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www.ildialogo.org Quella sedia vuota ad Oslo,Bruno Gambardella

Quella sedia vuota ad Oslo

Bruno Gambardella

Cerimonia per il premio nobel, la sedia vuota di Liu Xiaobo

In passato la comunità internazionale ha discusso e talvolta criticato l’assegnazione del Premio Nobel per la pace a personaggi o organizzazioni che non ricevevano l’unanimità dei consensi. In un passato recente ha ricevuto il riconoscimento dell’accademia di Oslo il presidente Obama e la cosa a qualcuno non piacque. Molti si indignarono quando, alcuni decenni fa, l’ex terrorista Arafat fu invitato in Norvegia per ritirare il premio.

Quasi nessuno ha ritenuto un errore l’indicazione di Liu Xiaobo per il 2010.  Unica eccezione, ovviamente, la Repubblica Popolare Cinese. “L’uomo della pace” di quest’anno avrebbe dovuto ritirare il suo premio Nobel  durante la cerimonia di qualche giorno fa ad Oslo, ma al suo posto, invece, c’è stata una sedia vuota. Il presidente della giuria, Thorbjoern Jagland, ha voluto esprimere la sua solidarietà ribadendo che “Liu Xiaobo non ha fatto nulla di male e Pechino deve liberarlo”. Secondo Jangland “Liu ha solo esercitato i suoi diritti civili, non ha fatto nulla di male” e per questo, conclude, “deve essere rilasciato”.

Anche l’amministrazione americana ha fatto sapere di essere “rammaricata” in quanto né al dissidente cinese Liu Xiaobo né a sua moglie sarebbe stato permesso di partecipare alla cerimonia” e ha poi sollecitato la Cina “a fare di più per avvicinarsi alla democrazia”.

Ma la particolarità di quest’anno sta nel fatto che alcuni  governi avevano annunciato la loro assenza manifestando una sorta di solidarietà  verso Pechino. Il più  esplicito è stato il ministro degli Esteri serbo Vuk Jeremic, che ha avuto la sfrontatezza di dichiarare che il suo paese avrebbe disertato la cerimonia a causa dei suoi legami con Pechino. Fortunatamente alla fine la Serbia ci ha ripensato ed insieme ad essa Colombia e Ucraina.

Il colosso cinese, la sua economia e il suo immenso mercato interno possono condizionare fortemente le scelte politiche di molte nazioni più  fragili. Il nostro auspicio, forse ingenuo,  è che la determinazione per il rispetto dei diritti umani non venga mai meno e che la comunità internazionale non sacrifichi libertà di pensiero e diritti politici per qualche affare in più.



Domenica 12 Dicembre,2010 Ore: 23:36
 
 
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