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www.ildialogo.org Il nostro caro amico Gheddafi,Bruno Gambardella

Il nostro caro amico Gheddafi

Bruno Gambardella

Il dittatore libico Gheddafi è atteso in queste ore a Roma per festeggiare il secondo anniversario della stipula del trattato di amicizia tra l'Italia e il Paese nordafricano. Il colonnello arriverà con trenta cavalli a seguito, piazzerà la sua tenda nel giardino della villa del suo ambasciatore e trascorrerà molto tempo con “l'amico Silvio”. A caratterizzare la visita sarà lo stile cafonal: dalla presentazione dei passaporti libici con l'effige dei due leader che si stringono la mano agli impegni con le alte cariche istituzionali fatti saltare all'ultimo istante, dal circo equestre  organizzato nella prestigiosa caserma dei Carabinieri intitolata al martire civile Salvo D'Acquisto alla solita lezioncina incentrata sulla sua interpretazione a dir poco originale dell'Islam dinanzi ad un uditorio di giovani e belle donne appositamente reclutate (e pagate).

Non ci sorprendono e non ci scandalizzano nemmeno più certe smargiassate: Berlusconi ha portato in politica lo stile del provincialotto arricchito, dell'imprenditore con villone, macchina di lusso e amante, che ha fatto sghignazzare mezzo mondo e che ha compromesso la  nostra già debole immagine internazionale. 

La cosa che ci inquieta è che quasi nessuno, in Parlamento o nella società civile , ricorda all'opinione pubblica chi è l'ultimo “amico” personale del nostro premier. In un suo recente rapporto sulla Libia Amnesty International denuncia che “Le violazioni dei diritti umani continuano a essere commesse dalle forze di sicurezza, in particolare dall’Agenzia per la sicurezza interna (Asi), che pare avere poteri incontrastati di arrestare, imprigionare e interrogare persone sospettate di essere dissidenti o di svolgere attività legate al terrorismo. Queste persone possono essere trattenute senza contatti con l’esterno per lunghi periodi di tempo, torturate e private dell’assistenza legale. Centinaia di persone languono nelle prigioni libiche, anche dopo la fine della pena o dopo essere state assolte da un giudice, nonostante negli ultimi anni ne siano state rilasciate altrettante, tra cui alcune detenute illegalmente”.

 

Il trattato di amicizia italo-libico, quell'infamia che dovrebbe impedire lo sbarco dei clandestini ma anche dei profughi che, secondo il diritto internazionale, hanno diritto d'asilo nei Paesi civili, prevede la detenzione e la deportazione di coloro che sono fermati sulle coste dalla polizia libica. Quell'infamia fu votata quasi all'unanimità dal nostro parlamento (furono contrari solo i radicali e pochi deputati e senatori del PD) nel nome della “sicurezza nazionale”. E' inutile protestare oggi per la trionfale accoglienza riservata a Gheddafi quando, solo due anni fa, l'opposizione si rendeva complice della maggioranza di destra approvando norme degne delle leggi razziali di mussoliniana memoria.

 

Prepariamoci dunque ad accogliere un “amico” ricco di petrolio e di denaro da spendere in Italia, un “amico” che ci libera della spazzatura umana che si riversava sulle nostre coste e nelle nostre isole, un dittatore forse non peggiore degli altri “amici” personali di Silvio Berlusconi. Speriamo solo che il nostro primo ministro, in un momento di euforia dovuto alla presenza delle belle amazzoni alla guida degli cavalli berberi, non decida di nominare senatori i trenta purosangue: in ogni caso, considerato il valore di alcuni parlamentari nominati dalla partitocrazia italiana, non sarebbe la cosa più grave...




Domenica 29 Agosto,2010 Ore: 00:22
 
 
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Sparta e Atene

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