudenza delle cancellerie europee e del governo americano avevano messo in guardia gli ottimisti, quelli che euforicamente indicavano nelle rivolte de Il Cairo l’inizio di tempi nuovi, di una svolta verso la libertà che dall’Egitto si sarebbe spinta in ogni direzione fino a travolgere regimi amici dell’Occidente, ma ben poco democratici.

Il governo militare egiziano ha iniziato a limitare il diritto di parola e di riunione e poi ha cercato  di fiaccare il movimento delle donne introducendo pratiche come il controllo della verginità delle giovani fermate per la loro partecipazione alle manifestazioni. Ora a temere sono quelli che nei paesi islamici (e non solo…) sono parte della minoranza oggettivamente più debole e malvista: gli omosessuali.

Jennifer Josef, dirigente dell'Organizzazione Internazionale per i diritti dei Gay, ha recentemente denunciato il fatto che l'omosessualità sta diventando un argomento dirimente  per le prossime elezioni egiziane, con le accuse ai Fratelli Musulmani di diffondere l'omofobia per accaparrarsi voti. Secondo gli attivisti dell’ILGA, “I Fratelli Musulmani stanno usando l'omofobia e la xenofobia per attirare i voti della gente, come hanno già fatto in precedenza, in occasione del referendum costituzionale, influenzando la gente a votare 'Si'".

In un recente raduno tenutosi a Tanta, a nord del Cairo, 25mila persone hanno acclamato  Mohamed Badie, leader dei Fratelli Musulmani, che ha affermato che "non è accettabile, in una democrazia, permettere ciò che è proibito (haram) o proibire ciò che è consentito (halal), anche se l'intera nazione lo ha già accettato".

Badie ha sottolineato che "l'Occidente ha permesso il matrimonio gay usando il pretesto della democrazia, cosa che non permetteremo mai in Egitto, come non permetteremo che, usando il pretesto dell'unità nazionale, una donna musulmana possa sposarti con un uomo cristiano che viola la legge islamica".

La signora Joseph ricorda che anche Essam Elarian, recentemente eletto vice-presidente del nuovo partito della Fratellanza chiamato "Libertà e Giustizia", aveva in precedenza esternato dichiarazioni omofobe.

In una recente intervista al Guardian, Elarian aveva cercato di mostrare un'immagine moderna e democratica, lodando il valore universale dei diritti umani, anche se, sottolinea la Joseph, Elarian aveva "espressamente escluso i diritti dei gay".

"Anche se la Fratellanza sembra aver fortemente abbracciato i valori della democrazia, i mezzi per conciliare con essa i principi religiosi non sono del tutto chiari: la questione della sovranità di Dio in contrapposizione a quella popolare sembra essere stata elusa piuttosto che risolta, e ciò è evidente per le donne, i non musulmani e le minoranze della comunità egiziana (tra cui gay e lesbiche)" avverte la Joseph.

Alcuni anni fa la campagna elettorale per le elezioni parlamentari dei Fratelli Musulmani era "l'Islam è la soluzione". Oggi si dice che potrebbero occupare metà dei seggi parlamentari dopo le elezioni di settembre, rivelando i piani per divenire la maggior forza politica nel paese post-rivoluzionario. Una delle strategie è quella di presentarsi con più liste, apparentemente concorrenti, per raccogliere il consenso dei segmenti più vari dell’elettorato: a questo scopo sarebbe stata fondata "Libertà e Giustizia", i cui dirigenti sono stati scelti direttamente dalla “casa madre”.

"Questo non è un partito religioso o teocratico" ha dichiarato Mahmoud Morsi, appena nominato capo del partito. Ha descritto un'impalcatura civile del partito "Libertà e Giustizia", ma con un impianto ideologico islamico che aderisce alla Costituzione.

I leader della Fratellanza hanno aggiunto che il nuovo partito sarà indipendente e separato dal gruppo religioso, ma molti osservatori, non solo gli esponenti internazionali dei movimenti per i diritti dei gay, sembrano non credere alle promesse.

Nessun democratico dotato di buon senso può rimpiangere il clan Mubarack, ma ciò che sta avvenendo in Egitto deve preoccupare. I governi occidentali non possono lodare la “primavera araba” e poi abbandonare la fragilissima opposizione democratica in balia della potente organizzazione islamista, la quale può a buon diritto vantare il merito di essere stata per decenni l’unica alternativa credibile al regime abbattuto dalle proposte di piazza. Questo gioco  delle parti non può più reggere: l’opinione pubblica deve sostenere chi lotta per un Egitto laico, tollerante delle minoranze, dove tutte le religioni possono convivere pacificamente, altrimenti ci troveremo dinanzi ad un governo teocratico  stile Iran che sostituirà alla corruzione il fondamentalismo.



Venerd́ 17 Giugno,2011 Ore: 08:08
 
 
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