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www.ildialogo.org La libertà di opinione in Turchia,Bruno Gambardella

La libertà di opinione in Turchia

Bruno Gambardella

In Italia l’idea di allargare l’Unione Europea alla Turchia (e magari a Israele e all’auspicabile stato palestinese) non ha mai trovato molti sostenitori. Al di là di quanto afferma pubblicamente Silvio Berlusconi, il governo di centrodestra non ha mai insistito più di tanto nei consessi internazionali per superare i tanti ostacoli che molti paesi europei hanno messo su quello che, indubbiamente, può essere un cammino lungo, difficile, ma di straordinaria valenza. Sono note le posizioni islamofobe della Lega Nord e di buona parte della destra italiana. I nemici dell’ “europeizzazione” della Turchia fingono di non comprendere che rompere un possibile asse Ankara-Teheran significa sottrarre l’unico, grande paese musulmano non arabo all’influenza dei vari fondamentalismi e inserirlo pienamente nel contesto dei paesi democratici. Ma forse è proprio questo che si vuole evitare: in Germania come in Italia, in Olanda come in Polonia il “Mamma li turchi!” può fare sicuramente comodo a chi sfrutta le paure degli elettori per raccogliere crescenti consensi.

Gli osservatori internazionali concordano sul fatto che la Turchia ha fatto grandi passi avanti sulla strada del rispetto delle libertà e dei diritti civili, ma il rischio di una deriva autoritaria (magari di tipo teocratico) è sempre in agguato.

Una ferita sempre aperta è la questione curda. In passato sono stati arrestati e perseguitati persino parlamentari di quel popolo che avevano osato intervenire in aula nella loro lingua. Così come la questione armena (consegnata alla storia, ma ancora tabù nell’immaginario collettivo turco), il problema sembra irrisolvibile se relegato entro i confini nazionali mentre, in una prospettiva federalista europea tutto potrebbe essere più agevole.

Una brutta notizia in tal senso è giunta negli ultimi giorni del 2010.  Emine Demir, ex redattrice del quotidiano curdo Azadiya Welat, è stata condannata a 138 anni di carcere con l’accusa di aver fatto propaganda in favore dei ribelli curdi. La sentenza è stata emessa da un tribunale di Diyarbakir una città della Turchia sud-orientale a maggioranza curda, proprio nel giorno della visita del presidente Abdullah Gul.

La giornalista, a carico della quale è scattato un mandato d'arresto, si sarebbe macchiata della colpa di avere difeso nei suoi articoli la causa del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) considerato da Ankara (ma anche dagli Usa e dall'Unione Europea) un'organizzazione terroristica. Emine Demir potrà comunque ricorrere in appello, ma visto il contesto politico, si teme che difficilmente potrà evitare il carcere.

Non è la prima volta che in Turchia si condannano giornalisti per propaganda a favore del Pkk. La primavera scorsa il caporedattore ed editore sempre del quotidiano Azadiya Welat, Vedat Kursum, fu condannato a 166 anni di carcere. Kursum è in galera dal 30 gennaio 2009, quando fu fermato all'aeroporto di Istanbul mentre cercava di fuggire in Europa per chiedere asilo politico.

Dalla Russia alla Turchia, dalla Cina all’Iran la libertà di pensiero e di informazione sono, nella migliore delle ipotesi, ingenui auspici. Sarà importante tenere sempre desta l’attenzione su questi casi perché un mondo senza possibilità di confronto e dialogo non può dirsi civile e progredito.

 



Lunedì 03 Gennaio,2011 Ore: 20:19
 
 
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