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www.ildialogo.org Sull'eutanasia l'anatema dello struzzo,Bruno Gambardella

Sull'eutanasia l'anatema dello struzzo

Bruno Gambardella

Non ci sorprende la levata di scudi della stampa cattolica contro il video girato in Australia a sostegno della campagna per la legalizzazione dell’eutanasia e portato in Italia dai Radicali e dall’Associazione Luca Coscioni.

Avvenire, in un editoriale intitolato “Pubblicità mortale”, scrive: “Permettere che si pubblicizzi un reato attraverso i mezzi di comunicazione a noi pare inammissibile”. I pannelliani, da sempre sostenitori della libertà per un malato di scegliere quando mettere fine alle proprie sofferenze, avrebbero agito “col chiaro intento di provocare un caso” e di «azzardare la dimostrazione del trito teorema secondo il quale il Paese sarebbe più avanti del Palazzo (e della Chiesa, manco a dirlo) nell'esigere la codificazione di nuove libertà”.

Il giornale dei vescovi italiani non risparmia bordate: “In un Paese nel quale va pericolosamente logorandosi il principio di responsabilità, occorre sempre stare in guardia di fronte alle sparate deliberatamente provocatorie”. “L'eutanasia in Italia è illegale e visto che in Parlamento quasi nessuno la vuole ammettere per legge, allora si prova a blandire l'opinione pubblica mostrandone il volto 'libertario' e 'pietoso' attraverso uno spot televisivo, scavalcando così la rappresentanza politica”.

Dimenticando per amor di polemica le tante occasioni in cui il Vaticano è intervenuto per contestare una legge approvata dalle Camere o addirittura sentenze della magistratura o della Corte Costituzionale, il quotidiano afferma la sua linea “legalista”: “Va ricordato agli smemorati che il Codice penale sanziona con chiarezza l' 'omicidio del consenziente', la fattispecie sotto la quale ricadono eutanasia e suicidio assistito”.

Da sempre rispettosi dell’autonomia delle istituzioni italiane. Avvenire si augura che “l'Autorità garante delle comunicazioni, alla quale i radicali si sono rivolti per chiedere il via libera allo spot della morte, faccia il proprio dovere fino in fondo fermando questa inutile provocazione”.

Chi scrive è assolutamente favorevole al “testamento biologico” (che è  ben altra cosa rispetto all’eutanasia) e sulla legalizzazione della “dolce morte” mantiene non pochi dubbi. La posizione della Chiesa Cattolica è più che comprensibile e nessuno si sognerebbe mai di negarle il diritto di intervenire in un dibattito su temi così delicati. Ci piacerebbe che anche i vescovi italiani riconoscessero lo stesso diritto ai sostenitori di un’altra tesi. Cercare di impedire l’apertura di una discussione sull’eutanasia anche nel nostro Paese è antidemocratico e sintomo di intolleranza. Non si può, con la solita arroganza, provare a far tacere chi non condivide le verità assolute in possesso dei vescovi italiani.

 Ci auguriamo che le nostre istituzioni non si producano nella solita genuflessione. Si parli, ci si confronti, si litighi, ma non si finga che il problema del fine vita non esista e che spesso le leggi richiamate da Avvenire sono aggirate da medici o infermieri pietosi che, nel silenzio di una corsia d’ospedale, mettono fine alle atroci sofferenze di malati senza speranza. Ancora una volta, come per l’aborto illegale e clandestino, si preferisce nascondere la testa sotto la sabbia...

 



Mercoledì 10 Novembre,2010 Ore: 23:32
 
 
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