- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (271) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org L'Italia da Bixio a Scilipoti,Bruno Gambardella

L'Italia da Bixio a Scilipoti

Bruno Gambardella

 Non sappiamo quante persone possano pensare in buona fede che nella società contemporanea le decisioni più importanti siano prese dai politici. La crisi finanziaria che si è scatenata negli ultimi anni ha dimostrato anche a chi si ostinava a non voler vedere e a rivendicare un primato della politica e delle istituzioni rappresentative che le cose non stanno così, che il potere vero non siede nei parlamenti, ma nei consigli di amministrazione dei grandi gruppi finanziari. Certo, siamo ancora convinti che la democrazia, con tutti i suoi limiti, sia preferibile ad ogni altro sistema realizzato fino ad ora, ma con altrettanta sicurezza ci sentiamo di affermare che non era questo il sistema che sognavano quelli che, liberali socialdemocratici o conservatori, si sono battuti contro i totalitarismi mossi da un ideale sinceramente democratico.

Se possibile, in Italia le cose sono messe ancora peggio. La politica è stata resa ancora più debole da decenni di malgoverno, di trasformismo, di collusioni con la criminalità, di sistematico saccheggio del territorio e delle risorse. Tutti gli studi e le indagini sociologiche evidenziano che i cittadini della penisola non credono più  alla politica e hanno fiducia in ben poche istituzioni (la presidenza della repubblica, ad esempio): prevale il disincanto, lo scoramento, spesso il cinismo.

Lo abbiamo scritto più volte: chi sostiene che la malattia della democrazia italiana si chiami Silvio Berlusconi sbaglia di grosso e spesso è in mala fede. Dare tutte le colpe al cavaliere di Arcore, colui che con le sue televisioni avrebbe corrotto l’animo puro degli italiani e con le promesse di poltrone e di mutui pagati avrebbe convinto i vari Scilipoti a diventare “responsabili”, significa dimenticare la storia d'Italia. La melassa sparsa dalla retorica patriottarda di questi giorni non può cancellare dalla mente di chi cerca di ragionare (o, quanto meno, di ricordare) che la nazione è nata male e cresciuta peggio. Volendo andare oltre la retorica deamicisiana da libro Cuore sarebbe utile riflettere sul fatto che gli eroi del Risorgimento sono stati personaggi eticamente discutibili, pronti ai peggiori compromessi (con mafia e camorra, tanto per dire…) e a sacrificare i settori più deboli della popolazione e del Paese sull'altare degli interessi di pochi. Perché non ricordare ai nostri studenti che i Savoia, piccoli duchi della montagna francese, dopo aver spolpato la Sardegna e il Mezzogiorno, hanno sostenuto il più feroce nazionalismo e, dopo le prime scorribande colonialiste, hanno consegnato l'Italia a Mussolini e al fascismo? Perché provare a far dimenticare che gli ideali liberali sono stati ben presto sacrificati per far posto ad un poco  dignitoso compromesso con il più forte dei poteri forti, la gerarchia cattolica? Perché non dire che l'Italia repubblicana non è stata solo Resistenza, Costituzione, progresso e benessere, ma anche stragi impunite, Calvi e Sindona, caso Moro, Cirillo e Cutolo, ribaltoni, malagiustizia e corruzione?

E' troppo facile accusare chi, come noi, non intende negare tutto il marcio che ha contraddistinto la storia d'Italia negli ultimi 150 anni di essere complice della Lega e delle sue sparate antiromane. La pallottola patriottarda è spuntata anche perché i presunti secessionisti (o federalisti alla bagnacauda) sono i più grandi accaparratori di poltrone della recente storia italica, roba da far impallidire il pentapartito dei tempi d'ora della spesa pubblica e del clientelismo parastatale.

Criticare oggi questa Italia vuol dire voler bene all'Italia, rispettare il sogno di Dante e Petrarca, gli eroici furori di Alfieri, Parini e Foscolo, gli ideali dei giovani patrioti delle lotte risorgimentali, la lotta dei partigiani e di quelli che hanno combattuto  il malaffare e la corruzione. Nell'anno delle celebrazioni noi preferiremmo ricordare Falcone e Borsellino più che Garibaldi e Nino Bixio, Einaudi più che  Cavour, Ambrosoli e i fratelli Rosselli più che Mazzini e Vittorio Emanuele o, quanto meno, assieme ai padri della patria anche gli eroi veri di una lotta quotidiana per dare  coscienza e dignità a questo Paese.



Giovedì 17 Marzo,2011 Ore: 15:14
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Sparta e Atene

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info